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Privacy, serve ok del paziente per lasciare ricette in farmacia

Medici di famiglia attenti: la prassi di lasciare la ricetta cartacea in farmacia, pur ammessa dal garante della privacy, dev’essere autorizzata dal paziente e deve essere l’eccezione e non la regola. Lo ribadiscono il Codice deontologico dei farmacisti

Venerdì, 21 Novembre 2014 – Doctor33

Medici di famiglia attenti: la prassi di lasciare la ricetta cartacea in farmacia, pur ammessa dal garante della privacy, dev’essere autorizzata dal paziente e deve essere l’eccezione e non la regola. Lo ribadiscono il Codice deontologico dei farmacisti e una nota di Federfarma: il primo all’articolo 15 ricorda che indirizzare prescrizioni in farmacia senza il consenso del paziente può configurare accaparramento di clientela, sanzionabile deontologicamente; la seconda afferma che la prassi andrebbe adottata quando il paziente è impossibilitato a recarsi in studio.

In ogni caso, come spiega l’avvocato Paola Ferrari nel tutorial “Riservatezza e marketing in farmacia”, il transito della ricetta dallo studio al negozio va autorizzato con espressa delega del paziente al farmacista o meglio al suo collaboratore delegato al trattamento dei dati personali. Il farmacista potrà ritirare la ricetta del curante, aprirla e prenotare il farmaco. Ogni altra prassi – ricorda del resto la stessa Federfarma nella nota già citata – andrebbe contro il diritto del cittadino di scegliersi liberamente la farmacia configurato all’articolo 15 della legge 475/1968.

«Bene il consolidarsi di un quadro di regole, ma con l’avvento nelle regioni della ricetta dematerializzata è probabile che tra qualche mese l’attenzione mediatica in tema di privacy si sposti verso altri temi», ammette Paolo Misericordia, medico di famiglia a capo del Centro studi Fimmg, società che cura l’informatizzazione per il sindacato Fimmg. «La dematerializzazione delle ricette consente al paziente di scegliere liberamente la farmacia dove recarsi per la dispensazione del farmaco, e supera i suddetti problemi, a meno che a qualche collega non venga in mente di dirottare in farmacia i promemoria cartacei. Si aprono invece altre questioni, a mio avviso di portata minore. Ad esempio, il medico renderà disponibili al sistema d’accoglienza, e dunque ad Asl, regione, ministero dell’economia, i dati sensibili del paziente prima ancora che questi metta piede in farmacia per ritirare le medicine, e dia l’assenso implicito con questa azione a rendere i propri dati fruibili al sistema. In realtà, il consenso del paziente s’intende già ottenuto dal medico in precedenza, ma i contenuti del rapporto di diagnosi e cura tornano in primo piano rispetto a pur importanti questioni di “procedura”».

Mauro Miserendino

Redazione Fedaisf

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