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SI AL GENERICO, MA CHE SIA “DI MARCA”

Si discute l’equivalenza anche tra i non griffati. Da evitare le sostituzioni per antiepilettici, emoderivati, anticoagulanti orali e per i farmaci biologici

Sui farmaci "generici" continua ad aleggiare il sospetto di sempre: equivalgono, in tutto e per tutto, agli originali? Recentemente la sostituibilità tra prodotto originario e generico è stata messa in discussione in particolare per farmaci antiepilettici, emoderivati, anticoagulanti orali e per i farmaci biologici. Decisamente contrario alla sostituibilità dei farmaci antiepilettici è, per esempio, il professor Giuliano Avanzini, dell’Istituto Besta di Milano: «Obiettivo del farmaco antiepilettico è il controllo delle crisi; cambiando prodotto cambia inevitabilmente la farmacocinetica e quindi la risposta dell’organismo, per cui la sostituzione automatica del farmaco prescritto potrebbe risultare pericolosa». A sentire Nello Martini, direttore generale dell’Agenzia italiana del farmaco (l’Aifa), deputata alla certificazione dei generici, la bioequivalenza è invece fuori discussione: «Le aziende farmaceutiche che chiedono l’autorizzazione al commercio di un equivalente presentano un dossier, che viene valutato caso per caso, contenente i dati sulla purezza del medicinale e i risultati delle prove chimico-farmaceutiche e delle sperimentazioni cliniche che ne attestino la bioequivalenza, anche in termini di biodisponibilità, parametro legato alla concentrazione e al tempo di permanenza del principio attivo nel sangue». «Equivalente, quindi, non significa identico, come non sono identiche – fa notare Claudio Cricelli, presidente della Società italiana di medicina generale – due formulazioni diverse (per esempio, supposte e pastiglie) dello stesso farmaco del medesimo produttore. Per cui, la risposta del paziente può non essere uguale passando dall’originale al generico, o da un generico all’altro». «Sottolineare questo aspetto – precisa Walter Marrocco, medico di famiglia e componente della Commissione tecnico scientifica dell’Aifa – non vuol dire mettere in discussione la validità dei generici, che la grande maggioranza di noi medici sostiene, ma evidenziare la delicatezza della sostituibilità automatica (specie per antiepilettici, emoderivati e farmaci biologici) non solo tra farmaco "griffato" e generico, ma soprattutto da generico a generico. Questo perché gli "scostamenti" in termini di biodisponibilità possibili tra due generici equivalenti ad uno stesso farmaco d’origine possono essere più ampi degli scostamenti tra farmaco originario e ciascun generico equivalente». Da qui, la richiesta di Mauro Martini, presidente del Sindacato nazionale autonomo medici italiani (Snami), che, qualora un prodotto, ancorché generico, venga prescritto con nome commerciale e azienda, il farmacista non lo possa sostituire. «Avere ogni volta un prodotto diverso (sia pure equivalente) – dice il presidente dello Snami – costringe a continui adattamenti del paziente alla terapia e crea problemi di aderenza alla cura. Sono soprattutto gli anziani a seguire terapie di lungo periodo, spesso con più medicine al giorno: cambiare prodotti li può disorientare e aumenta il rischio d’errore». Ma Alessandro Carletti, vicepresidente di Federfarma-Milano, alla aristotelica considerazione che se due generici sono equivalenti ad uno stesso prodotto "di marca" sono anche equivalenti tra loro, ne fa seguire un’altra più pragmatica: «Per una farmacia è impossibile avere a magazzino tutti gli equivalenti di ogni medicinale». Pur riconoscendo i problemi dei farmacisti, Emilio Stefanelli, vicepresidente di Farmindustria, spezza invece una lancia a favore dei medici: «La bioequivalenza è "statisti

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