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Le pagelle dei pazienti a Big Pharma

Il 42% delle associazioni di pazienti pensa che, in generale, le multinazionali del farmaco abbiano una "buona" o "eccellente" reputazione. Lo rivela un’indagine condotta da PatientView fra le 500 principali e più influenti associazioni di malati in 61 Paesi di tutto il mondo.

La svizzera Novartis ottiene la migliore valutazione, con il punteggio più alto in 4 dei 6 indicatori valutati fra 30 società produttrici di medicinali: l’avere o meno un’efficace strategia orientata verso il paziente; la qualità delle informazioni fornite ai malati; l’interesse verso la sicurezza di questi ultimi; l’utilità dei prodotti per i pazienti. Gilead è stata giudicata la migliore negli altri due indicatori: l’attenzione alla trasparenza con gli stakeholder esterni e un modo di agire all’insegna dell’integrità.

Fattori nei quali Novartis si è classificata rispettivamente seconda e terza. Le industrie coinvolte erano Abbott, Actavis, Allergan, Amgen, Astellas, AstraZeneca, Baxter, Bayer, Biogen Idec, Boehringer Ingelheim, Bristol-Myers Squibb, Eli Lilly, Genzyme, Gilead, GlaxoSmithKline, Johnson & Johnson, Lundbeck, Merck &Co e Msd, Merck KGaA, Novartis, Novo Nordisk, Nycomed, Pfizer, Roche, Sanofi, Servier, Shire, Takeda, Teva e Ucb.

Pfizer e Lundbeck si piazzano seconda e terza per reputazione globale, che PatientView definisce come "capacità di soddisfare le aspettative dei pazienti e delle loro associazioni". Una reputazione che tutto sommato pare non essere delle migliori: solo il 42% delle associazioni di pazienti crede che le multinazionali del farmaco abbiano una "buona" o "eccellente" reputazione, con percentuali che salgono al 44 e al 41% per le industrie biotech e di generici.

Meno dunque rispetto al 62% raggiunto dai farmacisti, al 54% delle assicurazioni sanitarie private e al 53% delle aziende di dispositivi medici. Solo una minoranza degli intervistati pensa inoltre che la reputazione di Big Pharma sia migliorata negli ultimi cinque anni, con il 38% che la considera diminuita e il 33% che la definisce invariata. E mentre il 66% degli intervistati ritiene che il livello di innovatività delle aziende farmaceutiche sia "buono" o "eccellente", solo il 13% dice che le imprese adottano efficaci strategie di prezzo equo, che evitano profitti sconvenienti.

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