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“La lobby di Big Pharma”

 

di Michele Bocci e Fabio Tonacci

«Egregio onorevole… ». Comincia così la lettera che deputati e senatori italiani si sono ritrovati nella posta elettronica 24 ore dopo la batosta della maxi multa da 180 milioni di euro inflitta dall’Antitrust a Novartis e Roche per lo scandalo Avastin. «Tengo a condividere con Lei, nell’attesa di poterlo fare di persona, che ci troviamo in forte disaccordo con i presupposti di quell’inchiesta…». Big Pharma aveva bisogno di parlare, di spiegare, di convincere. E il Parlamento è solo uno dei luoghi dove “premere”. Forse il più importante, ma non l’unico.
Corsie degli ospedali, ambulatori, convegni, aule di università: ogni luogo è utile quando si deve promuovere un nuovo flacone, una molecola innovativa, una lozione.
Basta individuare le persone o gli enti la cui voce ha un certo peso al momento degli acquisti. Prima di tutto i medici. Dalla borsa di studio pagata per dare uno stipendio al professore associato all’appuntamento scientifico in estate in località turistica. «I dottori vengono tutti studiati e schedati – racconta a Repubblica, con la garanzia dell’anonimato, un dirigente di una delle più grandi aziende del settore – per individuare quelli su cui fare pressione. Ci sono gli “autorevoli”, che hanno capacità di persuasione sugli altri, “gli inutili”, i “sensibili alle novità”, che basta presentargli le stesse gocce con un nome diverso e li hai già convinti». Poco male se, come nella vicenda Avastin-Lucentis, ci sono studi che ne hanno dimostrato l’eguale efficacia.
«Egregio onorevole…», scrive Novartis. Due cartelle firmate dall’amministratore delegato Georg Schroeckenfuchs per dire che «il nostro operato è sempre stato corretto» e che è «a disposizione per dare tutte le risposte necessarie ». Arrivando addirittura al mite consiglio di evitare ogni riforma della prassi dell’off label «fatta su basi emotive». Proprio così, su basi emotive. Insomma, una vistosa excusatio non petita.
Diretta ai parlamentari, acquista un sottotesto che suona più o meno così: avete affossato quel comma 3 del decreto Balduzzi che modificava il regime dell’uso “fuori etichetta” dei medicinali, eccone le conseguenze. La lobby del farmaco lo sa. Chi votò quegli emendamenti, pure.
L’Avastin, per esempio. Prodotto dalla Roche per alcune forme di cancro del colon. Dal 2005 gli oculisti di tutta Europa cominciarono a utilizzarlo off label, cio&egrav

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