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INAIL: covid accident protection. Healthcare workers and non-healthcare personnel working within hospitals

INAIL precisa che, secondo l’indirizzo vigente in materia di trattazione dei casi di malattie infettive e parassitarie (come appunto il covid-19, ma anche ad esempio l’aids, la tubercolosi, il tetano, la malaria, le epatiti virali), l’Inail tutela tali affezioni morbose, inquadrandole, per l’aspetto assicurativo, nella categoria degli infortuni sul lavoro: in questi casi, infatti, la causa virulenta è equiparata a quella violenta. Sono destinatari di tale tutela, quindi, i lavoratori dipendenti e assimilati, in presenza dei requisiti soggettivi previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, nonché gli altri soggetti previsti dal decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38 (lavoratori parasubordinati, sportivi professionisti dipendenti e lavoratori appartenenti all’area dirigenziale) e dalle altre norme speciali in tema di obbligo e tutela assicurativa Inail.

Nell’attuale situazione pandemica, l’ambito della tutela riguarda innanzitutto gli operatori sanitari esposti a un elevato rischio di contagio. A una condizione di elevato rischio di contagio possono essere ricondotte anche altre attività lavorative che comportano il costante contatto con il pubblico/l’utenza. In via esemplificativa, ma non esaustiva, si indicano: lavoratori che operano in front-office, alla cassa, addetti alle vendite/banconisti, personale non sanitario operante all’interno degli ospedali con mansioni tecniche, di supporto, di pulizie, operatori del trasporto infermi, etc. Le predette categorie non esauriscono, però, l’ambito di intervento in quanto residuano casi, anch’essi meritevoli di tutela.

L’analisi per professione dell’infortunato evidenzia la categoria dei tecnici della salute come quella più coinvolta da contagi con il 39,2% delle denunce (in tre casi su quattro sono donne), l’82,7% delle quali relative a infermieri. Seguono gli operatori socio-sanitari con il 19,3% (l’81,0% sono donne), i medici con il 9,2% (il 48,1% sono donne), gli operatori socio-assistenziali con il 7,3% (l’85,3% donne) e il personale non qualificato nei servizi sanitari (ausiliario, portantino, barelliere) con il 4,8% (72,8% donne).

Il restante personale coinvolto riguarda, tra le prime categorie professionali, impiegati amministrativi (3,9%, di cui il 69,0% donne), addetti ai servizi di pulizia (2,2%, il 78,3% donne), conduttori di veicoli (1,2%, con una preponderanza di contagi maschili pari al 91,5%) e direttori e dirigenti amministrativi e sanitari (0,9%, di cui il 46,0% donne).

Per mese di accadimento, si osserva una progressiva riduzione dell’incidenza dei casi di contagio per le professioni sanitarie tra le prime due fasi e una risalita nella terza: tra queste, la categoria dei tecnici della salute (prevalentemente infermieri) dal 39,2% del primo periodo fino a maggio compreso, è passata al 23,6% del trimestre giugno-settembre, per poi ritornare al 39,9% nel periodo ottobre 2020-gennaio 2021; così come i medici, scesi dal 10,1% nella fase di “lockdown” al 5,4% in quella “post lockdown” per poi registrare l’8,8% nella “seconda ondata” dei contagi.

Altre professioni, con il ritorno alle attività, hanno visto invece aumentare l’incidenza dei casi di contagio tra le prime due fasi e registrato una riduzione nella terza, come gli esercenti e addetti nelle attività di ristorazione (passati dallo 0,6% del primo periodo al 3,8% di giugno-settembre e allo 0,6% tra ottobre e gennaio), gli addetti ai servizi di sicurezza, vigilanza e custodia (passati dallo 0,6% all’1,5% e poi allo 0,8%) o gli artigiani e operai specializzati delle lavorazioni alimentari (da 0,2% al 4,3% e allo 0,1%).

Si rimanda al documento integrale INAIL Scheda nazionale infortuni covid-31-gennaio-2021

Redazione Fedaiisf

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