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Piemonte, codici bianchi in farmacia: disappunto dei Medici di famiglia

Farmacisti che gestiscono pazienti fragili sul territorio e ne evitano accessi impropri in pronto soccorso. «Abbiamo pensato se e quanto la farmacia possa fare da filtro soprattutto di fronte a sintomi riferiti da pazienti dimessi dall’ospedale e gestibili sul territorio».

Giovedì, 06 Novembre 2014 – Doctor33

Farmacisti che gestiscono pazienti fragili sul territorio e ne evitano accessi impropri in pronto soccorso, monitorandoli sulla base della formazione impartita da medici di emergenza-urgenza: è il progetto che verrà finanziato dalla Regione Piemonte – con 4 milioni di euro – per il triennio 2013/2015 e che ha provocato il disappunto dei medici di famiglia. A farsi avanti sono stati l’ordine dei Farmacisti di Torino, Federfarma Piemonte e la Simeu (Società medicina emergenza urgenza).
«Tutto nasce da un dialogo con il past president Simeu Giorgio Carbone che ci segnalava come i Ps piemontesi siano invasi da pazienti gestibili sul territorio, con il rischio per l’ospedale di non seguire le vere emergenze», afferma Massimo Mana presidente di Federfarma Piemonte. «Abbiamo pensato se e quanto la farmacia possa fare da filtro soprattutto di fronte a sintomi riferiti da pazienti dimessi dall’ospedale e gestibili sul territorio con pratiche diverse dalla visita medica: monitoraggio della pressione arteriosa con controllo della fibrillazione, o pesatura per verificare se il paziente trattiene liquidi. Nel caso di un quadro clinico mutato o da controllare li rinvieremmo al medico di famiglia ».

La replica Fimmg è indirizzata all’Assessore alla Sanità Antonino Saitta che ha dato l’ok ai finanziamenti: «Giorni fa Saitta ha affermato che il 90% delle visite in Pronto soccorso è inappropriato e la medicina del territorio deve fare la sua parte per evitare che pazienti per nulla o poco urgenti affollino i Ps.

Fimmg ha risposto sottolineando le carenze del servizio di guardia medica e chiedendo di parlarne a un tavolo come non avviene da anni. Per tutta risposta ecco spuntare la proposta di screening dei farmacisti », afferma Alessandro Dabbene, numero due della continuità assistenziale Fimmg nazionale.

I problemi di inappropriatezza sarebbero specialmente a Torino, «città dove il servizio è sotto finanziato di oltre il 50%; il rapporto ottimale qui è un medico di continuità assistenziale ogni 15 mila abitanti e dovrebbe essere di uno a 6500; a ruotare sono 60 medici e dovrebbero essere 135. Ma c’è di più. A finanziare l’intero servizio cittadino è una sola Asl, la Torino 1, con un budget che deve bastare pure per l’Asl To 2.

Abbiamo sottolineato queste carenze e il giorno dopo, stranamente, ecco farsi avanti farmacie e Simeu». Per Federfarma Piemonte non c’è nessun empowerment a danno del mmg: «Il paziente vede il farmacista spesso più di quanto non veda il mmg, entra per vari motivi – dice Mana – e nell’80% dei casi è fedele a una farmacia. Molti presentano patologie – diabete, scompenso, bpco – per le quali noi possiamo monitorare la compliance farmacologica e verificare se alla base di un peggioramento ci sia l’aver tolto una pastiglia o l’essersi adattati una cura; il medico di famiglia c’è, in questo percorso, mentre il Ps dev’esserci il meno possibile».
Mauro Miserendino

Cittadinanzattiva: Farmacia servizi fulcro digitalizzazione della sanità

07 novembre 2014 – Farmacista33

Migliorare la presa in carico del paziente, garantendogli la continuità assistenziale, il monitoraggio e l’aderenza alla terapia e produrre informazioni precise ed esaustive sulle patologie condivisibili tra gli operatori della sanità. Sono obiettivi raggiungibili implementando il processo di informatizzazione che in Italia comprende, tra gli altri aspetti, Cup, Fse, ricetta dematerializzata, ma anche telemedicina, e mettendo al centro il paziente.

Un processo nel quale è coinvolta a pieno titolo anche la farmacia dei servizi e che dovrà trovare realizzazione anche attraverso la riorganizzazione delle cure primarie previste dal Patto per la salute. Sono questi alcuni degli aspetti che emergono dalle Raccomandazioni civiche sull’E-Health, realizzate dal Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva, insieme a rappresentanti di associazioni di pazienti, società scientifiche, professioni mediche e Federfarma, con l’obiettivo di «rendere operativa la grande sfida della informatizzazione della sanità e della telemedicina, sfruttandone le potenzialità e riducendone i rischi, e puntando a mettere il cittadino al centro della rivoluzione della sanità elettronica».

La premessa è che «l’informatizzazione in sanità e la telemedicina hanno effetti positivi» in particolare per «migliorare la presa in carico del paziente, garantendogli la continuità assistenziale, il monitoraggio e l’aderenza alla terapia» e per «produrre informazioni precise ed esaustive sulle patologie».

Coinvolte a pieno titolo nel percorso «anche le farmacie che cambiano volto diventando farmacie dei servizi, luogo dove il cittadino, oltre a poter prenotare le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, potrà sottoporsi mediante il supporto di un operatore sanitario, a test di autovalutazione non invasivi».

Tra le principali iniziative avviate in Italia c’è il «cup, la realizzazione del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), la digitalizzazione e la trasmissione elettronica delle prescrizioni (ePrescription) e dei certificati di malattia, la ridefinizione della rete di assistenza mediante la telemedicina». E proprio alla luce della farmacia dei servizi e del richiamato Patto della Salute, si ricorda che «l’istituzione delle AFT e delle UCCP» si basa «sulla medicina di iniziativa caratterizzata da un setting assistenziale multiprofessionale in cui sarà fondamentale l’apporto della sanità elettronica. La continuità assistenziale e l’integrazione saranno possibili avviando specifici processi attuativi» con soluzioni «capaci di essere interoperabili».

Secondo il dossier, che sviluppa 59 raccomandazioni, allora «è necessario superare la logica competitiva delle regioni e operare con l’intento di individuare una metodologia comune che tenga conto in primis dei bisogni del cittadino e dei professionisti del settore garantendo la autenticità dei documenti e proteggendoli da accessi non autorizzati».

Per questo occorre «utilizzare l’innovazione tecnologica in modo da garantire lo scambio di informazioni tra i professionisti della sanità e migliorare la qualità, la sicurezza e l’efficienza dei processi» e «agire sull’aspetto culturale delle nuove metodiche, anche investendo sull’informazione e sull’educazione ai cittadini, in merito a come l’innovazione tecnologica si integra alla qualità della cura e dell’assistenza».

Fondamentale poi la creazione di una cultura: occorre «sensibilizzare e creare un clima di fiducia nei confronti delle soluzioni di sanità elettronica» nonché «implementare l’alfabetizzazione digitale e la formazione all’utilizzo di strumenti di sanità elettronica sia dei professionisti sanitari sia dei pazienti fruitori del servizio e di chi riveste un ruolo di sostegno e di aiuto del paziente».

E tra gli altri punti, c’è anche quello di «dare seguito alle Linee Guida nazionali sul Sistema Cup al fine di integrare pienamente l’offerta dei servizi sanitari, ridurre al minimo spostamenti inutili del cittadino, mettendo in rete tutte le informazioni necessarie su strutture pubbliche e private-convenzionate».

Non da ultimo, «ricomprendere tra gli stakeholder che partecipano al Comitato di Coordinamento del Patto per la Sanità Digitale, rappresentanti delle associazioni dei pazienti e dei cittadini», del quale per altro vengono messi in luce i ritardi sulla tabella di marcia.

Francesca Giani

Redazione Fedaisf

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