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Abbiamo una banca e ce la teniamo

Lucia Aleotti (Menarini) con il fratello ha investito 170 milioni nell’istituto. E non se ne è pentita. «Avanti anche con nuovi soci» dice. «Ma oltre al credito, in Toscana serve anche un aeroporto».

di Martino Cavalli

Meno di un anno fa assieme al fratello Alberto Giovanni ha preso la decisione di investire 170 milioni di euro per acquistare il 4 per cento del Monte dei Paschi di Siena, a circa 0,37 euro per azione. Così i rappresentanti della nuova generazione della famiglia Aleotti (farmaceutici Menarini) sono diventati il secondo azionista dell’istituto senese, subito dopo la fondazione, e Alberto Giovanni è entrato nel consiglio dì amministrazione. Oggi però quell’azione vale 0,22 euro, il che significa che circa 70 milioni si sono vaporizzati. Ma Lucia Aleotti non si perde d’animo, anche perché a dire il vero l’estate scorsa, nel cuore della tempesta dello spread che stava travolgendo l’Italia, il titolo aveva fatto anche di peggio, scendendo fino a quota 0,16 euro. Per fortuna che il gruppo Menarini, multinazionale da oltre 3 miliardi di fatturato, produce anche farmaci per malattie cardiovascolari, perché evidentemente tenere il titolo Mps in portafoglio non è affare per cuori deboli.

Signora Aleotti, non sí può dire che puntando su Siena abbiate fatto un buon affare, almeno per adesso…

I valori di carico si valutano se si decide di vendere. Sono valori teorici che adesso non ci preoccupano. Noi siamo entrati nell’Mps in un’ottica di lungo termine ed è nel lungo termine che valuteremo l’investimento.

Se la fondazione scende dall’attuale 37,5 per cento, magari in modo consistente, rischiate di non essere più il primo socio privato, visto che nel frattempo dovrebbe saltare anche il tetto del 4 per cento per ogni singolo azionista.

Levare il tetto mi sembra ragionevole.

E l’eventuale dismissione di una quota della fondazione?

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