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Draghi blocks the export of the Astrazeneca vaccine to Australia

Un atto di sovranismo europeo. Primo caso, stop a 250mila dosi verso l'Australia. Covid riporta il protezionismo in Ue

Un atto di sovranismo europeo. Primo caso, stop a 250mila dosi verso l’Australia. Covid riporta il protezionismo in Ue

HuffPost by Angela Mauro – 4 marzo 2021

Quando una settimana fa alla videoconferenza con i leader europei Mario Draghi si è detto contrario all’export dei vaccini perché non ce ne sono abbastanza in Europa, il premier sapeva del nuovo caso Astrazeneca. Risale infatti al giorno dopo, il 26 febbraio, la richiesta del Governo di Roma alla Commissione Europea dell’ok per non autorizzare un esportazione di 250mila dosi di vaccino anti-Covid Astrazeneca dall’Italia all’Australia. Il disco verde da Bruxelles è arrivato il 2 marzo: si blocchi. E dunque l’Italia si ritrova ad essere il primo paese membro a dare esecuzione al blocco degli export dei vaccini disposto da Palazzo Berlamont a fine gennaio, nei giorni infuocati delle polemiche con Astrazeneca per la riduzione delle consegne e il sospetto europeo che l’azienda anglo-svedese avesse preferito il mercato britannico.

La pandemia porta il protezionismo in Europa. E l’Europa non l’aveva preventivato fino in fondo: lo temeva. Quando Ursula von der Leyen ha disposto il blocco dell’export pensava più ad una misura di pressione sulle aziende, per non inciampare in un nuovo caso Astrazeneca. “Questo non è un bando delle esportazioni”, si affannava a spiegare il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis in conferenza stampa. “Trasparenza e chiarezza sono le uniche cose che vogliamo – diceva la vicepresidente della Commissione Europea Dubravka Suica – Non c’è alcun divieto di esportazione, nessun blocco delle esportazioni. Solo chiarezza e trasparenza riguardo la produzione e le consegne, è tutto qui”.

La speranza era che la sola disposizione di maggiori controlli sugli export, con l’obbligo per le aziende farmaceutiche di chiedere l’autorizzazione agli Stati nazionali e dunque all’Ue, fosse sufficiente a scoraggiare ulteriori raggiri. La speranza era di evitare il ‘baratro’ del protezionismo, negazione del libero mercato, sciagura imposta da Donald Trump anche sull’Ue che si è ritrovata costretta a rispondere con i dazi (sull’acciaio). Ecco però la china è questa. E il blocco italiano la traduce in realtà.

Inquadrato nella drammatica cornice della pandemia che in ogni campo sta trasformando necessità in virtù, Draghi compie un atto di sovranismo europeo in una Europa alla ricerca di identità nel marasma di una campagna vaccinale problematica. È un atto di una storia ancora lunga e indefinita, con possibili conseguenze. Ed è un atto reso possibile dalla misura decisa dalla Commissione europea sugli export e adottata dalla videoconferenza dei leader giovedì scorso: un’occasione che evidentemente ad altri Stati non è capitata a quanto riferiscono dalla Commissione Ue, dove fino alla settimana scorsa sottolineavano di non aver rilevato alcuna infrazione da quando è stato disposto il blocco.

È capitato in Italia. Le 250mila dosi che Astrazeneca voleva esportare in Australia erano state infialate nello stabilimento di Anagni, Lazio. Il governo ha bloccato l’export perché il Paese destinatario della fornitura non è un paese vulnerabile (Australia), ai sensi del nuovo Regolamento europeo che esclude i paesi poveri dal blocco delle esportazioni. Anche se va detto che al vertice europeo di giovedì scorso, Draghi si è detto contrario anche alla donazione di vaccini al Covax, la piattaforma elaborata dall’Oms per garantire un’equa distribuzione delle dosi ai paesi più poveri.

Ad ogni modo, il lotto è stato bloccato perché non ci sono abbastanza vaccini in Europa e la stessa Astrazeneca si è resa protagonista di ritardi nelle forniture, riferiscono fonti diplomatiche. E poi la richiesta dell’azienda riguardava un numero elevato di dosi di vaccino anti-covid rispetto alla “quantità di dosi finora fornite all’Italia, e più in generale, ai Paesi dell’Ue”.

La storia dimostra che nonostante i controlli disposti da Bruxelles dopo il braccio di ferro di gennaio, Astrazeneca continua a operare senza rispettare gli accordi con le autorità europee. Cosa la rendesse sicura di poter ottenere l’autorizzazione all’export dall’Italia all’Australia è ancora da scoprire.

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Redazione Fedaiisf

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