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SANGUE, EMERGENZA NAZIONALE

Fazio: «Al limite della disponibilità». Sicilia, interventi rinviati Meno donazioni degli statali dopo il decreto anti-fannulloni

Palermo, Catania, Messina e Caltanissetta sono rimaste a secco. Non c’era più una goccia di sangue, la scorsa settimana. Emergenza rossa. Quest’anno più grave che in passato, tanto che l’Ispettorato regionale per la Sanità dell’isola ha chiesto aiuto al ministero con una specifica domanda di importazione di sacche. Per essere autosufficienti ce ne vorrebbero almeno 1.700 in più. La Regione ha rivolto un appello speciale ai donatori, per rimpinguare le scorte. La situazione resta molto pesante e non c’è giorno in cui interventi programmati non debbano essere rimandati. Spesso, per non rinunciare, i parenti del malato fanno la colletta del sangue. L’assessore alla Sanità Massimo Russo ha lanciato una nuova campagna per richiamare volontari ai centri trasfusionali. Intanto bisogna svoltare agosto. Poi si vedrà: «È diminuito il numero dei nuovi donatori – dice Giacomo Scalzo, responsabile del Centro sangue della Sicilia -. Siamo passati dai 25 mila del 2004 ai 20 mila del 2007. Occorre lavorare sui giovani, spronarli, eliminare la diffidenza e in certi casi l’atteggiamento preconcetto». Non solo. La necessità di sacche è aumentata di pari passo con la creazione di nuove unità di chirurgia. La Sicilia resta una delle maggiori importatrici di oro rosso, ma non è un caso isolato. Il Nord produce ed esporta. Il Sud arranca. Nel Lazio l’insufficienza è ormai cronica e un po’ tutto il Meridione è lontano dalle medie nazionali ed europee, 41,5 unità di globuli rossi ogni 1.000 abitanti. Altro elemento di crisi, la difficoltà di Regioni di solito virtuose. Lombardia, Emilia Romagna e Marche hanno consumato più del previsto e di conseguenza non sono riuscite a compensare con le loro provviste le sofferenze croniche in altre aree della penisola. «Siamo al limite della disponibilità. I programmi sono saltati anche perché si eseguono interventi particolari che richiedono molto sangue. Pensiamo ad esempio al trapianto di uno stesso fegato su due pazienti. Chirurgia di eccellenza che però impone sforzi supplementari di trasfusioni», spiega il sottosegretario al Welfare Ferruccio Fazio che ha spronato le Regioni a rilanciare campagne di sensibilizzazione. Quest’estate sono rimasti sguarniti ospedali saldamente autosufficienti come Careggi a Firenze, il Sant’Orsola di Bologna, il Niguarda di Milano. L’assessore alla Sanità della Toscana Enrico Rossi ha richiamato le aziende sanitarie alla politica del buon uso del sangue. C’è anche il problema dell’appropriatezza, dello spreco. Giro di vite che ha permesso di recuperare il 30% dello svantaggio. Sono 1 milione e 600 mila i donatori italiani periodici, cioè che con regolarità si recano ai centri per il prelievo. Il 4,5% della popolazione tra 18 e 65 anni. Rispetto alla media nazionale sono al di sotto tutte le Regioni del Centro-Sud tranne Marche, Sardegna e Molise. Al di sopra si attesta tutto il Nord, ad eccezione del Trentino. Nonostante le campagne di sensibilizzazione si fa molta fatica a conquistare nuovi volontari periodici e ciò è dovuto anche ai pregiudizi che circondano questo gesto di solidarietà e alla scarsa fiducia da parte di alcuni nei confronti del servizio sanitario. Un po’ come avviene per la donazione di organi. Secondo una recente indagine di Altroconsumo, su 2.130 italiani non donatori, il 50% dichiarano che non lo faranno mai e poi mai nella vita, il 30% giustificano il loro atteggiamento con la pigrizia e il 70% perché hanno paura delle siringhe o delle infezioni che potrebbero contrarre. Non sempre nobili le motivazioni dei donatori: il 14% lo fanno per migliorare l’autostima, il 18% per curiosit&agra

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