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Ma l’ISF è un venditore o un consulente scientifico dell’operatore sanitario?

Ogni giorno si presenta il dilemma o, meglio, l’ambiguità del lavoro dell’informatore scientifico, cioè: è una attività commerciale, “una forza vendita” e come tale valutato sul fatturato che “produce” o è un consulente scientifico dell’operatore sanitario?

“Repetita iuvant”. Ripetiamo tutte le leggi e Regolamenti che vietano le pratiche commerciali agli ISF: Direttiva Europea 2001/83/CE, attuata in Italia col D.Lgs.219/06, L. 24.11.2003 N. 326 (art. 48 commi 21, 22, 23, 24), Linee guida di regolamento regionale dell’informazione scientifica sul farmaco del 20 aprile 2006 da parte della Conferenza delle Regioni e Province Autonome, Regolamenti e leggi regionali. La Cassazione Civile con Ord. Sez. L Num. 10158 Anno 2021 afferma che l’informatore scientifico del farmaco differisce da quella dell’agente in quanto la sua attività consiste nell’informazione del prodotto e delle sue caratteristiche, ma senza promuovere la conclusione di contratti come fa l’agente. Perfino la Corte di Giustizia Europea con la sentenza (grande sezione) 22 dicembre 2022 nella causa c-530/20 afferma che “laddove il messaggio sia inteso a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali, si tratta di pubblicità ai sensi della direttiva 2001/83. “Al contrario l’informazione scientifica ha un’indicazione meramente informativa senza intenti promozionali” in quanto, precisa la Corte, “le finalità perseguite dalla direttiva 2001/83 risulta che essa ha come obiettivo essenziale quello di assicurare la tutela della sanità pubblica

Del resto è evidente che un Informatore “commerciale” sarebbe un personaggio del tutto screditato e non credibile, sempre più respinto dalle istituzioni e dai medici, non ha spazio, espulso e marginalizzato. L’accesso degli ISF agli operatori sanitari sarebbe sempre più difficoltoso, l’informatore poi è già considerato dall’ANAC un potenziale corruttore. In definitiva solo uno scocciatore da evitare.

Il 20 settembre del 2006 a Milano, Farmindustria sponsorizzava e partecipava al convegno, organizzato da About Pharma “Come cambia l’informazione scientifica dopo il testo unico (ndr: D.lgs. 219/06) e il regolamento regionale“.  Già allora venivano evidenziate le criticità dell’informazione “commerciale” dovuta all’introduzione progressiva di Farmaci Generici; a interventi di contenimento della spesa da parte delle autorità sanitarie; a nuovi prodotti introdotti sul mercato sempre più orientati ad aree di gestione Specialistica ed Ospedaliera; a modalità di gestione della visita informativa sempre più restrittive.

Si portava a conoscenza in quel convegno del 2006 una ricerca fatta da “Euro RSCG Life” in cui risultava che soltanto il 20% degli ISF che svolge informazione riesce a veicolare “key concepts” della propria strategia di informazione e comunicazione. Un 87% di questi (20%) effettua una visita di informazione reale per non oltre 5 minuti. I medici ricordano soltanto il 4% di tutte le visite effettuate dagli ISF.

I relatori di Farmindustria proponevano di cambiare la filosofia di lavoro dell’ISF: riduzione della frequenza delle visite dove i contenuti devono avere maggior spazio per essere discussi e dove il valore della conoscenza e competenza degli ISF diventa più importante dell’aspetto relazionale puro. In sostanza, concludevano, “valorizzare gli aspetti culturali (identificativi) e conoscitivi (competenze) della relazione fiduciale fra ISF e Medico; misurare e premiare la preparazione, la competenza, l’expertise, come drivers dei valori fiduciali fra ISF/Azienda e medici, vs una performance valorizzata quasi esclusivamente in termini di microbrick market share”. Il medico si aspetta maggiori competenze, maggiori informazioni, maggiore qualità della visita. Il medico non crea relazioni stabili con l’informatore con l’obiettivo di avere con lui un rapporto personale, ma professionale. La fiducia del medico nell’ISF è altissima, ma non basta solo conservarla, occorre che l’ISF smetta di essere un tramite passivo per diventare un “trasduttore” di contenuti scientifici.

GSK aveva modificato le pratiche commerciali e di marketing a tutela del paziente, riporta Quotidiano Sanità già nel 2013. L’azienda, fa sapere GSK, avrà un nuovo programma d’incentivi per l’informazione medico-scientifica senza obiettivi individuali di fatturato. “Ripensare con regolarità il nostro modello di business a tutti i livelli per rispondere alle esigenze dei pazienti e soddisfare le aspettative generali della società è un imperativo”, ha commentato Sir Andrew Witty, CEO di allora di GSK. “Misure progettate per portare maggiore chiarezza e fiducia che ogni volta che parliamo a un medico, a un infermiere o un qualsiasi altro prescrittore, lo facciamo nell’interesse dei pazienti che per noi vengono sempre al primo posto. Riconosciamo che abbiamo un ruolo importante da svolgere nel fornire ai medici informazioni sui nostri farmaci, ma questo deve essere fatto in modo chiaro, trasparente e senza alcuna percezione di conflitto di interessi“.

A distanza di anni è ancora corretta e necessaria una revisione del ruolo dell’ISF che dovrà tener conto sia della rapida evoluzione che il mondo medico/sanitario ha subito in termini di utilizzo di farmaci altamente specialistici per patologie complesse sia delle norme sempre più restrittive sulla prescrizione dei farmaci

Non tutto è da buttare, ovviamente, c’è un aspetto del marketing che è perfino nobile ed etico. Ed è quello che permette di (far) conoscere soluzioni (terapeutiche, nel nostro caso) ad un problema patologico che altrimenti non si conoscerebbero. Ed è una funzione essenziale, perché qualsiasi tipo di prodotto (farmaceutico compreso) non funziona da solo. Non è sufficiente cioè che siano messi in commercio perché uno li conosca. Ma se anche per caso o per un colpo di fortuna si venisse a sapere che esiste il tal prodotto o il tal farmaco che effettivamente risolve meglio o in modo innovativo un problema terapeutico, senza l’aiuto di un marketing “buono”, verrebbe ignorato.

Il marketing “buono” aiuta a chiarire il problema e a identificare nel nuovo prodotto la soluzione o una delle possibili soluzioni. Inoltre darà quella base razionale e solida di cui ha bisogno l’interlocutore per effettuare la scelta terapeutica più utile per il paziente. Infine vincerà l’inerzia e la pigrizia mentale perché si avranno chiare nuove soluzioni che amplieranno le scelte più vantaggiose per i pazienti.

Le aziende dovrebbero comprendere che conviene anche a loro, in termini economici, un ISF competente che sia considerato un consulente scientifico del medico. Conviene alle aziende che avrebbero comunque i loro profitti, conviene alla dignità degli ISF, conviene alle istituzioni che con l’appropriatezza prescrittiva risparmierebbero, conviene ai pazienti e ai cittadini tutti che potrebbero usufruire delle terapie farmacologiche migliori.

https://www.fedaiisf.it/wp-content/uploads/2017/05/Come-cambia-linformazione-scientifica.20.09.2006.pdf

Nota:

dalla SENTENZA DELLA CORTE EUROPEA (Grande Sezione) 22 dicembre 2022 nella causa C‑530/20

  1. le finalità perseguite dalla direttiva 2001/83 risulta che essa ha come obiettivo essenziale quello di assicurare la tutela della sanità pubblica.
  2. Orbene, l’obiettivo essenziale di assicurare la tutela della sanità pubblica sarebbe in larga parte compromesso se l’articolo 86, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 fosse interpretato nel senso che un’azione di informazione, di ricerca della clientela o di incitamento, intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali senza fare riferimento a un determinato medicinale non rientri nella nozione di «pubblicità dei medicinali», ai sensi di tale disposizione, e non sia, pertanto, soggetta ai divieti, alle condizioni e alle restrizioni previste da tale direttiva in materia di pubblicità
  3. Dal dettato dell’articolo 86, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 risulta che la finalità del messaggio costituisce la caratteristica essenziale della nozione di «pubblicità dei medicinali» ai sensi di tale disposizione, e l’elemento determinante per distinguere la pubblicità dalla mera informazione. Laddove il messaggio sia inteso a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali, si tratta di pubblicità ai sensi di tale direttiva. Al contrario, un’indicazione meramente informativa senza intenti promozionali non rientra nelle disposizioni di detta direttiva relative alla pubblicità dei medicinali (sentenza del 5 maggio 2011, C‑316/09, EU:C:2011:275, punti 31 e 32).

 

Redazione Fedaisf

Promuovere la coesione e l’unione di tutti gli associati per consentire una visione univoca ed omogenea dei problemi professionali inerenti l’attività di informatori scientifici del farmaco.

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