Primo Piano

Non dimenticate X-Pharma!

Riceviamo e volentieri pubblichiamo


Alla triste storia di Marvecspharma service srl aggiungerei con le stesse modalitá di bancarotta fraudolenta, per oltre 400 lavoratori, X-Pharma srl, stessa identica storia e stesso dramma per i lavoratori che hanno perso il lavoro e non hanno avuto giustizia nelle varie cause intentate.

Luca Frati ex dipendente di X-PHARMA


Nel 2009 Repubblica scriveva:

BANCAROTTA fraudolenta. É l’ accusa che ha portato cinque manager della X-Pharma dietro le sbarre. La multinazionale del farmaco, con sede ad Agrate Brianza, avrebbe “rottamato” personale proveniente da altre aziende del settore senza un piano industriale, solo per incassare anticipi su mensilità e tfr di ogni lavoratore. Liquidità utile a far lievitare le azioni della società, poi messa in vendita con bilanci gonfiati. Un’ operazione all’ ombra della legge Biagi, che regolamenta la cessione di rami d’ azienda e a cui hanno fatto massiccio ricorso negli anni scorsi le aziende farmaceutiche. Un mercato che ha fatto fiorire società terziste a cui i colossi del settore scaricavano la patata bollente degli esuberi laureati. Fondata nel 2005, chiusa all’ improviso nel luglio 2008, fallita nel marzo 2009, XPharma era nata dalla cessione dei rami di azienda di Solvay, Fournier e Merck Sharp, a cui si sono aggiunte assunzioni individuali, da Bayer, Shering, Ucb e Dompé. Società decise a tagliare i costi, che preferivano non appannare la loro immagine aprendo direttamente procedure di mobilità. La chiusura è costata il posto a 376 informatori farmaceutici. Gli arresti sono stati chiesti dai sostituti procuratori di Monza Walter Mapelli e Giordano Baggio ed eseguite dalla Guardia di Finanza. In manette M. R., 55 anni, ex amministratore delegato, ed altri quattro dirigenti che sarebbero subentrati a R. al solo scopo di prosciugare l’ ultimo milione di euro rimasto in cassa.


La “X-Pharma spa“, la multinazionale farmaceutica di Agrate Brianza che fu dichiarata fallita nel marzo del 2009 con un buco di 22 milioni di euro, ha lasciato senza lavoro 376 informatori scientifici.

Nel processo, nel 2014, secondo l’accusa, X-Pharma è stata portata al dissesto assumendo personale proveniente da multinazionali francesi o belghe che volevano evitare di aprire per i lavoratori in esubero procedure di mobilità, in cambio di somme corrisposte come anticipi sulle mensilità e sul Tfr per ogni lavoratore assunto, denaro servito per ottenere liquidità e fare salire il valore delle azioni della X-Pharma nel tentativo di vendere una bella scatola vuota. Quando il progetto di vendita non era andato in porto, sempre secondo l’accusa, gli imputati avrebbero prosciugato definitivamente le casse della società facendola fallire e lasciando senza lavoro quasi mezzo migliaio di persone.

Naturalmente le accuse furono negate dai testimoni della difesa, appartenenti ai collegi sindacali di società collegate a X-Pharma o alla casa madre tedesca, secondo cui gli amministratori di X-Pharma avrebbero prospettato una situazione di crescita della società fino ad arrivare invece al dissesto nel 2008 per cause di cui nessuno era a conoscenza.

Con il fallimento della X-Pharma, a seguito di una serie di verifiche incrociate, i finanzieri arrivano anche alla Alcofin. Sotto la lente finiscono anche le attività, contabili e finanziare, di quest’altra società portata in maniera volontaria – sostiene fin dal primo momento la pubblica accusa – al fallimento. Per gli inquirenti c’era una regia.

Con la bancarotta Alcofin i giudici della seconda sezione penale del Tribunale di Salerno (presidente Trivelli) hanno inflitto, fra gli altri, la pena di un anno al commercialista salernitano Giovanni Di Brita e un anno a F.F.; la pena inflitta a F. e a Di Brita è da considerarsi in continuazione alla pena inflitta dalla Corte di appello di Milano per il fallimento x-Pharma. Infatti F. era già stato condannato a 4 anni e 8 mesi di reclusione, mentre 3 anni e 10 mesi erano stati già inflitti a Giovanni Di Brita.

Purtroppo per anni le OOSS hanno accettato e promosso le cessioni di ramo d’azienda e le cessioni di contratto partecipando a convincere gli ISF anche attraverso specifiche assemblee, ad accettare il passaggio in Marvecsfarma e in X-Pharma, così come hanno accettato che venissero licenziati tutti gli ISF appartenenti ad una linea sottoscrivendo accordi nei quali concordavano con l’azienda, insieme alla Rsu, la infungibilità degli ISF e quindi la non possibile utilizzazione degli ISF di una linea in un’altra linea della medesima azienda perché ISF con professionalità diverse. Probabilmente in buona fede nell’intento di salvaguardare in qualche modo l’occupazione.

La firma degli accordi, che hanno permesso alle aziende farmaceutiche di licenziare 15.000 ISF negli ultimi anni, ha fruttato alle OOSS firmatarie degli accordi migliaia di tessere sindacali, talune pagate direttamente dalle aziende (dichiarazione ISF Merck-X-Pharma) e spese di transazione a carico degli ISF da 170 a 1.500 € per ogni ISF che rinunciava a ricorrere in tribunale nei confronti dell’azienda e non avere più altro a pretendere (verbale di conciliazione).

Una pagina vergognosa per un sindacato che, per fortuna, non c’è più.

 

Redazione Fedaisf

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