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LA SALUTE MERITA UN MINISTERO: RIPENSIAMOCI


Per il triennio 2009-2011, secondo quanto prospettato dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti, dovranno essere reperite risorse per un ammontare compreso tra 20 e 30 miliardi di euro.

La cifra era stata già indicata dal Governo Prodi nel quadro degli impegni presi a Bruxelles. E il Governo Berlusconi, che ha confermato l’obiettivo-vincolo del pareggio di bilancio nel 2011, è rimasto nel solco tracciato dal precedente Esecutivo.
Trenta miliardi sono molti, ancorché da recuperare nell’arco di tre anni. Ma sono (relativamente) pochi se si dà un’occhiata alla somma che l’Italia spende ogni anno per far fronte al problema delle dipendenze (alcolismo, droghe, tabagismo).
Siamo nell’ordine di 60 miliardi ogni dodici mesi, come ben documentato dall’inchiesta apparsa sul Sole 24 Ore di ieri. Vere e proprie piaghe sociali con le quali facciamo i conti ogni giorno. Si pensi che per il solo alcolismo sono a rischio 3,5 milioni di persone, che il costo sociale e sanitario di questa dipendenza (tra danni diretti e indiretti) ammonta a 45 miliardi l’anno, il 3,5% del Pil, che ogni anno 3mila giovani ne restano vittime.
Dipendenza fa rima, facile, con emergenza. Che anche in questo caso è sociale, familiare ed economica insieme. Eppure, la questione fatica a essere proposta come tale. Esplode di volta in volta nei titoli di cronaca, magari quando il giovane alcolista o tossicodipendente alla guida di un’auto travolge e uccide altri giovani a bordo di uno scooter. Ma poi tende a sfumare, quasi fosse un fatto del tutto episodico. Sì, ci sono le (utili) campagne d’informazione, anche istituzionali, però è forte la sensazione che la politica finisca per trascurare queste cifre impressionanti.
L’inizio della nuova legislatura con un dialogo pragmatico tra maggioranza e opposizione e la dichiarata volontà del Governo di affermare la presenza dello Stato costituiscono una buona occasione per affrontare un’emergenza che spezza migliaia di vite e costa decine di miliardi.
Come, in concreto? Ad esempio tornando ad "autonomizzare" il ministero della Salute, oggi di fatto retto dal (medico) neo sottosegretario al Welfare, Ferruccio Fazio. L’accorpamento dei ministeri, introdotto con la Finanziaria 2008, è stata un’ottima scelta, anche per dare il segno di un ridimensionamento della "mano" politica. In particolare per il Welfare si è scelto giustamente di ricomprendere sotto la guida del ministro Sacconi competenze "spacchettate" dal Governo Prodi, come la Solidarietà sociale e la Famiglia. Ma il caso del ministero della Salute merita un approfondimento e il ritorno a una posizione istituzionale di prima fascia. Tante sono, appunto le emergenze. Dalle liste d’attesa alla ricostruzione delle infrastrutture sanitarie (si pensi al Sud) agli sforzi che dovranno essere messi in campo per favorire le nuove tecnologie e la ricerca.
Per non parlare, come detto, delle dipendenze, che richiedono una fortissima attenzione e nuove strategie. Non crediamo che il ministro Sacconi abbia qualche problema sul tema di un ministero della Salute di nuovo autonomo, e anzi potrebbe essere lui stesso a favorire questo passaggio. Né pensiamo che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano possa avere delle riserve. Se un ministero ha ottime ragioni per esistere, a partire dalle emergenze che si trova di fronte, deve vivere. Il resto viene dopo. Guido Gentili  – Il Sole 24 Ore del 27/05/2008  COMMENTI E INCHIESTE  p. 12  

 

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