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Lavoro a distanza. Il Garante Privacy vieta la geolocalizzazione dei dipendenti. Sanzionata un’Azienda per 50mila euro

Il tutto avveniva senza una base giuridica idonea, senza un’informativa completa, e con gravi interferenze nella sfera privata dei dipendenti

La disciplina nazionale definisce il lavoro agile come una “modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato” per cui la prestazione lavorativa si svolge, in relazione alla specificità delle mansioni svolte, “per fasi, cicli e obiettivi, senza precisi vincoli di orario e di luogo di lavoro” (v. artt. da 18 a 23 della l. 22 maggio 2017, n. 81).


Smart working: il Garante Privacy vieta la geolocalizzazione dei dipendenti. Sanzionata un’Azienda per 50mila euro

ADICU – 10 maggio 2025

Il Garante per la protezione dei dati personali ha ribadito con fermezza che la geolocalizzazione dei lavoratori in smart working è illegittima, sanzionando un’Azienda con una multa di 50.000 euro per aver tracciato la posizione geografica di circa 100 dipendenti durante l’attività lavorativa svolta da remoto.

L’intervento dell’Autorità è scaturito da un reclamo presentato da una dipendente e da una segnalazione dell’Ispettorato della Funzione Pubblica, che hanno portato all’apertura di un’istruttoria approfondita.

I fatti contestati

Secondo quanto accertato dal Garante:

  • L’Azienda chiedeva, a campione, ai propri dipendenti di attivare la geolocalizzazione dei dispositivi (PC o smartphone) e di effettuare una timbratura digitale tramite app;

  • Era richiesto ai lavoratori di dichiarare via e-mail il luogo esatto in cui si trovavano al momento del controllo;

  • Seguivano verifiche e, in alcuni casi, procedimenti disciplinari;

  • Il tutto avveniva senza una base giuridica idonea, senza un’informativa completa, e con gravi interferenze nella sfera privata dei dipendenti.

Le motivazioni del Garante

Il Garante ha ritenuto che tali pratiche:

  • Violino i principi del Regolamento UE 2016/679 (GDPR), in particolare in materia di liceità, proporzionalità e trasparenza del trattamento dei dati personali;

  • Siano in contrasto con lo Statuto dei lavoratori (L. 300/1970), che vieta l’uso di strumenti invasivi per il controllo a distanza senza garanzie;

  • Ledano la dignità, la libertà e la riservatezza del lavoratore, elementi tutelati anche dalla Costituzione italiana.

Il controllo del rispetto degli obblighi contrattuali nello smart working non può avvenire attraverso sistemi rigidi e automatizzati che annullano la fiducia nel rapporto di lavoro e invadono la sfera personale del dipendente.

GPDP. Provvedimento del 13 marzo 2025, n. 135

Principi fondamentali del trattamento


Garante. NEWSLETTER N. 534 dell’8 maggio 2025

Smart working, Garante privacy: no alla geolocalizzazione dei dipendenti

Il datore di lavoro non può geolocalizzare i dipendenti in smart working. Lo ha affermato il Garante privacy nel comminare una sanzione di 50mila euro ad un’Azienda che rilevava la posizione geografica di circa cento dipendenti durante l’attività lavorativa svolta in modalità agile. Numerose le violazioni riscontrate dal Garante, intervenuto a seguito di un reclamo di una dipendente e di una specifica segnalazione da parte dell’Ispettorato della Funzione Pubblica.

Dall’istruttoria è infatti emerso che l’Azienda effettuava un monitoraggio dei propri dipendenti per verificare l’esatta corrispondenza tra la posizione geografica in cui si trovavano e l’indirizzo dichiarato nell’accordo individuale di smart working, anche in base a specifiche procedure di controllo mirato. In particolare, in base a tali procedure, il personale, scelto a campione, veniva contattato telefonicamente dall’Ufficio controlli con la richiesta di attivare la geolocalizzazione del pc o dello smartphone, effettuando una timbratura con un’apposita applicazione, e di dichiarare subito dopo, tramite un’e-mail, il luogo in cui in quel preciso momento si trovava fisicamente.

A tale richiesta, seguivano poi le verifiche e gli eventuali procedimenti disciplinari dell’Azienda. Il tutto in assenza di un’idonea base giuridica e di un’adeguata informativa, oltre alle conseguenti interferenze nella vita privata dei dipendenti e a numerose altre violazioni del Regolamento europeo e del Codice.

Le diverse esigenze di controllo dell’osservanza dei doveri di diligenza del lavoratore in smart working – ricorda il Garante – non possono infatti essere perseguite, a distanza, con strumenti tecnologici che, riducendo lo spazio di libertà e dignità della persona in modo meccanico e anelastico, comportano un monitoraggio diretto dell’attività del dipendente non consentito dallo Statuto dei lavoratori e dal quadro costituzionale.

 

Redazione Fedaisf

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