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«Zavorre» sulla farmaceutica italiana: 250 giorni per i pagamenti, 500 per avere nuovi farmaci

L’industria farmaceutica italiana sta pagando la crisi più di altri settori. Il comparto, che dà lavoro a 65mila addetti diretti e quasi altrettanto nell’indotto, che conta 318 imprese in Italia e vale 25 miliardi di euro, ha fatto segnare un primo quadrimestre del 2012 in “rosso”, con un calo della produzione del 6,2% che si aggiunge all’opaco 2011. Le zavorre: i tempi biblici per l’accesso ai nuovi farmaci, che arrivano a 500 giorni, i ritardi di pagamento da parte del servizio sanitario che raggiungono i 251 giorni in media, con punte che arrivano a 740 in Calabria. E poi i tagli. Troppi tagli. L’allarme arriva dal Rapporto24/Impresa “Industria farmaceutica” oggi in edicola con il Sole 24 Ore nel dorso Impresa&Territori che elenca le difficoltà che negli ultimi cinque anni hanno frenato un settore chiave per l’economia nazionale: le ultime manovre finanziare hanno scaricato riduzioni per 11 miliardi sul settore che ora si appresta ad affrontare un’ulteriore “potatura” da un miliardo, in applicazione della manovra dell’anno scorso, ma anche sull’onda della spending review che il governo ha in preparazione.

Di questo passo il “gigante del farmaco” diventerà un “ex”, spiega Stefano da Empoli, presidente dell’Istituto per la competitività, che nel Rapporto24/Impresa affronta il nodo con tre proposte se non si vuole che “ad occuparsi di farmaceutica nel nostro Paese nei prossimi anni saranno più gli storici che gli economisti”: una rimodulazione complessiva degli attuali tetti alla spesa, un miglioramento dell’accesso ai farmaci innovativi, portandolo in linea con la media europea, con beneficio dei pazienti e non solo delle imprese, e la riduzione dei tempi medi di pagamento. Troppo lunghi, infatti, i rimborsi, spiega l’economista, “che rischiano di strozzare un settore che, per il 70% del mercato domestico, ha come pagatore le amministrazioni pubbliche”.

In frenata non c’è solo il mercato interno, ma anche l’export che vale il 61% e negli ultimi anni ha dato ossigeno al settore. “L’Italia è ‘no innovation’”, così secondo il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi ci vedono gli investitori stranieri in questa congiuntura in cui la scelta di portare liquidità in un Paese o in un altro è dettata dalla fiducia che si nutre nel sistema politico e in quello economico: “Bisogna invertire la rotta per convincere gli investitori stranieri che sull’Italia si può puntare – afferma Scaccabarozzi – perché è un Paese credibile. Se il Governo davvero per la ripresa punta sulla credibilità, deve capirlo ora”.

di Cosimo Colasanto (19/06/2012)

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