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Sospetti di comparaggio tra farmacisti e medici a Messina. Accaparramento ricette?

Sospetti di comparaggio in farmacie di Messina, da Ordine farmacisti esposto a tre Procure

Ordine Farmacisti Provincia di Roma – 23 luglio 2020

L’Ordine dei farmacisti di Messina, con un esposto firmato dal suo presidente Sergio Papisca (nella foto) presentato a ben tre Procure della Repubblica (quelle del capoluogo, di Barcellona Pozzo di Gotto e di Patti), ha chiesto ai magistrati di fare luce su “iniziative discutibili” ed “eventuali accordi illeciti” messi in atto da alcune farmacie mediante “politiche aggressive di accaparramento di ricette e di comparaggio”, con conseguenti danni per le farmacie vicine, posti in essere “anche attraverso altre modalità che causerebbero grave danno alla salute pubblica e danno erariale”.

Un j’accuse molto pesante, che – sulla scorta di una serie di lamentele provenienti da titolari di farmacia iscritti all’ordine messinese che Papisca e il suo direttivo hanno voluto raccogliere, dando loro corso –  non solo prefigura lesioni del dettato deontologico della professione di farmacista, ma integra gli estremi di diversi reati di rilevanza penale.

Ad anticipare la notizia è stato nel tardo pomeriggio di ieri Farmacista33,  riferendo i contenuti dell’esposto, che è stato inviato anche ad Asp Messina, Nas, Guardia di Finanza e Polizia postale. L’atto evidenzia le diverse modalità attraverso le quali – secondo le lagnanze raccolte dall’Ordine e sottoposte alla valutazione dell’autorità giudiziaria- si sostanzierebbe l’attività illecita di comparaggio tra farmacisti e medici: dal semplice consiglio al paziente per indirizzarlo con la ricetta a una determinata farmacia (con lesione del suo diritto di libera scelta) alla consegna diretta, da parte del medico, della ricetta alla farmacia “di fiducia”, sia in modalità diretta sia per via telematica. Una pratica, questa, che sarebbe stata in qualche modo favorita dall’emergenza pandemica, malintendendo un’ordinanza del capo della Protezione civile (la n. 651 del 19 marzo 2020) che , per limitare la mobilità dei cittadini e i conseguenti rischi di contagio, autorizzava il medico a trasmettere all’assistito (e non alla farmacia) il numero di ricetta elettronica durante il periodo emergenziale. 

La, diciamo così, “disinvolta” interpretazione di questa apertura dettata da esigenze di sanità pubblica ha dato impulso negli ultimi mesi a una serie di comportamentei e alla nascita addirittura di “servizi” border line che hanno destato dubbi, perplessità ma anche sconcerto e  proteste all’interno delle professioni medica e farmaceutica, costringendo agli straordinari i rispettivi ordini professionali  e le loro federazioni per chiarire ai loro iscritti che, ai sensi delle norme vigenti,  il medico di famiglia non può inviare direttamente in farmacia la ricetta dematerializzata di un suo assistito.

L’esposto dell’Ordine di Messina, però, va oltre: fa riferimento ad “accordi illeciti che provocano danni e storture al sistema sanitario regionale” e invita gli organi competenti a indagare su ipotesi di reato molto gravi, ad applicare cioè un controllo su “ricette/fatturati Ssn delle farmacie che presentano anomalie di trend”, elementi tutti in possesso della Asp Messina; sui “flussi telematici tra gli studi medici e le farmacie suddette, elementi facilmente accertabili dalla Polizia postale” e infine di effettuare “un controllo incrociato tra le ricette dematerializzate di determinati medici che confluiscono sistematicamente e in maniera massiccia verso alcune e determinate farmacie”.

Si tratterà ora di vedere quali saranno gli sviluppi dell’iniziativa assunta dall’Ordine messinese, che nell’occasione ha interpretato alla lettera il suo ruolo di garante del rispetto della “dottrina dei doveri” del farmacista. Intanto, en passant non sarà inutile ricordare che – per il solo reato di comparaggio – il codice penale prevede per i medici l’arresto fino a un anno e un ammenda da 400 a 1000 euro (decreto legislativo n. 219/06) e, in caso di condanna,  la sospensione dall’esercizio della professione per un periodo pari alla durata della pena inflitta.  Per i farmacisti, indipendentemente dalla condanna penale, il prefetto può, con decreto, ordinare la chiusura della farmacia fino a 3 mesi e, in caso di recidiva, pronunciare la decadenza dall’esercizio.


Nota.

Il reato di comparaggio fra medico e farmacista.

Come noto il termine Comparaggio, nell’Ordinamento Giuridico Italiano, sta ad individuare la condotta penalmente rilevante tenuta da un medico e/o un farmacista che stringa un accordo illecito con un’azienda farmaceutica al fine di favorirne la vendita dei prodotti a fronte di pagamento o promessa di danaro o qualsivoglia altra utilità, per se o per terzi.

Il reato di Comparaggio, introdotto per la prima volta in Italia con il R.D. n. 1265/1934 e oggi regolamentato ex D.Lgs. n. 216/2006, risulta essere una fattispecie di reato affine e concorrente con il reato di Corruzione, in quanto alla sua base si ritrova la censura di un accordo collusivo a contenuto patrimoniale tra un soggetto privato e un soggetto che svolge attività di rilevanza pubblica.

Meno noto è il comparaggio dovuto all’accordo fraudolento tra farmacista e medico con lo scopo di permettere al primo di ottenere il maggior numero di ricette mediche sottraendo clienti alle altre farmacie, compiendo così una vera e propria forma di concorrenza sleale, e al secondo di ottenere in cambio somme di danaro o altri vantaggi, come, ad esempio, viaggi totalmente pagati, nuovi pazienti, ovvero l’utilizzo in totale gratuità di locali di proprietà dell’esercizio farmaceutico a scopo ambulatoriale.

Le modalità con cui il reato di Comparaggio tra medici e farmacisti può prendere forma sono le più varie: dalla semplice azione del medico curante che consiglia, abusando della fiducia del suo paziente, una specifica farmacia per l’acquisto di uno specifico prodotto, alla pratica diffusa per la quale il medico consegna direttamente la ricetta alla farmacia di “fiducia” nella quale il paziente è costretto a recarsi, finanche, nei casi più gravi, ad arrivare al punto in cui è il farmacista ad indicare al medico quali farmaci prescrivere.

Per quanto le condotte su descritte e tenute da medici e farmacisti risultino giuridicamente e socialmente riprovevoli e censurabili, purtroppo, il Comparaggio resta una fattispecie di reato di difficile dimostrabilità, delineandosi un caso di vera e propria probatio diabolica, poiché è necessario riuscire a dimostrare che non sussista alcuna possibilità che il medico abbia prescritto un tipo specifico di medicinale, invece che un altro, per considerate motivazioni terapeutiche, oltre al fatto che tale reato è caratterizzato da un termine di prescrizione particolarmente breve destinato a inibire ogni tentativo di accertamento del medesimo.

Fonte: Il reato di comparaggio: Tra l’inefficacia della norma e la disinformazione dei cittadini. A cura di Dr. Valerio Ciani, discente del Master Anticorruzione, Terza Edizione.

 

Redazione Fedaisf

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