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L’Asl savonese ai medici di famiglia: «Prescritti troppi farmaci inutili». N.d.R.

Asl Savona bacchetta i Mmg: “Troppi farmaci inutili”. E assegna un budget

Roma, 3 aprile – Rif Day – La spesa farmaceutica continua a scendere, ma l’Asl 2 ligure di Savona non è ancora soddisfatta e ha tutta l’intenzione di mantenere alta la pressione sui medici prescrittori,  fissando un budget-limite per le prescrizioni di medicinali (133,18 euro all’anno per paziente). Chi dovesse superarlo – cosa che inevitabilmente avverrà, e con molta frequenza – potrebbe essere chiamato a rendere conto delle eccedenze, motivandole.

La decisione ha ovviamente già suscitato la reazione dei medici di famiglia, che parlano di imposizioni che interferiscono in modo improprio con le scelte prescrittive, che sono compiute dai camici bianchi in scienza e coscienza: “È giusto vigilare sulle iper-prescrizioni e, ancor più, su quelle errate” ha affermato il presidente della Fimmg provinciale Angelo Tersidio “ ma l’arma più efficace contro questi rischi non sono le imposizioni, bensì l’aggiornamento del medico che fa sì che l’obiettivo per una terapia giusta a costi limitati sia centrato”.

Ma il direttore generale dell’Asl 2, Eugenio Porfido, difende la scelta della sua azienda sanitaria, basandola sui dati di spesa: le raccomandazioni finalizzate all’appropriatezza prescrittiva hanno portato a risparmiare oltre 900mila euro nel 2016, circa 411mila euro nel 2017 e, secondo il bilancio di previsione presentato qualche giorno fa, potrebbero farne risparmiare altri 628mila euro entro la fine del 2018.

“Tutti risparmi che non scompaiono chissà dove, ma che, come accade in un’azienda pubblica, vengono reinvestiti al suo interno”  ha spiegato Porfido alla stampa locale. “Per quanto riguarda il contenimento della spesa per i farmaci, abbiamo adottato una politica attenta non solo a quanto si spende ma soprattutto a come lo si fa. Abbiamo posto un budget ai medici di base, è vero, ma non è che questi non potranno assolutamente andare oltre: saranno però spinti a chiedersi se sia davvero necessario sforare e potranno essere interpellati in questo senso».

Secondo il direttore generale dell’Asl 2 Savona, questa scelta consentirà negli anni ai realizzare economie nell’ordine dei 3,5 milioni di euro, senza nulla togliere ai pazienti in termini di terapie. E ulteriori risparmi, ancora più elevati, secondo Porfido, arriverebbero dalla riduzione dei costi per ricoveri e altre prestazioni sanitarie originati dal cure farmacologiche prescritte e assunte impropriamente.

Al di là di questo, la ratio della decisione della Asl 2 Savona affonda nella constatazione che tante, troppe prescrizioni sono inutili: “Per chi ha l’osteoporosi registriamo un altissimo consumo di vitamina D che, oltre un certo limite, è ingiustificato”  spiega Porfido con un esempio. “Il livello di assorbimento di questa vitamina è infatti standard, nel senso che non dipende dalla quantità che inglobo: un aumento di dosaggi oltre un certo valore, non ha senso. E qui comincia lo spreco”.

Le prescrizioni “virtuose” dei medici, inoltre, secondo il DG della Asl dovrebbero tenere conto anche delle modalità di vendita del medicinale: la vitamina D ha prezzi diversi se venduta sotto forma di flaconcino piuttosto che di fiala o di compresse (in questo caso si potrebbero risparmiare fino a 200mila euro). Da qui la convinzione di Porfido che adottare un budget di spesa al quale i medici dovranno attenersi possa permettere “di programmare meglio le spese”.

Ma i medici ribattono, respingendo ogni facile generalizzazione sulle “prescrizioni allegre” e rovesciando anzi la prospettiva: “Se io somministro la cura giusta al paziente” spiega il segretario provinciale Fimmg Tersidio “posso evitare ricoveri che, per l’Asl, avrebbero costi ben più elevati”.

 


Il Sistema sanitario nazionale (Ssn) italiano, istituito nel 1978 per fornire copertura sanitaria completa e standard a tutti i cittadini e residenti, è stato progettato come basato su tre diversi livelli: il governo centrale, i 20 governi regionali e le Aziende sanitarie locali (Asl) con gli ospedali indipendenti (AO). In particolare, uno dei principi fondanti del Ssn è che l’assistenza sanitaria dev’essere gratuita in ogni punto di erogazione sul territorio.

Le mutate condizioni demografiche, economiche e sociali, la crescente introduzione sul mercato di innovazioni farmacologiche e tecnologiche, le conseguenze della modifica del Titolo V della Costituzione e le costanti ingerenze della politica partitica, hanno portato il Servizio sanitario a non poter offrire il livello di prestazioni standard definito dai Livelli essenziali di assistenza (Lea) soprattutto per problemi finanziari.

In Italia, l’esordio del termine “sostenibilità” riferito alla sanità pubblica risale al 2012, quando l’allora premier Mario Monti dichiarò pubblicamente che “La sostenibilità futura del Ssn potrebbe non essere garantita”.

Peraltro, dopo più di cinque anni, le decisioni di politica sanitaria continuano ad affrontare il tema della sostenibilità guardando a un orizzonte limitato, con l’attenzione perennemente concentrata sulle difficoltà di accesso alle innovazioni, soprattutto quelle farmacologiche, e sulla lunghezza delle liste d’attesa, trascurando sistematicamente i reali bisogni di salute della popolazione, in particolare quelli delle fasce socioeconomiche più deboli.

Il problema dato dal crescere dei costi della sanità è reale ed è stato oggetto di analisi ben più solide. Questo problema non dipende da una colpa dei medici o delle case farmaceutiche, che pure sulla sanità guadagnano: è connesso con l’allungamento della vita media, un risultato che si ottiene anche grazie a indagini diagnostiche e cure sempre migliori e sempre più costose. La sanità moderna costa cara perché può fare molto e tutto ciò che fa ha un costo. In passato avevamo a disposizione meno farmaci, meno possibilità di interventi chirurgici, meno strumenti diagnostici: si faceva meno e si spendeva meno. Anche la durata media della vita era inferiore rispetto all’attuale. L’invecchiamento della popolazione porta ad un inevitabile aumento delle patologie con conseguente aumento dei costi, nel contempo i progressi tecnologici e farmacologici portano altrettanto inevitabilmente ad un altrettanto aumento dei costi il tutto però a fronte di un contenimento della spesa.

Dalle politiche di contenimento della spesa del Ssn nascono affermazioni retoriche del tipo “Se hai una malattia che per essere curata ha bisogno di trattamenti speciali e tecniche particolari, lo Stato non può non curarti, rivendicando il pareggio di bilancio” (Grillo).

Ma davvero si poteva pensare che tutto quello che si è fatto in questi anni di definanziamento del Ssn sarebbe stato senza conseguenze politiche? Secondo voi la gente passa le giornate al pronto soccorso, piegata in due, perché non ci sono i letti di ricovero (dal 2000 ad oggi sono stati soppressi più di 71.000 posti letto) e non succede niente? Manca il personale nei servizi perché si era bloccato il turnover e non succede niente? Alcuni servizi territoriali vengono chiusi, si distrugge il territorio accorpando le aziende e non succede niente? Le liste di attesa diventano strumenti di selezione sociale e non succede niente? Aumentano le diseguaglianze sull’attesa di vita e non succede niente? La gente paga ticket per tutto (il 10% non può permetterselo ed il 33% dei “non poveri” rinuncia alle cure per motivi economici) e non succede niente? La gente esasperata aggredisce i medici e non vuol dire niente?

Con il definanziamento programmato  la razionalizzazione è diventata razionamento fino a ledere i valori fondamentali del sistema e sta degenerando in forme subdole di contro riforma, la domanda sociale di salute si può comprimere soprattutto amministrando i consumi ma si paga dazio.

La politica sanitaria è stata finora di deregolare la sanità e contro riformarla ancora di più, perché non ha una progettualità diversa dal definanziamento e dalla razionalizzazione perché ormai a forza di raschiare il fondo del barile il fondo non c’è più. Non c’è stato uno straccio di pensiero  diverso dallo storico amministrativismo  in grado di riformare una idea di sostenibilità ridotta a puro compatibilismo economico, il ministero della Salute come un incosciente sogna di ridurre la medicina a impresa e servirsi della massima flessibilità del lavoro.

Ma la sanità non può essere un’azienda governata da algoritmi o da semplici conti di bilancio, perché la sanità ha a che fare con le persone malate e le persone sono tutte diverse fra loro e le patologie non possono essere ridotte a semplici e standardizzati tempi di cura e degenza. L’unico provvedimento che si prende è ridurre ferocemente il costo della farmaceutica e delle terapie, tradendo così lo stesso motivo per cui esiste il Ssn, nessuno che pensi di riorganizzare i servizi, la governance, riequilibrare il mercato del lavoro, ripensare il lavoro, co-responsabilizzare il cittadino, investire in innovazione tecnologica, ecc ecc. E nessuno si pone il problema del peso esorbitante che il versante amministrativo/contabile ha assunto nelle aziende sanitarie?

Fermo restando il concetto che gli sprechi e le ruberie, soprattutto in Sanità, non sono tollerabili, il Dr. Porfido dell’ASL2 di Savona, come tanti altri suoi colleghi “amministratori”, non fa altro che alimentare il populismo, ormai non più tale. E’ un po’ come quei passeggeri nel salone delle feste del Titanic che continuavano a ballare al suono di un’orchestrina, ignari che una tragedia imminente li avrebbe spazzati via.

Redazionale 

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Redazione Fedaisf

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