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Gli informatori influenzano la prescrizione medica. Come? A colpi di post-it e penne

La scena è comune nei medical drama, serie tv come E.R. o Grey’s Anatomy: i medici si riuniscono intorno al banco dell’accettazione del pronto soccorso e prendono una ciambella, un pezzo di pizza, un hamburger. Situazione frequente negli Usa dove le aziende farmaceutiche hanno l’inveterata abitudine di coccolare i prescrittori, meglio ancora se giovani, allevandoli alla riconoscenza a forza di pranzi gratis, gadget e inviti ad eventi di formazione.

Johann Rossi Mason Diventa Giornalista medico scientifico, saggista e imprenditrice. 14 giugno 2015 – l’huffington post

Secondo la psicologia sociale, infatti, saremmo più propensi a ricambiare ed essere gentili quando abbiamo ricevuto a nostra volta un favore. Un meccanismo di riconoscenza indotta che dovrebbe fidelizzare il medico a prescrivere, tra le diverse opzioni, proprio quel farmaco citato sulla penna che sta usando per compilare la ricetta. Già dal 2000 i medici americani hanno iniziato a percepire uno squilibrio nel rapporto e si sono organizzati nel movimento NoFreeLunch, ideato dal dottor Bob Goodman che incitava i colleghi a rifiutare omaggi e pasti gratis. E che aveva lanciato il Pen Amnesty Program che proponeva di scambiare la propria collezione di penne brandizzate con una fornitura di quelle del movimento.

Erano gli ormai lontani anni ’90 quando nella città di New York il dottor Bob Goodman si rese conto di quanto il suo ufficio era diventato la vetrina di una farmacia. Vi facevano bella mostra decine di penne, post it, blocchi, antistress, buste su cui spiccavano i nomi dei più noti farmaci, i cosiddetti Blockbuster, quelli che sbancano letteralmente le vendite. Dalle statine agli antidepressivi sino agli antidiabetici e oltre la pratica dell’omaggino sembra vecchia come la professione medica tanto è ovvia. E qualcosa di simile accade ogni giorno negli ospedali dove le più disparate ditte: dai medicinali ai dispositivi medici passando per i produttori di macchine per la diagnostica offrono ai medici di tutta l’America generose forniture di ciambelle e pizza sino a buoni pasto.

Un apparente spreco di denaro che in realtà rappresenta un investimento importante perché sembra che qualsiasi dono abbia il potere di influenzare o comunque far ricordare chi te lo ha fatto generando un automatico senso di riconoscenza. Fu così che nacque NoFreeLunch, un movimento fondato proprio da Goodman che in quel periodo mise in campo diverse iniziative singolari, come la campagna “Pen amnesty” che chiedeva ai medici di rinunciare alla propria dotazione di penne pubblicitarie da sostituire con alcune regalate con il logo della nuova associazione.

Quando nel 1999 il dottor Goodman aprì un centro medico per cittadini a basso reddito in un sobborgo di Manhattan decise di vietare l’ingresso agli informatori, ma capì presto che questo significava rinunciare ai campioni omaggio che gli facevano comodo per tutte quelle persone che non avevano il denaro per curarsi. Allora aprì il sito dove in una sezione vendeva le penne per comprare i farmaci per i meno abbienti. L’iniziativa ebbe un gran successo con 300 visitatori al giorno e oltre mille penne vendute.

Già nel 2003 un articolo sulla rivista Jama rivelava come le industrie spendessero ogni anno tra gli 8000 e i 13mila dollari per gratificare e ‘fidelizzare’ ogni medico, tallonato da oltre 80mila rappresentanti agguerriti a convincere ogni sanitario che il proprio prodotto fosse migliore di quello dei concorrenti. Per un totale tra i 4 e i 19 miliardi di dollari l’anno solo negli Usa (a seconda delle fonti). Un report del Kaiser Family Foundation ha calcolato che ogni dollaro speso in promozione e pubblicità porta nelle casse dell’industria un extra di 4,20$, il rischio è che crei una spinta all’acquisto artificiale, non motivata da reali necessità mediche.

Tra il 1996 e il 2004 secondo l’associazione Media Education Foundation che ha dedicato all’argomento un documentario dal titolo Big Bucks, Big Pharma, la cifra spesa per la pubblicità diretta al pubblico è aumentata del 500% passando da 791 milioni a oltre 4 miliardi di dollari. Se vi state chiedendo come si giustifica la somma di 8mila euro l’anno vi rassicuro: ai medici non viene consegnato un container di penne e matite ma nel mondo occidentale i medici vengono ‘sedotti’ a suon di biglietti a partite e concerti, buoni benzina, cene di gala sino ospitate ai congressi, corsi ECM sino a consulenze molto ben pagate. Dalla carta intestata alle matite, dai fermacarte agli impermeabili, dallo stetoscopio alla cuffia operatoria, tutto è brandizzato con il logo dell’azienda o il nome dell’ultima molecola arrivata sul mercato.

Una pratica che oggi chiameremmo “nudge” ossia la spinta gentile a fare quello che desidera un altro, una forma neanche troppo velata di persuasione e difficilmente sradicabile dal sistema visto che i vari tentativi sono sempre stati oggetto di una strenua opposizione proprio dalla classe medica che non vuole rinunciare all’opportunità di un congresso oltreoceano dove portare la moglie. Nello stesso anno (il 2003 è stato particolarmente fecondo di iniziative) anche i giovani dell’American Medical Student Association che rappresentava all’epoca 30mila persone, fecero partire la campagna Pharm Free per chiedere la fine della pratica di omaggiare oggetti, cibo e formazione. Proprio i giovani medici credevano che anche una sola penna potesse influenzare le decisioni e le prescrizioni e chiedevano una informazione medica più imparziale e libera dalla pressione della pubblicità (che tra l’altro negli Stati Uniti è permessa anche nei confronti del pubblico sia con spot televisivi, affissioni, pagine di giornali e l’invio di campioni di medicinali a domicilio, compresi quelli con obbligo di prescrizione). L’idea degli studenti dell’AMSA era di eliminare tutti i fattori che potevano influenzare la pratica medica. Esempio seguito anche dalla classe medica australiana che ha fondato un gruppo chiamato Healthy Skepticism per combattere quella che viene ormai considerata una leggera forma di corruzione.

Proprio i medici più giovani sentono la necessità di districare un rapporto troppo stretto che può farli sentire in obbligo e stanno progressivamente optato per rapporti con l’industria imparziali. La disputa quindi non sono i rapporti con le aziende ma la promozione che queste fanno, una relazione che i professionisti della sanità vogliono ridefinire. Obiettivo anche di molte associazioni professionali e di atenei: l’Università della California sta pianificando di non accettare più l’omaggio di campioni di medicine, allo scopo di prendere le distanze e soprattutto, mantenere una maggiore libertà.

Il vice preside per gli affari accademici dell’Università, Neal Cohen, ha affermato che i nuovi movimenti mirano a formare medici più obiettivi, non influenzati da vantaggi economici, che scelgano secondo “scienza e coscienza”, per non parlare del fatto che vedersi sponsorizzata una ricerca può portare a due distorsioni: rischiare di minimizzare risultati non favorevoli allo sponsor o non vederla pubblicata affatto. In più, l’informazione veicolata dalle industrie è naturalmente sbilanciata e sempre di più i medici hanno come unica fonte di notizie gli informatori e non da studi indipendenti. L’inizio di quella che potrebbe essere una rivoluzione: la Society of General Internal Medicine ha già introdotto una politica per cui l’apporto dell’industria al bilancio dell’organizzazione non può superare il 10% annuo, peccato che al Congresso Annuale successivo a questa decisione ha accettato un contributo di oltre 100mila dollari.

Il lodevole proposito di opporsi alle pressioni si è arenato negli anni: NoFreeLunch non esiste più, il dottor Peter Mansfield, fondatore di Healthy Skepticism ci scrive anche la sua organizzazione è attualmente inattiva anche se conta di ripristinarla tra un anno o due e ci segnala una realtà analoga in Germania, Mezis che ci indirizza all’italiana No Grazie, pago io! e al dottor Giovanni Peronato che ha risposto alle domande di HP:

“È un movimento molto flessibile che non prevede iscrizione formale, sono presenti nella mailing list circa 350 persone che si scambiano impressioni, dati, documenti da condividere, il numero cresce al ritmo del 20-30% l’anno e poi una cerchia più vasta di circa 1300 soggetti interessati a ricevere la nostra newsletter trimestrale. Esistono realtà analoghe in Spagna (No, Gracias) e in Francia (Non, Merci) a testimoniare che il problema della pressione dell’industria è ubiquitario ma molto difficile da contrastare. Se pensiamo che in Italia ci sono circa 45mila medici di medicina generale e oltre 110mila ospedalieri ecco che si comprende come tentiamo di fare cultura in un sistema in cui nessuno vuole rinunciare ad un privilegio. L’associazione italiana è nata da un gruppo di pediatri di Modena guidati da Luisella Grandori che si è ispirata in parte ad un’idea lanciata dal British Medical Journal, ossia valutare la qualità dell’informazione medica e dell’aggiornamento dopo un anno senza aver ricevuto visite da parte degli informatori, il che ha portato ad un aumento della qualità della nostra preparazione. Poi ci siamo concentrati nel segnalare ogni volta che individuavamo un conflitto di interessi tra industria e pratica clinica. Le faccio un esempio: oggi esistono numerosi eventi formativi e scientifici realizzati con il ‘contributo non condizionato di una azienda’ ma ovviamente chi paga il flauto decide la musica e questo è diventato un modo per aggirare la legge”.

I rapporti dell’industria del farmaco con le società scientifiche sono vitali per le stesse: se non ci fossero gli sponsor il 90% dei congressi non si potrebbero fare e quindi il sistema fa comodo a tutti”. Un altro esempio: i pieghevoli che ci portano i rappresentanti sono talvolta redatti ad hoc dall’industria del farmaco. I testi devono essere rivisti ed approvati all’AIFA, no? “Si, ma l’AIFA ha risorse umane limitate e quindi quando arriva una domanda la protocolla e la archivia, il controllo avviene solo a campione e sul dépliant informativo è scritto solo ‘depositato all’AIFA'” .

Una interessante ricerca del 2001 aveva chiesto ad un campione di medici quanto gli informatori influissero sulle loro scelte prescrittive, ebbene quando la domanda si riferiva a se stessi la percentuale era dell’1%, mentre quando si chiedeva il parere sulle decisioni dei colleghi i medici rispondevano che il 51% era molto influenzato, quindi è sempre più grande la pagliuzza nell’occhio dell’altro che la trave nel proprio. “L’informazione davvero indipendente è sempre più difficile da reperire” prosegue il dottor Peronato “in un recentissimo intervento sul Lancet di cui era stato già direttore, Richard Horton sostiene che più della metà dei risultati che si pubblicano ogni giorno potrebbero essere non veritieri : campioni insufficienti, dati manipolati, risultati negativi nascosti”.

Ma c’è di più: qualche tempo fa l’EMA, l’ente europeo che regola l’immissione dei farmaci sul mercato decise di instaurare regole più stringenti e limitare l’uso di collaboratori che avessero profili e rapporti con le aziende tali da configurare conflitti di interesse. Ebbene, dopo aver constatato che se avesse applicato la regola alla lettera sarebbe rimasta con un numero risibile di collaboratori ha dovuto fare marcia indietro e allentare un po’ la redine dei propri criteri selettivi.

Più di recente il Presidente Obama ha firmato una legge che stabilisce come anche somme minime debbano essere dichiarate per evitare sanzioni sotto la voce: conflitto di interessi. Nato nel 2010, il Physician Payment Sunshine Act richiede che siano dichiarati tutti gli omaggi e i pagamenti ricevuti da medici o loro familiari ricevute da industrie di farmaci o dispositivi medici. La raccolta dei dati ha avuto inizio ad agosto 2013 e i dati sono resi pubblici nell’ambito del National Physician Payment Transparency Program, politica resa necessaria anche in considerazione del fatto che il 94% dei medici americani ha una qualche forma di relazione con l’industria, che l’83% ha ricevuto un omaggio e il 28% ha incassato un pagamento per qualche forma di consulenza.

Strano che mentre in queste settimane ogni talk show politico in Italia parla di corruzione, nessuno ancora voglia aprire il vaso di Pandora della sanità, ci stanno provando quelli di ISPE un istituto nato proprio con l’obiettivo di accendere un faro sulla correttezza nel mondo della salute e che sull’argomento hanno pubblicato un Libro Bianco, ma ancora non hanno conquistato la ribalta della tv in prima serata. Ora che sapete come funziona avete il diritto di guardare con sospetto ogni trancio di pizza che entri nei locali di un ospedale. E se le penne nello studio del vostro medico sono numerose, è molto probabile che proprio uno di quei farmaci verrà prescritto nella vostra prossima ricetta.

 

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Gli obiettivi di Healthy Skepticism:

• Restrizione o eliminazione delle visite degli informatori
• Restrizione o proibizione di partecipare ad eventi educazionali organizzati dalle industrie;
• Proibizione di accreditare ad eventi ECM singoli od organizzazioni in evidente conflitto di interessi;
• Movimento verso organizzazioni indipendenti per gli ECM;
• Campagne per sensibilizzare la classe medica a non accettare doni o viaggi;
• Campagne per sensibilizzare a non accettare compensi per parlare ai congressi (in modo da permettere di mantenere l’indipendenza nei contenuti proposti);
• Divieto di condurre ricerche per i soggetti in conflitto di interessi;
• Norme più stringenti sulla selezione di membri di comitati consultivi

 

Redazione Fedaisf

Promuovere la coesione e l’unione di tutti gli associati per consentire una visione univoca ed omogenea dei problemi professionali inerenti l’attività di informatori scientifici del farmaco.

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