Primo Piano

La responsabilità del farmacista nella sostituzione del farmaco prescritto

Il ruolo del farmacista nel parafarmaco è determinante e si concretizza con un approccio più orientato al consiglio terapeutico nei confronti del paziente.

Sostituzione del medicinale e responsabilità del farmacista

L’attività farmaceutica pubblica nelle Aziende Sanitarie del nostro Paese è assicurata dai farmacisti del
SSN. I compiti e le funzioni affidati a tali professionisti si sono, negli anni, moltiplicati ed amplificati, passando dalla semplice gestione del magazzino farmaceutico a delle funzioni sempre più complesse con un aumento proporzionale delle responsabilità.
Come è noto, fino all’emanazione del DL 87/05 la legge non consentiva al paziente, né al farmacista di sostituire il prodotto prescritto dal medico, se non nei precisi casi stabiliti nell’ambito del SSN per il sistema del rimborso del sistema di riferimento, o in particolari casi di urgenza assoluta.

Più in particolare, la sostituzione è possibile (DPR 371/98, art.6), qualora il medicinale prescritto sia irreperibile nel normale ciclo di distributivo o la farmacia ne risulti eccezionalmente sprovvista,infatti, nei predetti casi, il farmacista consegna altro medicinale di uguale composizione e di pari indicazione terapeutica, senza vincoli riguardo al prezzo (art. 6, comma 3 della Convenzione). L’utente, informato dal farmacista della indisponibilità del medicinale prescritto e della possibilità di ottenerne un’altro corrispondente in sostituzione, è libero di accettare o rifiutare l’offerta del farmacista.

Il farmacista deve apporre sul retro della ricetta, nell’apposito spazio a lui dedicato, idonea annotazione giustificativa dell’avvenuta sostituzione. La sostituzione non giustificata o sistematica, oltre alle implicazioni sulla autonomia e responsabilità professionale di medico e farmacista, si potrebbe connotare come attività sanzionabile ai sensi dell’articolo 171 del RD 1265/34.

Inoltre è doveroso precisare che la sostituzione nell’ambito del SSN è giustificata dalla necessità di assicurare l’assistenza farmaceutica con risorse economiche limitate1, ed è regolamentata in modo rigoroso nell’ambito della confezione di riferimento e la sua applicazione è esattamente documentata dal bollino applicato sulla ricetta mutualistica.

Al di fuori del sistema del rimborso di riferimento, la sostituzione sistematica del medicinale prescritto dal medico era già stata connotata nei termini del comparaggio2.

In gioco sono la responsabilità e l’autonomia professionale sia del medico che del farmacista.
Fondamentalmente, la ricetta medica costituisce l’autorizzazione all’uso del medicinale, e comporta la responsabilità professionale del medico relativamente al medicinale prescritto. La responsabilità del farmacista, invece, coinvolge la perfetta corrispondenza del medicinale dispensato con quello prescritto dal medico.

Il codice civile prevede espressamente la corrispondenza tra quanto ordinato dal medico e quanto dispensato dal farmacista, mentre la responsabilità civile del farmacista non coinvolge, nel caso la dispensazione sia stata corretta, le responsabilità sugli effetti del medicinale che in questo ultimo caso ricadono sul medico stesso.

La sostituzione effettuata dal farmacista potrebbe spostare su quest’ultimo responsabilità che non gli competono, e che non è in grado di assumersi.

Configurazione giuridica della prestazione professionale del farmacista

Il Codice Deontologico raccoglie i principi e le norme che tutti i farmacisti iscritti all’Albo sono tenuti ad osservare, a tutela della dignità e del decoro professionale. A titolo esemplificativo si riporta l’art. 1. secondo cui, il farmacista deve: 1) Esercitare la propria attività professionale in sede appropriata alla dignità ed al decoro della qualità di sanitario. 2) Svolgere il ruolo di educatore sanitario tenendo sempre presente i diritti del malato ed il rispetto della vita. 3) Essere sempre attento e sensibile alle necessità sociali e sanitarie che possono manifestarsi nell’espletamento della sua professione. 4) Tenere sempre una condotta consona al proprio ruolo tale da non portare in nessun caso discredito alla professione. 5) Aggiornare costantemente le proprie conoscenze scientifiche. 6) Rispettare gli indirizzi di natura professionale enunciati dalla Federazione Nazionale degli ordini dei Farmacisti e dall’Ordine di appartenenza.

La prestazione del farmacista non può essere assimilata ad una prestazione di tipo meramente esecutivo, pur consistendo nella consegna della specialità medicinale specificata nella prescrizione medica, ovvero di un farmaco c.d. da banco; infatti al farmacista, nei limiti delle sue conoscenze ed in relazione ai singoli casi, è richiesta anche una attività di consulenza oltre che di verifica e controllo della prescrizione medica richiesta nonché una serie di altre prestazioni di natura professionale3.

Il tratto distintivo del contratto d’opra intellettuale consiste nella “discrezionalità” che contraddistingue il professionista durante la fase di esecuzione, carattere che scaturisce dalla natura stessa dell’attività da lui svolta, la quale comporta un alto grado di “libertà di attuazione” ,4 ma pur sempre nei limiti dell’interesse del cliente, non potendo in ogni caso ” i poteri di istruzione e controllo del cliente scalfire la sostanziale autonomia del prestatore d’opera intellettuale”5.

Ma è da sottolinearsi però, che presupposto indispensabile è la “personalità”, tanto che la dottrina ritiene legittimo parlare di “obbligazione di fare infungibile”6, ovvero di una obbligazione caratterizzata da una prestazione che, secondo la valutazione delle parti, non può essere sostituita con un’altra e deve essere eseguita personalmente dal debitore poichè sono rilevanti, a tal fine, le sue qualità personali.

Infatti così come sancisce l’art. 2232 c.c., il prestatore d’opera deve eseguire personalmente l’incarico assunto (1176c.c.7). Può tuttavia valersi, sotto la propria direzione e responsabilità, di sostituti e ausiliari, se la collaborazione di altri è consentita dal contratto o dagli usi e non è incompatibile con l’oggetto della prestazione (1717c.c.8).

Più in particolare, la professione di farmacista viene regolata dagli artt. 99 ss., r.d. 27 luglio 1934, n. 1265 (T.U. leggi sanitarie), e, per la gestione di una farmacia, l’ordinamento prevede la necessità di un soggetto in possesso del relativo diploma di laurea e dell’iscrizione al relativo albo.

Il farmacista convenzionato, nell’attività di dispensazione dei farmaci, si configura come professionista che, per conto dell’A.S.L., provvede all’erogazione di un pubblico servizio e, a tal fine, è sottoposto a obblighi specifici che ne determinano l’inserimento nell’organizzazione dell’amministrazione sanitaria9. Si tratta di una fattispecie rientrante nell’art. 2238, comma 1, c.c., poiché l’attività professionale è parte di un’attività di impresa, e va evidenziato che nell’ipotesi in cui l’esercizio della professione costituisce elemento di un’attivita` organizzata in forma d’impresa, si applicano anche le disposizioni del titolo II.

Infatti il professionista intellettuale assume la qualità di imprenditore commerciale quando esercita la professione nell’ambito di un’attività organizzata in forma d’impresa, in quanto svolga una distinta e assorbente attività che si contraddistingue da quella professionale per il diverso ruolo che riveste il sostrato organizzativo il quale cessa di essere meramente strumentale e per il differente apporto del professionista, non più circoscritto alle prestazioni d’opera intellettuale, ma involgente una prevalente azione di organizzazione, ossia di coordinamento e di controllo dei fattori produttivi, che si affianca all’attività tecnica ai fini della produzione del servizio.

Tale esercizio in forma di impresa è configurabile nel caso del laboratorio di analisi cliniche, che si connota solitamente come struttura organizzativa di dimensioni più o meno rilevanti, dove il professionista titolare si avvale stabilmente di una pluralità di collaboratori e di dotazioni tecniche di guisa che l’attività professionale rappresenta una componente non predominante, per quanto indispensabile, del processo operativo10.

Prescrizione mediche e medicinali equivalenti

La Legge 405/2001 e la Legge n. 149/2005 di conversione del D.L. 87/2005 art. 1 sanciscono che il farmacista, qualora il medico non abbia indicato l’insostituibilità del farmaco prescritto, ovvero quando il medico non appone sulla ricetta l’indicazione “non sostituibile”, dopo aver informato l’assistito, consegni a quest’ultimo il farmaco, a parità di principio attivo, forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio, numero di unità posologiche e dosi unitarie, avente il prezzo più basso, lasciando comunque a quest’ultimo la scelta definitiva.

Il decreto liberalizzazione11 di recente emanazione, prevede che: “il medico aggiunge ad ogni prescrizione di farmaco le seguenti parole: “sostituibile con equivalente generico ovvero non sostituibile nei casi in cui sussistano specifiche motivazioni cliniche contrarie”.

La norma precisa anche che il farmacista, qualora sulla ricetta non risulti apposta dal medico l’indicazione della non sostituibilità è tenuto a fornire il medicinale equivalente generico avente il prezzo più basso, salvo diversa richiesta del cliente.

Questo dovere è precisato anche dal suo codice deontologico che all’art. 12 afferma: l’informazione fornita deve essere chiara, corretta e completa in riferimento ai medicinali.

Dunque per una corretta acquisizione del consenso informato alla sostituzione del farmaco originale col farmaco equivalente generico, il farmacista può dire all’assistito che il farmaco equivalente è simile, non che è uguale all’originale.

In merito alla sostituibilità dei prodotti, è necessario precisare che ai fini del rilascio dell’AIC è previsto che il medicinale generico presenti i risultati delle prove di bioequivalenza, in accordo con quanto definito dalla linea guida europea, secondo la quale è accettabile che il generico possa mostrare una variazione di alcuni parametri cinetici nell’organismo (indicativi dell’assorbimento e della distribuzione del farmaco) pari al +/- 20% rispetto al prodotto di riferimento.

L’aver stabilito i parametri per la determinazione dell’equivalenza conduce implicitamente a sancire che il concetto di equivalenza non va confuso con quello di uguaglianza.

Infatti affermare che sia uguale, orienta in modo non corretto la scelta autonoma dell’assistito poichè tale affermazione non corrisponde al vero e quindi potrebbe apparire come una pubblicità ingannevole, vietata anche dalla legge n.49/2005 sulla pubblicità ingannevole e dal D.Lgs. 216/2006 sulla pubblicità ai farmaci.

Il farmacista, poichè non è abilitato alla prescrizione di farmaci, attività quast’ultima esclusiva del medico, non è autorizzato a sindacare i trattamenti terapeutici farmacologici prescritti dal medico e deve al contrario attenersi a quanto prescritto da quest’ultimo, secondo la sentenza n.8073 del 28.03.2008 della Cassazione sezione Civile III°. L’obbligo di attenersi a quanto prescritto dal medico, secondo la Corte, trova legittimo ostacolo nella sola ipotesi in cui il farmacista individui nella ricetta la prescrizione di sostanze velenose a dosi non medicamentose o pericolose, dovendo in tal caso esigere che il medico dichiari per iscritto che la somministrazione avviene sotto la sue esclusiva responsabilità, così come sancito dall’art. 40 del regolamento per il servizio farmaceutico emanato nel 193812.

Da ciò ne deriva pertanto che il farmacista, a cui sia stata presentata una precisa ricetta medica, non è tenuto ad accertare se il farmaco e la posologia del farmaco prescritto siano corrispondenti alle effettive esigenze terapeutiche del paziente. Deve limitarsi a dispensare il farmaco che il medico ha prescritto.

Se il medico non appone la nota “non sostituibile” sulla prescrizione di un farmaco originale a brevetto scaduto, il farmacista acquisito il consenso informato dell’assistito può dispensare un farmaco generico equivalente.

Nulla infatti osta al medico di apporre la nota “non sostituibile13” anche sulla prescrizione di un farmaco equivalente di un produttore che ritiene più affidabile, nel qual caso a parità di costo il farmacista è tenuto a dispensareesattamente ciò che il medico ha prescritto.

L’art. 26 del codice deontologico del farmacista afferma che in caso di prescrizione dubbia il farmacista è tenuto a prendere contatto con il medico prescrittore per il necessario chiarimento, poiché la spedizione della ricetta medica presuppone certezza nel farmacista e sicurezza per il paziente.

La responsabilità del faramcista. L’intervento della Suprema Corte.

Il farmacista presta un servizio pubblico e di pubblica utilità. Ricordiamo che l’art. 1 co. 2 della l. 30.7.1998, n. 281 nel riconoscere e garantire i diritti e gli interessi individuali e collettivi dei consumatori prevede una serie di diritti fondamentali per l’utente consumatore, in gran parte applicabili anche al rapporto tra farmacista e cliente; tali ultimi integrano il contenuto del contratto inteso quale rapporto giuridico tra cliente e professionista.

Sia dai doveri elencati nel codice deontologico che dai diritti del consumatore-cliente può dedursi l’eventuale inadempimento del farmacista. Appare opportuno precisare che, anche nel caso in cui sia un farmacista a porre in essere una prestazione che implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, quest’ultimo non risponderà dei danni, eventualmente cagionati, se non in caso di colpa grave o dolo, ex art 2236 codice civile. Visto che, difficilmente l’attività del farmacista consiste nella risoluzione di casi di particolare difficoltà, egli generalmente risponde anche per colpa lieve.

Sempre in tema di responsabilità deve ritenersi altresì applicabile la tutela di cui all’art 1176 comma 2; quindi al fine di verificare l’eventuale inadempimento sarà necessario valutare il rispetto delle regole tecniche e dei doveri propri dell’attività di farmacista, anche con riferimento alle norme di natura etica ed ai principi della deontologia professionale osservando altresì i precetti comportamentali che si riflettono sulle modalità di esercizio della attività sanitaria.

La detenzione poi, in farmacia, di una specialità medicinale scaduta o imperfetta è rilevante sotto il profilo civile così come disciplinato dall’art. 2043 c.c., penale ex art. 443 e 452 c.p., amministrativo e sotto il profilo disciplinare ex D.P.R. 221/50. Si precisa che secondo la Cassazione è ascrivibile, al farmacista che consegni un farmaco scaduto, la negligenza nell’effettuazione dei dovuti controlli o nella sorveglianza dei dipendenti che se occupano, anche in base alla mera dichiarazione dell’assistito relativa al luogo di acquisto del farmaco stesso14.

Il farmacista ha l’obbligo di informare sulle modalità di somministrazione di un farmaco sostituito con altro avente identico principio attivo ma diverso dosaggio. Non può invocare la consapevole accettazione da parte del cliente di un farmaco.

La Cassazione con la sentenza 15734/2010 ha affermato la responsabilità del farmacista per avere consegnato, anziché il farmaco prescritto nel dosaggio indicato dal veterinario, altro medicinale con lo stesso principio attivo, ma destinato a curare animali di diversa e più grossa taglia.

Il farmacista sosteneva a sua difesa che il cliente era in grado di leggere le avvertenze contenute nella confezione e lo aveva informato della necessità di diluire il medicinale.

Ma per la Suprema Corte l’esclusione della responsabilità vi è solo quando il farmacista si attiene alle prescrizioni mediche contenute nella ricetta contenente tutte le informazioni necessarie per la dispensa del medicinale. La sentenza è di notevole rilievo nello stabilire la scriminante tra la responsabilità del medico e quella del farmacista e introduce anche per questa categoria di professionisti l’obbligo di fornire al cliente ogni informazione utile al fine di valutare correttamente la convenienza dell’acquisto proposto.

L’obbligo di informazione, ormai pacifico per il medico, lo diventa anche per il farmacista in quanto incide sul diritto del paziente all’autodeterminazione in ordine alle scelte che attengono alla propria salute. Perché sorga la responsabilità risarcitoria è necessario, comunque che il danno si configuri come conseguenza immediata e diretta del comportamento negligente del farmacista.

Sicuramente il farmacista non sarà responsabile di eventuali concause quali l’errore medico nell’individuazione della molecola, ma lo potrebbe essere nella sostituzione del farmaco avente modalità di somministrazione differente oppure con eccipienti potenzialmente allergenici.

La qualità della prescrizione e l’aderenza del paziente alla terapia sono il risultato di un processo dinamico e di un “incontro e scontro di prospettive” tra medico, paziente e farmacista, influenzato da molteplici variabili di carattere culturale, tecnico-scientifico, giuridico e ambientale, ma anche psicologico e relazionale e quindi non può essere sottovalutato dal sanitario, anche se farmacista. che la prescrizione deriva da competenza diagnostica e farmacologica del medico, ma solo il primo è effettivamente in grado di valutare tutte le variabili che hanno condotto a una particolare scelta15.

La tutela del paziente a seguito di danno ingiusto

Il cliente che si ritenga danneggiato dall’attività del farmacista ha la possibilità di scegliere tra l’azione contrattuale fondata sull’inadempimento e l’azione extra contrattuale derivante da un comportamento illecito di quest’ultimo. Infatti, se ritiene sussistere un rapporto contrattuale nascente, secondo la tessa Suprema Corte, dal semplice “contatto” tra farmacista e cliente nei luoghi destinati alla vendita dei farmaci, e se l’attività del farmacista comporta un danno, potrà sempre invocarsi la tutela risarcitoria prevista per il fatto illecito16.

In genere la scelta dipende dal comportamento che si intende sanzionare; a tal fine ricordiamo che la prova dell’inadempimento deve in ogni caso contenere quella del danno subito, generalmente al bene salute, mentre il nesso di causalità rispetterà quanto previsto dagli artt 40 e 41 c.p. (poiché appare chiaro che al fine di provare l’inadempimento del farmacista sarà in ogni caso necessario provare il danno subito anche in caso di azione contrattuale).

Anche nel caso in cui si scelga l’azione extracontrattuale, sarà indispensabile fornire la prova del danno subito e provare il nesso causale; secondo un orientamento ormai consolidato della stessa Corte di Cassazione, può e deve essere risarcito anche l’eventuale danno c.d. morale, di cui all’art 2059 c.c., indipendentemente dalla commissione di un reato, poiché la risarcibilità di un bene costituzionalmente tutelato quale il diritto alla salute, non subisce alcuna limitazione.

Le predette azioni potranno essere proposte sia nei confronti del farmacista che nei confronti della farmacia intesa come struttura nel suo complesso. Il titolare della farmacia risponde di tutti gli eventi lesivi imputabili all’attività svolta all’interno della struttura anche se imputabile a dipendenti o collaboratori ai sensi degli artt. 1228 e 2049 c.c.

Se gli illeciti sono imputabili al farmacista ed al personale dipendente sussiste la responsabilità solidale di entrambi ex art 2055 c.c. E per di più, oltre alla negligenza ed imprudenza costituisce causa di responsabilità del farmacista anche l’eventuale imperizia intesa come violazione del livello minimo di conoscenza, esperienza e capacità professionale.

A titolo esemplificativo si pensi al farmacista che consegni un farmaco al posto di un altro ovvero che consigli l’utilizzo di un prodotto inidoneo al caso concreto ovvero senza aver preliminarmente verificato che non vi siano allergie relative all’utilizzo dello stesso.

Al farmacista possono essere richiesti consigli e quest’ultimo può fornire farmaci per patologie non gravi per i quali non è obbligatoria la prescrizione medica17. Vi sono dubbi sulla responsabilità, nel caso di somministrazione di farmaci c.d. da banco nel caso di mancata guarigione o di peggioramento; si ritiene che potrebbe sussistere la responsabilità nel caso in cui sia stato dispensato un farmaco inadatto ovvero controindicato in relazione alla patologia riscontrata data l’esperienza e le conoscenze che il predetto era tenuto ad avere in relazione alla professione esercitata.

 

1 Tar Lazio R.G. 3145/02

2 Circolare del 12 novembre 1998, GU del 23 novembre 1998

3 Codide Deontologico dell’ordine dei Farmacisti

4 Giacobbe. G., voce Professioni intellettuali, in Inciclopedia del diritto, xxxvi, Giuffrè, 1987, 1073

5 Musolino G., Il contratto d’opera professionale, 1999, Giuffrè, 118

6 Giacobbe. G., voce Professioni intellettuali, in Inciclopedia del diritto, xxxvi, Giuffrè, 1987, 1074

7 Il contratto di prestazione d’opera è concluso intuitu personae, nel senso che per il cliente è essenziale la persona del professionista di cui apprezza l’abilità professionale

8 L’utilizzazione dei collaboratori ha valore solo interno, mentre nei rapporti con i clienti responsabile a tutti gli effetti è solo il prestatore d’opera intellettuale

9 A questo riguardo, Corte Conti, Sez. giur. Liguria, 8 agosto 2007, n. 600, in Rass. dir. Farm., 2006, 1451

10 Cass. civ., sez V, 22 luglio 2004, n. 13677

11 Art. 11 comma 9 del D.L. n. 1/2012

12 La responsabilità del Farmacista, in Dimensione Snadim Network

13 D.l. 87/05 (GU 30/05/07) , convertito nella L. 149/05. La equivalenza si riferisce ai medicinali aventi uguale composizione in PA., forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio e dosaggio unitario, e ai fini del confronto del prezzo ci si riferisce alla unità posologica o alla quantità unitaria del PA. La sostituzione è possibile anche con medicinale di prezzo più alto, qualora il medicinale prescritto sia irreperibile o la farmacia ne risulti sprovvista, con un altro medicinale di uguale composizione e forma farmaceutica, in base alla L. 362/99.

14 Centro Studi di Diritto Sanitario, Avv. Tiziana Pasquariello

15 Il Sole 24 Ore Sanità

16 Centro Studi di Diritto Sanitario, Avv. Tiziana Pasquariello

17 Centro Studi di Diritto Sanitario, Avv. Tiziana Pasquariello

 

Fonte Diritto Civile di Francesco Pagano

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Il Parafarmaco

Per parafermaci si intendono, oltre ai prodotti del comparto del benessere (cosmetici, integratori, articoli erboristici, sanitari e prodotti per l’infanzia), i farmaci industriali da banco non soggetti a prescrizione medica (detti per brevità OTC, da banco, e SOP, ovvero Senza Obbligo di Prescrizione) e la maggior parte dei prodotti omeopatici.

All’interno di una farmacia (intesa come punto vendita), la convenienza è generata dal funzionamento della concorrenza di prezzo, fattore importante non tanto per i prodotti farmaceutici, venduti a prezzo predeterminato, quanto ai prodotti parafarmaceutici venduti a prezzo libero a seguito delle liberalizzazioni stabilita con decreto Storace del 2005, con la Legge Bersani del 2006 e infine con la legge finanziaria del 2007.

I parafarmaci infatti non sono regolamentati, nel senso che non rientrano in alcuna lista stilata dal Ministero della Salute (cosmetici, integratori, articoli erboristici, sanitari e prodotti per l’infanzia) e i SOP e gli OTC, che non hanno bisogno di ricetta medica e possono infatti essere venduti anche dalle farmacie e parafarmacie online.

La farmacia di grandi dimensioni: è sensibile all’incremento dell’area dell’extra farmaco e poco dipendente dalla prescrizione medica. Gestisce grandi assortimenti di integratori alimentari di alto valore e sa presentare la propria offerta al cliente in modo competitivo senza abbassare in modo esagerato il prezzo.

Spesso la farmacia fornisce al pubblico un prezzo del prodotto al quale aggiunge un ricarico che reputa ragionevole al costo del prodotto stesso, con tutte le difficoltà legate ad individuare quale sia il prezzo ragionevole, ma soprattutto con le difficoltà connesse tra il prezzo di listino, il prezzo di fattura, il prezzo reale dovuto a sconti di qualità, i termini di pagamento, i bonus di fine anno, i contributi fuori fattura, l’acquisto dello stesso prodotto dal distributore intermediario, ecc..

Se una farmacia produce propri prodotti a marchio, nonostante non siano ovviamente pubblicizzati, devono restare nelle prime fasce di prezzo (alte o intermedie), in modo tale che il cliente li percepisca come prodotti di elevata qualità.

Il ruolo del farmacista nel parafarmaco è determinante e si concretizza con un approccio più orientato al consiglio terapeutico nei confronti del paziente.

Indirizzare i clienti verso un più elevato numero di acquisti d’impulso, attraverso le tecniche del merchandising, porta sicuramente ad un buon risultato per le marche forti che, generalmente, non hanno un alto margine; invece la leva della consulenza premierà le marche minori, con uno sforzo maggiore da parte del farmacista, ma con un guadagno probabilmente maggiore.

Il ruolo principale dell’azienda produttrice del parafarmaco è di fornire un adeguato supporto al farmacista per essere pro-attivo e competente nella vendita dei prodotti e nella fidelizzazione della clientela. Sono evidenti un cambiamento e un miglioramento considerevoli del ruolo del farmacista, che si riconosce in tre ruoli complementari:

  • Consulente: perché indirizza il consumatore verso un certo percorso di acquisto;
  • Mediatore: perché interpreta le esigenze, le abitudini di vita e il percorso terapeutico del paziente;
  • Commerciante: poiché è deputato alla presentazione e alla vendita del prodotto.

Ognuno di questi ruoli richiede competenze diverse che devono essere supportate adeguatamente dalle aziende del settore della salute.

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Redazione Fedaisf

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