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Riconoscimento giuridico di una professione sanitaria.

i rappresentanti degli Odontotecnici, auditi nell’ambito dell’indagine conoscitiva alla Camera dei Deputati sul riordino delle professioni sanitarie (si veda il nostro approfondimento), hanno infatti chiesto di diventare professionisti sanitari.

A CONCLUSIONE DELL’INDAGINE CONOSCITIVA IN MATERIA DI RIORDINO DELLE PROFESSIONI SANITARIE – DOCUMENTO APPROVATO DALLA XII COMMISSIONE PERMANENTE (AFFARI SOCIALI) nella seduta dell’8 aprile 2025

i rappresentanti degli Odontotecnici, auditi nell’ambito dell’indagine conoscitiva alla Camera dei Deputati sul riordino delle professioni sanitarie (si veda l’approfondimento), hanno infatti chiesto di diventare professionisti sanitari.   L’indagine mira a fornire un’analisi approfondita della situazione e a individuare le esigenze di riforma.

La legge n. 3 del 2018 (Legge Lorenzin) ha modificato la disciplina degli Ordini professionali, ampliando il numero delle professioni sanitarie riconosciute e sancendo la necessità di iscrizione agli albi per l’esercizio delle relative attività

Per professioni sanitarie s’intendono tutte le professioni che nel settore della salute svolgono attività di promozione, prevenzione, assistenza, cura, diagnosi e riabilitazione. Nell’ordinamento italiano sono tutte quelle professioni che, in forza di un titolo abilitante rilasciato o riconosciuto dalla Repubblica italiana, lavorano in ambito sanitario. Le professioni sanitarie rappresentano il motore del Servizio sanitario nazionale.

Lo Stato italiano riconosce attualmente trentuno professioni sanitarie per l’esercizio delle quali è obbligatoria l’iscrizione ai rispettivi Ordini professionali.

Gli Ordini e le relative Federazioni nazionali sono enti pubblici non economici e agiscono quali organi sussidiari (non più ausiliari) dello Stato, al fine di tutelare gli interessi pubblici, garantiti dall’ordinamento, connessi all’esercizio professionale.

Gli Ordini “promuovono e assicurano la responsabilità delle professioni e dell’esercizio professionale, la qualità tecnico-professionale, la valorizzazione della funzione sociale, la salvaguardia dei diritti umani e dei principi etici dell’esercizio professionale indicati nei rispettivi codici deontologici, ai fini di garantire la tutela della salute individuale e collettiva; essi non svolgono ruoli di rappresentanza sindacale”

Quello che è emerso, è stato fatto notare, come la scarsità di personale nel SSN non riguardi solamente medici ed infermieri, ma anche altre figure professionali. Nel caso dei farmacisti, ad esempio, i numeri attuali impedirebbero lo sviluppo di nuove attività sicuramente utili; in particolare, in ambito ospedaliero, il «farmacista di reparto» potrebbe coadiuvare il medico nella ricognizione, riconciliazione e revisione terapeutica. Un’altra figura utile sarebbe, a livello territoriale, il «farmacista facilitatore», che informa il medico di medicina generale sulle opzioni terapeutiche disponibili.

La legge Lorenzin prevede anche la definizione di una procedura aperta per l’individuazione e l’istituzione di nuove professioni sanitarie. Essa viene attivata in sede di recepimento di direttive dell’Unione europea ovvero per iniziativa dello Stato o delle regioni, in considerazione dei fabbisogni connessi agli obiettivi di salute previsti nell’ambito della programmazione sanitaria nazionale e regionale, che non trovino rispondenza in professioni già riconosciute, ovvero su iniziativa delle associazioni professionali rappresentative di coloro che intendono ottenere tale riconoscimento.

Sulla base di quest’ultima procedura, le associazioni interessate inviano un’istanza motivata al Ministro della salute; se il Ministro si pronuncia positivamente entro sei mesi, si predispongono, previo parere tecnico-scientifico del Consiglio superiore di sanità, uno o più accordi in sede di Conferenza Stato-Regioni, poi recepiti con decreti del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. A conclusione della procedura, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, acquisito il parere del Consiglio universitario nazionale e del Consiglio superiore di sanità, è definito l’ordinamento didattico della formazione universitaria per le nuove professioni sanitarie.

La Corte costituzionale ha affermato in più occasioni (si veda tra le altre la sentenza n. 353 del 2003) che, ai sensi del riparto di competenze di cui all’articolo 117 della Costituzione, la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle professioni sanitarie deve rispettare il principio secondo cui l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale.

Dalle risultanze delle audizioni in Commissione dei rappresentanti delle professioni non riconosciute come sanitarie dalla legge n. 3 del 2018, ma comunque operanti nel sistema sanitario, emerge una serie di criticità connesse, a loro avviso, proprio al mancato riconoscimento delle singole professioni. In particolare, odontotecnici, ottici e optometristi. I rappresentanti degli odontotecnici hanno richiesto l’evoluzione in professione sanitaria anche in virtù delle responsabilità derivanti dal Regolamento (UE) 2017/745, che disciplina, tra l’altro, la fabbricazione di dispositivi medici su misura. Questo comporta la difficoltà di rispettare gli obblighi riguardanti la sicurezza, la qualità e la tracciabilità dei dispositivi medici. La legge n. 3 del 2018 continua a concepire il profilo dell’odontotecnico come qualcosa di estraneo alle professioni sanitarie, nonostante il ruolo centrale che questi gioca nell’ambito del regolamento (UE) 2017/745, la cosiddetta Medical Device Regulation (MDR).

La Società italiana di sociologia della salute (SISS) (audizione del 26 novembre 2024) ha sollevato il problema della mancata predisposizione di un albo professionale per i sociologi, rilevando che si tratta di un’assenza significativa, poiché già nella legge n. 833 del 1978 (SSN) era contemplata la necessità di comprendere le complessità dei territori per predisporre servizi coerenti con le esigenze della popolazione. Sebbene il riconoscimento del sociologo quale professione tra quelle non dotate di Ordini professionali abbia permesso di attivare un percorso di certificazione, su base volontaria, del riconoscimento del sociologo della salute, l’assenza di un albo non permette la costruzione di un’organizzazione unitaria.

Inoltre, i sociologi hanno fatto presente che il loro mancato riconoscimento è legato all’assenza di un Albo professionale, nonostante siano stati riconosciuti dall’articolo 5 della legge n. 3 del 2018 quale professione sociosanitaria e malgrado le previsioni del decreto-legge n. 71 del 2021, mentre gli ingegneri clinici hanno rilevato come il loro apporto al funzionamento del SSN sia svilito dal mancato riconoscimento della loro specificità professionale, pur integrata a pieno titolo nei processi di cura.

Per quanto riguarda gli Informatori Scientifici del Farmaco la proposta di istituire un registro obbligatorio (come hanno fatto alcune regioni) ha lo scopo di migliorare la riconoscibilità della professione da parte del pubblico. attuando il proprio diritto al lavoro qualificato e tutelato, e procedendo altresì a una migliore definizione delle specifiche competenze.

Va ricordato che, sin dalla prima fase dei provvedimenti d’urgenza adottati per contrastare la diffusione del Covid-19, in molte regioni l’attività dell’informatore scientifico è stata considerata di prima necessità in quanto, al pari delle farmacie, gli stessi svolgono un ruolo fondamentale per la cittadinanza fornendo informazione irrinunciabili sui farmaci utilizzabili per la pandemia.

È stato sottolineato che il percorso verso il pieno riconoscimento della professione di ISF rappresenta un traguardo fondamentale per garantire il suo adeguato inserimento nel sistema sanitario nazionale. L’obiettivo è collaborare con il SSN come vuole la Legge 23 dicembre 1978, n. 833 “Istituzione del servizio sanitario nazionale”

Pertanto il processo di transizione verso l’Albo professionale è un obiettivo prioritario. Questo passaggio non solo garantirà una maggiore tutela per i professionisti, ma rafforzerà anche la qualità dell’assistenza fornita agli utenti. La legge che ha istituito il SSN all’art. 26 dice che con legge dello Stato “sono dettate norme per la regolamentazione del servizio di informazione scientifica sui farmaci e dell’attività degli informatori scientifici”.

Al servizio sanitario nazionale spettano compiti di informazione scientifica sui farmaci e di controllo sull’attività di informazione scientifica delle imprese titolari delle autorizzazioni alla immissione in commercio di farmaci. È vietata ogni forma di propaganda al pubblico. Il Ministero della Sanità “predispone un programma pluriennale per l’informazione scientifica sui farmaci, finalizzato anche ad iniziative di educazione sanitaria e detta norme per la regolamentazione del predetto servizio e dell’attività degli informatori scientifici”, Art. 31.

Sono seguiti diversi Decreti Ministeriali di regolamentazione. Finché si arrivò al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 541 in attuazione della direttiva 92/28/CEE concernente la pubblicità dei medicinali per uso umano. Sostituito poi dal D.Lgs. 24 aprile 2006, n. 219 in attuazione della direttiva 2001/83/CE (e successive direttive di modifica) relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE.

La mancanza di un Albo o di un Ordine degli Informatori Scientifici comporta la mancanza di controllo  attraverso i meccanismi del codice deontologico a difesa dei cittadini. L’istituzione di un Ordine degli ISF converrebbe anche alle aziende farmaceutiche che di riflesso acquisirebbero prestigio, credibilità e autorevolezza.

 

poi dall’art. 158 del nuovo D.Lgs. 24 aprile 2006, n. 219

 

 

 Ciò

Redazione Fedaisf

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