Torino – Pazienti anziani, fragili, stabilizzati dalla terapia. Il medico di famiglia chiede al governo che le sue ricette non siano sostituite in farmacia ogniqualvolta c’è un farmaco generico disponibile. Giusto è sensibilizzare la categoria a prescrivere medicinali "unbranded", altra cosa è imporre la sostituzione della specialità di marca. Inoltre, anche se tutti i generici approvati in Italia sono essenzialmente simili alla molecola-madre, ciò non significa che siano simili tra loro; e in Italia, a differenza che in America, non ci sono liste di trasparenza che tengano conto della diversa biodisponibilità dei generici in circolazione. I generalisti temono in particolare le sostituzioni tra farmaci copia in farmacia su pazienti a rischio di scarsa aderenza alla terapia. Il tema torna nel documento della Fimmg sulla politica del farmaco (Corriere Medico del 27 gennaio 2009). Già un anno fa, a un convegno Aifa, Saffi Ettore Giustini, esperto di politiche del farmaco della Società italiana di medicina generale (Simg), replicò a chi sollecitava attenzione alle differenze in termini di bioequivalenza tra generico e originator solo per i principi attivi a basso indice terapeutico (antiepilettici e tutti quelli in genere che richiedono posologie personalizzate perché danno risposte cliniche diverse da un soggetto all’altro a parità di dose) spiegando che il generalista dovrebbe avere l’ultima parola tanto sui principi a basso indice terapeutico quanto in tutti i casi di pazienti anziani, fragili o stabilizzati da farmaci "branded". Subito uscì un documento della Simg su questa posizione. Oggi il documento del sindacato Fimmg sollecita l’introduzione di un orange book all’americana in Italia. Alcuni lettori ci chiedono se la Fimmg consideri "errate" le liste di trasparenza dell’Agenzia del farmaco, magari perché includono farmaci non paragonabili per caratteristiche tecnologiche o per i quali non sia stata provata la bioequivalenza. «Nulla di tutto ciò. L’Aifa i controlli li fa e la normativa garantisce i pazienti. Ma non risulta si confrontino tra loro i prodotti con i quali il farmacista può sostituire la nostra prescrizione. In America, invece, il confronto avviene e le liste degli equivalenti sono aggiornate mensilmente», spiega Roberto Venesia, generalista torinese, tra gli ispiratori del testo Fimmg. « Q u a n d o noi generalisti prescriviamo siamo responsabili di una sperimentazione; esponiamo il paziente ad effetti prevedibili e ad altri imprevedibili; a tal punto siamo responsabilizzati che, se sbagliamo prescrizione, rimborsiamo il Ssn. Quando invece il farmacista sostituisce la specialità da noi prescritta con il prodotto copia, che per lui comporta minori sforzi di approvvigionamento, non risponde di persona; ma se ci sono rischi per il paziente e per l’efficacia della terapia rispondiamo noi. In Italia non mi risulta l’obbligo per il farmacista di consultare una lista di trasparenza; Xorange book invece è un ‘must’ per tutti i sanitari Usa». Il documento della Fimmg sostiene la diffusione del generico. «Ci sono pregiudizi – ammette Venesia – anche in parte della categoria; sento tuttora dire che i generici possono contenere concentrazioni di principio attivo entro un range del più o meno 20 per cento. Nella pratica, la variazione tra un originator e il suo generico è più o meno del 3 per cento. Venti per cento è l’intervallo di confidenza ammesso se si rapportano le concentrazioni, i tempi di permanenza e le curve di azione di un farmaco equivalente e del suo originator. Gli studi di bioequivalenza generico-originator in Europa verificano se questi tre indicatori sono comparabili». Si osserva talora che questi studi riflettono la variabilità del comportamento di copia e originator su
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