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TAR Lazio. Il medico di medicina generale non opera con libertà assoluta ma con discrezionalità

Tar Lazio Sentenza N. 592/20 – MMG – Modalità prescrittive dei farmaci biologici

“Il medico di medicina generale non opera con libertà assoluta ma con discrezionalità, il che significa che nel prescrivere farmaci deve applicare altresì il canone di buona amministrazione (proprio in qualità di pubblico ufficiale) e dunque garantire – si ripete – il contemperamento di interessi (quello alla salute e l’altro al risparmio delle risorse pubbliche) tra di loro non sempre convergenti. Di qui l’esigenza di motivare e dunque di giustificare le proprie scelte, soprattutto laddove queste si indirizzino verso opzioni obiettivamente più costose per le finanze pubbliche”. Pertanto la motivazione in caso di scelta diversa dal biosimilare costituisce onere proporzionato, tenuto soprattutto conto del ruolo che il medico di medicina generale svolge nell’ambito del SSN (ove tra l’altro opera alla stregua di pubblico ufficiale).

FNOMCeO – 4 febbraio 2020

FATTO e DIRITTO: 1. Viene impugnata la nota dirigenziale regionale, in epigrafe indicata, con cui si comunica alle strutture del servizio sanitario l’esito della gara finalizzata alla fornitura di prodotti farmaceutici per la distribuzione territoriale alle aziende sanitarie regionali. Più in particolare: il lotto 86 è stato assegnato ad Italfarmaco (odierna ricorrente) per la molecola Lenograstim, mentre i lotti 85, 135 e 136, riguardanti la molecola Filgrastim, sono stati assegnati ad Accord Healthcare Italia s.r.l. ed Hospira Italia s.r.l.

La nota impugnata fa inoltre presente, con particolare riguardo al principio attivo Filgrastim, “che l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha fornito alla Regione Lazio parere positivo riguardo l’equivalenza terapeutica per i fattori di crescita granulocitari, per cui i clinici dovranno utilizzare in via prioritaria il principio attivo filgrastim riservando le altre molecole per eventuali eccezioni cliniche motivate”.

Il parere AIFA cui si riferisce la nota impugnata è quello in data 7 dicembre 2016 con cui è stata effettuata una valutazione di equivalenza terapeutica ex art. 15, comma 11-ter, d.l. 95/2012, dei medicinali lenograstim e filgrastim (originator e biosimilare), da utilizzare alla stregua di fattori di stimolazione delle colonie nell’indicazione terapeutica: “Riduzione della durata della neutropenia e dell’incidenza di neutropenia febbrile in pazienti trattati con chemioterapia citossica standard per affezioni maligne (con eccezione della LMC e delle sindromi mielodisplastiche)”. Tale parere formava oggetto di specifico ricorso (NRG 6628 del 2017) da parte di Italfarmaco, società questa che commercializza il farmaco lenograstim (originator) e che dunque accuserebbe un certo pregiudizio economico dal riconoscimento della suddetta equivalenza terapeutica.

2. Italfarmaco impugnava dunque anche la richiamata nota regionale sia per motivi di illegittimità derivata dal suddetto parere AIFA (di cui avrebbe mutuato i medesimi vizi) sia per motivi di illegittimità diretta della nota stessa. Questi in particolare i motivi di illegittimità derivata: a) omessa comunicazione di avvio del procedimento diretto al riconoscimento della equivalenza terapeutica; b) difetto di istruttoria; c) eccesso di potere sotto il profilo del travisamento dei presupposti di fatto nonché della irragionevolezza ed illogicità delle valutazioni al riguardo compiute dai competenti organismi AIFA. Questi invece i motivi di illegittimità diretta: d) violazione e falsa applicazione dell’art. 15 d.l. 95/2012 nella parte in cui la Regione Lazio non avrebbe tenuto conto che il richiamato parere AIFA non prevede il principio dell’equivalenza terapeutica per i seguenti casi: riduzione durata neutropenia in pazienti (con neoplasia non mieloide) sottoposti a terapia mieloablativa, seguita da trapianto di midollo osseo (BMT) e considerati ad aumentato rischio di neutropenia grave prolungata; mobilizzazione delle cellule progenitrici del sangue periferico (PBPC) nei pazienti e anche nei donatori sani; e) violazione e falsa applicazione dell’art. 15 d.l. 95/2012 nella parte in cui la Regione Lazio, incentivando la prescrizione di filgrastim biosimilare, avrebbe illegittimamente condizionato la libertà prescrittiva del medico stesso.

3. Non si costituivano in giudizio gli enti intimati.

4. Alla pubblica udienza del 12 novembre 2019 le parti rassegnavano le proprie rispettive conclusioni ed il ricorso veniva infine trattenuto in decisione.

5. Tutto ciò premesso il ricorso è infondato e deve essere rigettato per le ragioni di seguito indicate.

6. Vanno innanzitutto rigettati i motivi che risiedono nella illegittimità derivata dal richiamato provvedimento AIFA del 7 dicembre 2016. Qui di seguito le motivazioni riguardanti il suddetto ricorso n. 6628 del 2017:

“7. Quanto alla omessa comunicazione di avvio del procedimento osserva il collegio che, alla luce delle controdeduzioni formulate dalla intimata amministrazione nel presente giudizio, il contenuto del provvedimento finale non avrebbe potuto essere diversamente concepito, e tanto con ogni conseguenza in ordine alla applicazione di quanto previsto dall’art. 21-octies, comma 2, secondo periodo, della legge n. 241 del 1990, a norma del quale “Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”. Di qui il rigetto della specifica censura.

8. Parimenti deve essere rigettato il motivo riguardante il difetto di istruttoria in quanto risulta, per tabulas, come l’intimata amministrazione abbia fatto adeguato ed esaustivo ricorso, prima di pervenire alla contestata valutazione di equivalenza terapeutica, ad ampia letteratura scientifica (cfr. Bibliografia allegata alla nota informativa in data 9 novembre 2016) nonché alle principali Linee Guida pubblicate, anche di rilievo internazionale, e tra queste le raccomandazioni della American Society of Clinical Incology (ASCO). Si vedano in tal senso gli allegati 6 (documento istruttorio preliminare) e 7 (citata nota informativa AIFA del 9 novembre 2016) di cui alla produzione della Avvocatura erariale. Anche tale motivo deve dunque essere rigettato.

9. Quanto alla censura riguardante l’erroneità dei presupposti e l’illogicità delle valutazioni compiute circa la contestata equivalenza terapeutica, osserva preliminarmente il collegio come quello della commissione AIFA costituisca senz’altro giudizio connotato da discrezionalità tecnica: pertanto occorre dimostrare anche l’abnormità di un siffatto giudizio onde poter demolire la eventuale determinazione finale. In altre parole, il relativo sindacato giurisdizionale deve attestarsi su riscontrati (e prima ancora dimostrati) vizi di manifesta erroneità o di evidente illogicità del giudizio stesso, ossia sulla palese inattendibilità della valutazione espressa dalla stessa commissione AIFA.

A tale specifico riguardo osserva infatti il collegio che il sindacato del giudice sulla discrezionalità tecnica, quale è quello che caratterizza la valutazione di equivalenza terapeutica tra medicinali, non può sfociare nella sostituzione dell’opinione del giudice a quella espressa dall’organo dell’amministrazione ma è piuttosto finalizzato a verificare se il potere amministrativo sia stato esercitato mediante utilizzo delle regole conforme a criteri di logicità, congruità e ragionevolezza. Sicché un tale sindacato rimane limitato ai casi di macroscopiche illegittimità, quali errori di valutazione gravi ed evidenti oppure valutazioni abnormi o inficiate da errori di fatto, pena un’inammissibile invasione della sfera propria della P.A.

Il parere della commissione AIFA costituisce pertanto atto di esercizio di ampia discrezionalità tecnica e il sindacato del giudice amministrativo è di tipo intrinseco debole (o di attendibilità), limitato cioè alla verifica della sussistenza di vizi sintomatici dell’eccesso di potere quali la palese carenza di istruttoria e l’abnorme travisamento dei fatti nonché la evidente illogicità e incongruenza delle valutazioni espresse.

9.1. Tanto doverosamente premesso, della sussistenza di tali vizi la difesa di parte ricorrente non ha nella specie fornito sufficienti elementi di prova. Manca in altre parole la dimostrazione circa la abnormità e la evidente illogicità del giudizio espresso dalla competente commissione AIFA.

Le affermazioni riportate negli atti defensionali e nelle predette relazioni di parte si rivelano infatti inidonee a superare il giudizio della competente commissione AIFA, data la loro genericità o comunque la mera sovrapponibilità dei relativi giudizi espressi rispetto alle valutazioni operate, al riguardo, dalla Commissione Consultiva Tecnico Scientifica di AIFA.

9.2. Valutazioni queste secondo cui, in particolare: “l’indicazione terapeutica posta in equivalenza dalle Regioni Lazio e Puglia “Riduzione della durata della neutropenia e dell’incidenza di neutropenia febbrile in pazienti trattati con chemioterapia citotossica standard per affezioni maligne (con eccezione della LMC e delle sindromi mielodisplastiche)” risulta coincidente con quelle riportate nel punto 4.1 del Riassunto delle Caratteristiche del prodotto delle specialità medicinali a base di filgrastim e lenograstim oggetto di valutazione ed è, pertanto, considerata congrua e sovrapponibile”. Ed ancora, quanto alla congruità delle formulazioni farmaceutiche, che: “Non si riscontrano criticità rispetto alle formulazioni farmaceutiche delle specialità medicinali a base di filgrastim e lenograstim oggetto di valutazione”. Infine, quanto alle valutazioni comparative di efficacia e sicurezza in base alle principali evidenze di letteratura, che: “Le evidenze scientifiche dimostrano che non esistono differenze nel profilo di efficacia e sicurezza dei farmaci a base dei principi attivi filgrastim e lenograstim nell’indicazione terapeutica “Riduzione della durata della neutropenia e dell’incidenza di neutropenia febbrile in pazienti trattati con chemioterapia citotossica standard per affezioni maligne (con eccezione della LMC e delle sindromi mielodisplastiche)” nella popolazione adulta e nei bambini di età superiore a due anni”. Si veda al riguardo la citata nota informativa in data 9 novembre 2016, poi integralmente riportata nel provvedimento in questa sede impugnato.

9.3. Ebbene, pur a fronte di tale chiara determinazione la difesa di parte ricorrente:

9.3.1. Si è limitata ad affermare in via del tutto generica che: “quanto evidenziato non implica assolutamente che per questo motivo i prodotti siano da considerarsi equivalenti tra loro” (cfr. pag. 19 ricorso introduttivo); “le conclusioni cui è pervenuta l’AIFA circa la perfetta sovrapponibilità di lenograstim e filgrastim non sono affatto condivise in campo scientifico” (cfr. pag. 20 ricorso introduttivo);

9.3.2. Ha affermato in via piuttosto dubitativa che: “solo studi clinici e un’efficace farmacovigilanza forniranno prove definitive che un biosimilare sia paragonabile al prodotto di riferimento in termini di efficacia e sicurezza” (cfr. pag. 16 ricorso introduttivo);

9.3.3. Ha riportato alcuni personali giudizi secondo cui: “Il secondo studio citato sub 13 della bibliografia di AIFA … risulta metodologicamente inappropriato a dimostrare una differenza tra filgrastim e lenograstim in quanto non è descritto un calcolo della dimensione del campione e l’analisi statistica appare solo descrittiva” (cfr. pagg. 16 e 17 ricorso introduttivo); “la letteratura citata dall’AIFA al fine di addivenire alla positiva valutazione di equivalenza terapeutica di filgrastim e lenograstim non avalla affatto le conclusioni cui è pervenuta l’Agenzia” (cfr. pag. 18 ricorso introduttivo); “Il complesso delle considerazioni che precedono dimostra inequivocabilmente che né la letteratura citata da AIFA né tanto meno le LG prese in considerazioni da AIFA sono idonee alla formulazione del giudizio di equivalenza espresso dall’Agenzia, che quindi appare immotivato e carente sotto il profilo istruttorio, con conseguente violazione di tutte le norme e i principi indicate in epigrafe” (cfr. pag. 20 ricorso introduttivo nonché pag. 13 memoria depositata in data 14 ottobre 2019); l’utilizzo di lenograstim “si traduce, nella pratica clinica, in una maggiore protezione dei pazienti sottoposti a chemioterapia citotossici nei confronti delle infezioni” (cfr. pagg. 20 e 21 ricorso introduttivo). Di qui “La maggior efficacia terapeutica” di tale farmaco originator (cfr. pag. 15 memoria 14 ottobre 2019);

9.4. Palese, dunque, come si tratti di affermazioni o giudizi del tutto sovrapponibili, in termini di merito tecnico, rispetto a quelle effettuate della competente commissione AIFA, senza che la difesa di parte ricorrente abbia in alcun punto messo in discussione le conclusioni di siffatto organismo sul piano della palese incongruità o della manifesta erroneità.

Non sono state in altre parole prodotte ulteriori allegazioni e specificazioni utili a corroborare una simile tesi, dirette ossia a dimostrare l’assoluta e radicale inidoneità, in termini funzionali, dei prodotti ritenuti equivalenti sul piano della efficacia terapeutica.

Si tratterebbe dunque di una valutazione di mera opinabilità dei giudizi espressi dalla competente commissione AIFA, destinata in quanto tale a sfociare nella sostituzione o meglio – si ripete – nella sovrapposizione dell’opinione del giudice rispetto a quella espressa dall’organo tecnico della intimata amministrazione (più che evidente, un simile aspetto, nella parte in cui la difesa di parte ricorrente afferma che il proprio farmaco sia dotato di “maggior efficacia terapeutica”): di qui la sua integrale inammissibilità, proprio alla luce di un ormai (e sopra partitamente descritto) consolidato orientamento giurisprudenziale in tema di sindacato sulla discrezionalità tecnica.

9.5. Ne deriva da quanto complessivamente detto la infondatezza delle tesi di parte ricorrente e, di conseguenza, il rigetto altresì della specifica censura”.

7. Quanto invece alle censure formulate in via diretta avverso la nota regionale:

7.1. La prima di esse [sub lettera d)] è infondata dal momento che:

7.1.1. La nota regionale non prevede in alcuna parte che, oltre al caso di cui al parere AIFA [riguardante, si rammenta, la riduzione della durata della neutropenia e dell’incidenza di neutropenia febbrile in pazienti trattati con chemioterapia citossica standard per affezioni maligne (con eccezione della LMC e delle sindromi mielodisplastiche)], la prescrizione preferenziale per filgrastim valga anche per gli altri due casi indicati nel ricorso [ossia, si ripete: riduzione durata neutropenia in pazienti (con neoplasia non mieloide) sottoposti a terapia mieloablativa, seguita da trapianto di midollo osseo (BMT) e considerati ad aumentato rischio di neutropenia grave prolungata; mobilizzazione delle cellule progenitrici del sangue periferico (PBPC) nei pazienti e anche nei donatori sani];

7.1.2. Ora, per il principio di conservazione degli atti giuridici, di cui all’art. 1367 c.c., in presenza di varie interpretazioni egualmente possibili dell’atto va preferita quella maggiormente conforme alla legge (scelta del significato legittimo);

7.1.3. Va da sé che la nota regionale debba dunque essere interpretata nel senso che il richiamo al suddetto parere AIFA è da intendersi operato nei soli limiti dell’oggetto (sopra partitamente individuato) di cui al parere stesso;

7.1.4. Di qui il rigetto della specifica censura;

7.2. La seconda di esse [sub lettera e)] è anch’essa infondata dal momento che:

7.2.1. Privilegiare il biosimilare non vuol dire allo stesso tempo inibire l’originator;

7.2.2. La motivazione in caso di scelta diversa dal biosimilare costituisce onere proporzionato, tenuto soprattutto conto del ruolo che il medico di base svolge nell’ambito del SSN (ove tra l’altro opera alla stregua di pubblico ufficiale) e del contemperamento che il medesimo deve pertanto assicurare tra due diverse finalità, la tutela diretta della salute e – in ogni caso – anche quella indiretta del risparmio pubblico (alla c.d. spending review anche i medici di base debbono comunque fattivamente contribuire);

7.2.3. Ciò ovviamente nella misura in cui sia riconosciuto – come è riconosciuto nella specie – una certa equivalenza terapeutica tra i due medicinali;

7.2.4. Del resto il medico di base non opera con libertà assoluta ma con discrezionalità, il che significa che nel prescrivere farmaci deve applicare altresì il canone di buona amministrazione (proprio in qualità di pubblico ufficiale) e dunque garantire – si ripete – il contemperamento di interessi (quello alla salute e l’altro al risparmio delle risorse pubbliche) tra di loro non sempre convergenti;

7.2.5. Di qui l’esigenza di motivare e dunque di giustificare le proprie scelte, soprattutto laddove queste si indirizzino verso opzioni obiettivamente più costose per le finanze pubbliche;

7.2.6. Ne consegue anche in questo caso il rigetto della specifica censura.

8. In conclusione il ricorso è infondato, per tutte le ragioni sopra evidenziate, e deve di conseguenza essere rigettato.

Stante la mancata costituzione in giudizio degli enti qui intimati il collegio ritiene, in ogni caso, di non doversi esprimere sul regime delle spese di lite.

Autore: Marcello Fontana – Ufficio Legislativo FNOMCeO

TAR Lazio. Sentenza 592/2020  06661/2017 REG.RIC.

Redazione Fedaisf

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