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Tagli in sanità, esperti divisi su rischi e opportunità

La spending review? Non è nient’altro che una manovra fatta di tagli lineari. No invece, è l’occasione da non perdere per chiudere finalmente i piccoli ospedali. L’operazione di riqualificazione della spesa pubblica messa in piedi dal Governo Monti divide gli esperti. Due in particolare: Angelo Lino Del Favero, direttore generale delle Molinette di Torino e presidente di Federsanità Anci, e Nerina Dirindin, docente di Economia pubblica e Scienza delle finanze all’Università di Torino ed ex assessore alla Sanità della Sardegna. Nei giorni scorsi hanno scritto entrambi di spending review (il primo sul bollettino di Federsanità, la seconda sul periodico web di economia Lavoce.info) esprimendo considerazioni che non solo risultano divergenti, ma meritano anche di essere accostate perché alimentano le opinioni.

Partiamo da Dirindin: secondo la docente, «dietro lo slogan della spending review si cela una nuova manovra estiva fatta di tagli lineari», che rischia però di vanificare i risultati raggiunti finora. «La sanità» scrive «ha già fatto molto nella direzione della spending review» grazie a discipline di bilancio che impongono ai governi regionali di ripianare i deficit e ai commissariamenti. Lo conferma il fatto che negli ultimi sei anni (dal 2005 al 2011) la crescita della spesa sanitaria corrente è rimasta al di sotto di quella primaria della Pubblica amministrazione (+15 per cento contro +18 per cento nel periodo 2005-2011). In questo quadro, la spending review «impone gli stessi interventi in modo indistinto a tutte le Regioni, pen! alizzando quelle più avanzate e creando un alibi per quelle meno mature tecnicamente e politicamente». E in più «non interviene sulla qualità della spesa, rischiando di spostare semplicemente i costi dal bilancio pubblico alle tasche dei cittadini, in particolare dei più fragili».

Del Favero, invece, concentra l’attenzione sull’intervento riguardante i posti letto. Non c’è più il tetto che decretava la chiusura delle strutture più piccole, ma quella comunque è la direzione in cui si deve andare. «Sono almeno vent’anni che gli esperti di organizzazione sanitaria sostengono la necessità di chiudere i piccoli ospedali» scrive il presidente di Federsanità Anci. «Sorti qua e là nel Paese soprattutto per ragioni elettorali», sono «pericolosi e costosi» e «devono essere riconvertiti in poliambulatori e strutture di ricovero a bassa intensità, rispondendo così alla necessità di rafforzare l’offerta sanitaria territoriale, ma rinviando le urge! nze agli ospedali "veri"». Per Del Favero, «la sfida del futuro è nella rete: centri a elevata specializzazione, strutture di ricovero con alti standard tecnologici e poi la rete dei presidi, degli ambulatori, dei punti di primo soccorso». La spending review, di conseguenza, «è qualcosa di più di uno strumento di controllo sulla spesa, perché impone di riconsiderare il modo stesso con cui si arriva a spendere. Non si tratta solo di "tagliare", ma di compiere una profonda revisione dei processi di attività per arrivare ad avere migliori costi e migliori servizi». Il dibattito è aperto, come si suol dire.

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