NewsNote di redazione

World Economic Forum a Davos. La pandemia ha prodotto 40 nuovi miliardari nel settore farmaceutico. N.d.R.

È opinione diffusa che, proprio a causa delle fratture geopolitiche, il Forum di Davos conterà sempre meno, fino a giustificare chi lo considerava un’adunata mondiale di miliardari famosi, i quali discettavano dei destini del mondo, ma senza incidervi più di tanto, tranne che per i loro interessi personali. Un aspetto, quest’ultimo, documentato in ogni edizione dal rapporto Oxfam sulla ricchezza dei miliardari, messa a confronto con la crescente povertà. Anche quest’anno i dati Oxfam, che si batte contro le povertà, confermano il solito divario: grazie alla pandemia, i ricchi sono diventati ancora più ricchi e numerosi, e i poveri sempre più poveri. (Italia Oggi)

Le multinazionali di tre settori (energia, farmaceutica e alimentari) hanno fatto registrare negli ultimi due anni una crescita della loro ricchezza superiore a quella registrata nei 23 anni precedenti.

Negli ultimi 2 anni i miliardari che controllano le grandi imprese nei settori alimentare e energetico hanno visto aumentare le proprie fortune al ritmo di 1 miliardo ogni 2 giorni, mentre 1 milione di persone ogni 33 ore rischia di sprofondare in povertà estrema nel 2022

Oggi la ricchezza dei miliardari è pari al 13,9% del Pil mondiale, oltre 3 volte la quota del 2000. I 20 individui più ricchi del pianeta hanno patrimoni che valgono più dell’intero PIL dell’Africa subsahariana

I 10 uomini più ricchi del mondo hanno più che raddoppiato i loro patrimoni, passati da 700 a 1.500 miliardi di dollari, al ritmo di 15.000 dollari al secondo, 1,3 miliardi di dollari al giorno.

Nello stesso periodo si stima che 163 milioni di persone siano cadute in povertà a causa della pandemia.

Non solo il nostro sistema economico si è trovato impreparato a tutelare i diritti delle persone più vulnerabili ed emarginate quando la pandemia ha colpito, ma ha favorito coloro che sono già estremamente ricchi e potenti e che hanno sfruttato questa crisi per il proprio profitto. 

In apertura del meeting annuale del World Economic Forum di Davos, la fotografia delle crescenti disuguaglianze globali.

Mentre aumentano vertiginosamente i prezzi al consumo dei prodotti alimentari e dei beni energetici e la spirale della povertà estrema rischia di inghiottire 1 milione di persone ogni giorno e mezzo nel 2022, i super ricchi che controllano le grandi imprese nei settori alimentare e dell’energia continuano ad accrescere le proprie fortune, aumentate dall’inizio della pandemia di 453 miliardi di dollari, al ritmo di 1 miliardo di dollari ogni due giorni.

In apertura del meeting annuale del World Economic Forum in presenza a Davos Oxfam, organizzazione impegnata nella lotta alle disuguaglianze, rilascia nuovi allarmanti dati che fotografano scandalose iniquità a livello globale.

“I miliardari a Davos potranno brindare all’incredibile impulso che le loro fortune hanno ricevuto grazie alla pandemia e all’aumento dei prezzi dei generi alimentari e dell’energia,–  ha detto Gabriela Bucher, direttrice esecutiva di Oxfam International  – ma allo stesso tempo decenni di progressi nella lotta alla povertà estrema rischiano di essere vanificati con milioni di persone lasciati senza mezzi per poter semplicemente sopravvivere”.

La pandemia ha prodotto 573 nuovi miliardari, uno ogni 30 ore, mentre, quest’anno, un milione di persone ogni 33 ore potrebbe finire in condizione di povertà estrema, vale a dire 263 milioni.

La ricchezza dei miliardari è aumentata, in termini reali, più in 24 mesi di COVID-19 che nei primi 23 anni delle rilevazioni di Forbes ed è ora equivalente al 13,9% del PIL mondiale,una quota più che triplicata dal 4,4% del 2000.

La marcata concentrazione della ricchezza – e di potere economico – nelle mani di pochi è il risultato di politiche di lungo corso, di decenni di liberalizzazioni e deregolamentazione della finanza e del mercato del lavoro, di anni in cui le regole del gioco sono state fortemente condizionate da interessi particolari a detrimento della maggioranza dei cittadini. – ha aggiunto Bucher – Privatizzazioni, emersione di nuovi monopoli, ricorso ai paradisi fiscali e sfrenato arricchimento per pochi; insicurezza, sfruttamento, assenza di diritti e sforzi scarsamente riconosciuti e ricompensati per troppi altri. La pandemia ha esacerbato le disuguaglianze e ridotto sul lastrico molte persone. Milioni oggi non hanno sufficiente cibo o soldi per riscaldarsi. In Africa orientale, una persona rischia di morire di fame ogni minuto. Siamo di fronte a una disuguaglianza paradossale, tossica che rischia di spezzare i legami che tengono insieme la nostra società”.

RICCHEZZA E REDDITI SEMPRE PIU CONCENTRATI

  • Oggi, 2.668 miliardari – 573 in più rispetto al 2020 – possiedono una ricchezza netta pari a 12.700 miliardi di dollari, con un incremento pandemico, in termini reali, di 3.780 miliardi di dollari.
  • I 20 miliardari più ricchi del mondo hanno patrimoni che valgono più dell’intero PIL dell’Africa subsahariana.
  • Su scala globale, un lavoratore che si trova nel 50% degli occupati con retribuzioni più basse dovrebbe lavorare per 112 anni per guadagnare quello che un lavoratore nel top 1% guadagna in media in un solo anno.
  • L’elevata informalità dell’economia e i sovraccarichi del lavoro cura hanno tenuto fuori dalla forza lavoro 4 milioni di donne in America Latina e nei Caraibi.

Ogni 4 secondi 1 persona muore per mancanza di accesso alle cure, per gli impatti della crisi climatica, per fame, per violenza di genere

La disuguaglianza sta ora prolungando il corso della pandemia. Ad esempio, mentre i monopoli detenuti da Pfizer, BioNTech e Moderna hanno permesso alle loro società di guadagnare oltre 1.000 dollari al secondo, meno dell’1% dei loro vaccini ha raggiunto le persone nei Paesi a basso reddito e, in paesi già falcidiati da guerre e conflitti interni, manca la cosa più semplice per proteggersi dal Covid-19: l’acqua pulita.

VACCINI A 24 VOLTE IL COSTO DI PRODUZIONE MA L’87% DEL MONDO POVERO NON E’ VACCINATO

La pandemia ha prodotto 40 nuovi miliardari anche nel settore farmaceutico che ha registrato negli ultimi due anni profitti da capogiro. Imprese come Moderna e Pfizer hanno realizzato 1.000 dollari di profitto al secondo grazie al solo vaccino COVID-19 e, nonostante abbiano usufruito di ingenti risorse pubbliche per il suo sviluppo, fanno pagare ai governi le dosi fino a 24 volte in più rispetto al costo di produzione stimato, anteponendo gli utili alla tutela della salute globale in un mondo in cui l’87% dei cittadini nei paesi a basso reddito non ha ancora completato il ciclo vaccinale.

“È scandaloso che alcuni abbiano accumulato ricchezze, negando a miliardi di persone l’accesso ai vaccini o approfittando dell’aumento dei prezzi alimentari ed energetici. – conclude Bucher – A due anni dall’inizio della pandemia, con più di 20 milioni di morti stimate dovute al COVID-19 e una crisi economica drammatica, i leader dei governi hanno il dovere morale di promuovere misure nell’interesse dei più, soprattutto delle persone più vulnerabili, e non dei pochi”.

Oxfam raccomanda ai governi di:

  • porre fine all’apartheid vaccinale sospendendo i brevetti, favorendo la condivisione di know-how e tecnologia sui vaccini COVID-19, investendo in centri di produzione di vaccini nel Sud del mondo, redistribuendo immediatamente ed equamente le dosi esistenti e mantenendo le promesse di donazione fatte, secondo un calendario concordato che consenta l’implementazione di un’efficace campagna vaccinale nei Paesi a basso reddito.

Fonte Oxfam Italia

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N.d.R.:

Che le aziende farmaceutiche vadano alla ricerca del profitto appare del tutto ovvio, dato che non sono opere pie o onlus. Indubbiamente però c’è modo e modo per avere profitti, ma questo dipende soprattutto dal sistema economico finanziario imperante che non riguarda solamente le aziende farmaceutiche.

La globalizzazione, intesa come la finanziarizzazione dell’economia, la riforma del mercato del lavoro, l’attacco ai sindacati, la liberalizzazione dei movimenti di capitali, entra nella filosofia che sta alla base di molte decisioni e scelte delle imprese in generale e, nel nostro caso, farmaceutiche. Questa filosofia ha trasformato le imprese da istituzioni, per così dire, sociali in cui si intrecciavano gli interessi dei lavoratori, dei proprietari, delle comunità territoriali, dello Stato, dei fornitori, in puri flussi di cassa. Il criterio dominante è la massimizzazione del valore per l’azionista. La sola cosa che conta per l’azionista è il valore di mercato dell’impresa indicato dal corso dei titoli azionari. Gli interessi di lavoratori, fornitori, comunità locali, sono irrilevanti. Come irrilevanti sono i criteri che un tempo indicavano il successo di un impresa, come la dimensione raggiunta, il fatturato, il numero di dipendenti, la leadership tecnologica, la posizione di mercato. Sotto lo slogan ‘semplificare deregolando’ (deregulation) si à nascosta la volontà di smantellare diritti importanti, a partire da quelli del lavoro.

Da qui non assumere dipendenti con contratti stabili, da qui le pressioni affinché i lavoratori e sindacati diano prova di “moderazione salariale”, da qui la chiusura di unità produttive il cui rendimento, anche se elevato, risulti inferiore alla media delle società concorrenti, da qui il ricorso a cessioni di ramo d’azienda, alla mobilità, ai licenziamenti collettivi. Non a caso quando si annunciano operazioni di questo genere le azioni di quell’impresa che ha fatto l’annuncio salgono.

I sostenitori di questa filosofia affermano che se aumenta il reddito dei più ricchi la crescita economica accelera a beneficio anche dei più poveri. L’esperienza di questi anni ha dimostrato purtroppo che non è così.

C’è di più: molte aziende hanno ricevuto massicci benefici dai governi, senza che fossero condizionati all’impiegarli per fare anche il bene pubblico. Negli Usa per esempio l’industria farmaceutica riceve 40 miliardi di dollari all’anno di investimenti, che andrebbero utilizzati non solo per sviluppare i farmaci che servono ma anche per renderli disponibili a costo sostenibile per la popolazione. Purtroppo, siamo abbastanza lontani dal vederlo succedere: per lo più siamo con un modello economico in cui le aziende “estraggono” valore dal pubblico. Questo sistema sta timidamente mostrando motivi di cedimento, ma ancora non sappiamo quale possa essere un nuovo modello economico.

La Spagna prova un nuovo modello economico con la riforma del lavoro di Yolanda Díaz, ministro del lavoro, che, limitando fortemente l’utilizzo dei contratti a termine e precari in generale, ha fatto impennare i posti stabili: 700 mila solo in aprile, il numero più alto di sempre. Assunzioni a tempo solo per picchi di produzione, sostituzioni, stagionalità. Lo strumento usato per disboscare gli abusi di contratti a termine è la causale da apporre e anche l’aggravio di contribuzione sui contratti precari, In Italia l’86% dei contratti dura meno di sei mesi, in tutti i settori anche nel pubblico (La Repubblica).

La riforma spagnola è frutto di un ampio consenso tra il governo e i sindacati, ma è stata fortemente osteggiata dall’opposizione. L’accordo in Spagna può essere un modello da cui attingere buone prassi, spunti di riflessione, idee per superare, definitivamente, un problema trasversale che ha minato gli equilibri nel mercato del lavoro. Creando disparità, aumentando le diseguaglianze e fratturando, ripetutamente, le maglie della coesione sociale. Il precariato poi va contro la natura umana: il cervello non riesce a vivere in uno stato di perenne incertezza per il futuro.

 

Redazione Fedaisf

Promuovere la coesione e l’unione di tutti gli associati per consentire una visione univoca ed omogenea dei problemi professionali inerenti l’attività di informatori scientifici del farmaco.

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