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«Il rapporto tra aziende e medici è ineliminabile. Ma la trasparenza è necessaria»

Intervista a Luigi Conte, segretario generale Fnomceo e delegato per il Disclosure code di Farmindustria

Michele Musso,

Il Codice di trasparenza adottato dalle industrie farmaceutiche europee – e quindi anche le italiane – impone loro di pubblicare sui propri siti web entro la fine di giugno 2016 i “trasferimenti di denaro” tra loro e i medici avvenuti nel 2015. Come valuta questa iniziativa?

Abbiamo da subito sposato questa iniziativa come un’occasione per fare maggiore chiarezza e trasparenza nei rapporti tra industria farmaceutica e professionisti. D’altronde, quello tra aziende e medici  è un rapporto ineliminabile. Perché? Perché i medici, nella loro esperienza professionale quotidiana, intuiscono nuove potenzialità dei famaci, osservano eventuali effetti collaterali o nocivi dei farmaci e li segnalano. Quindi svolgono un’azione di monitoraggio sul territorio di un elemento fondamentale per la salute del paziente. Insomma, questo rapporto è indispensabile per le ditte farmaceutiche affinché possano far bene il proprio lavoro.

A suo parere, come mai le imprese farmaceutiche hanno sentito la necessità di adottare un simile Codice? Forse perché talvolta i rapporti tra loro e i medici sono ancora troppo “opachi”?

Nulla vieta che possa esserci un rapporto reciproco, anche di tipo economico, tra l’industria e il medico. Purché sia in assoluta trasparenza, con evidenza pubblica. L’importante è che si sappia che il medico ha fatto una consulenza per una ditta farmaceutica e che per questo ha avuto un certo emolumento, in modo che l’interlocutore esterno abbia chiaro come stanno le cose e se ne faccia una sua idea. Che si sappia, per esempio, che quello che sta dicendo il professionista in un convegno che ha un rapporto con l’industria farmaceutica può essere condizionato dal fatto che viene pagato oppure dice cose obiettivamente corrette.

Secondo lei, allora, il Codice potrà davvero contribuire a diradare quei sospetti che circolano nell’opinione pubblica secondo i quali i medici vengono pagati (in varie forme, dirette e indirette) dalla industrie farmaceutiche per “promuovere” i loro prodotti?

Le norme già esistono. Comunque, questo Disclosure code contribuisce a una maggiore trasparenza, proprio nell’ottica di quel miglioramento dell’immagine nei confronti del pubblico, nei confronti dei cittadini. Perché quando si parla del rapporto tra medici e industria c’è sempre qualcuno che fa il sorrisino come a dire che chissà cosa c’è dietro. Ma questa è un’interpretazione assolutamente malevola. Ciò non significa che neghiamo possano esserci comportamenti scorretti da parte di colleghi e da parte di industrie farmaceutiche. Ma laddove, in presenza di un regolamento ben chiaro, ci sono comportamenti scorretti, questi vanno colpiti in modo adeguato ed esemplare.

I medici, però, possono appellarsi alle norme sulla privacy e rifiutare il consenso alla pubblicazione dei propri nomi e dei relativi trasferimenti. In questo caso, le cifre confluiranno in un unico “contenitore” indistinto che nei siti aziendali indicherà soltanto il numero dei medici che non hanno dato il proprio consenso e la somma dei finanziamenti a vario titolo erogati loro dalle aziende. Naturalmente, questo ridurrà il grado di trasparenza nei rapporti tra medici e aziende. Lei, come rappresentante della Federazione degli Ordini, cosa si aspetta che faranno i medici?

Le ditte farmaceutiche hanno la possibilità di pubblicare i dati o nominalmente, quando il medico lo ha accettato, oppure in modo aggregato se questa assenso non c’è. Non c’è niente di particolare in questo. Riteniamo comunque che il Codice sia qualcosa che aiuta a fare chiarezza e trasparenza. Di questo, in questo Paese e in questo momento, sa Dio quanto ce n’è bisogno.

Personalmente, comunque, penso che la maggior parte dei nostri colleghi aderirà perché non hanno niente da nascondere.

HealthDesk – 16 maggio 2016

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Redazione Fedaisf

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