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Contratto espansione. Dal 30 giugno possibilità di prepensionamento fino a 7 anni? Il testo dell’emendamento governativo

Prosegue l’iter alla Camera del disegno di legge n. 1807 di conversione in legge del decreto Crescita. Il sottosegretario al lavoro Claudio Durigon e il viceministro all’Economia Laura Castelli hanno annunciato la presentazione di un emendamento governativo che prevede l’introduzione del contratto di espansione per favorire le nuove assunzioni e per superare le criticità connesse ai contratti di solidarietà (difensivi ed espansivo) poco utilizzati dalle imprese. Di cosa si tratta? Quali sono le differenze con i contratti di solidarietà? Quali i vantaggi?

Pensionamento anticipato sino a un massimo di 7 anni per i dipendenti delle grandi aziende.

I lavoratori delle grandi aziende, con più di mille dipendenti, potranno pensionarsi con un anticipo sino a 7 anni, grazie al nuovo contratto di espansione, introdotto da un emendamento al decreto Crescita. Di che cosa si tratta?

In pratica, le imprese firmatarie di un contratto di espansione, finalizzato al rinnovamento dell’azienda, potranno pensionare tutti coloro ai quali non mancano più di 7 anni all’uscita con pensione di vecchiaia o anticipata, pagando ai lavoratori cessati un’indennità sino alla maturazione dei requisiti per il trattamento.

L’indennità mensile potrà essere liquidata anche in un’unica soluzione e sarà commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto.

Rispetto all’isopensione, l’attuale scivolo che consente ai lavoratori delle aziende con oltre 15 dipendenti di pensionarsi con un anticipo di 7 anni, il contratto di espansione prevede che l’impresa assuma nuovo personale a tempo indeterminato o con contratto di apprendistato professionalizzante per compensare, anche parzialmente, le cessazioni. Inoltre, non è previsto l’obbligo di presentare all’Inps una fideiussione.

La misura risulta più simile, invece, al cosiddetto “prepensionamento Quota 100”, o “staffetta generazionale”, in quanto per quest’ultima misura è previsto che ad ogni prepensionamento debba seguire un’assunzione incentivata (possono prepensionare i lavoratori senza assumerne di nuovi, comunque, le aziende in crisi). Ricordiamo che la staffetta generazionale consente l’uscita anticipata per coloro che maturano i requisiti per la Quota 100 entro il 31 dicembre 2021. A differenza di quanto previsto in relazione al contratto di espansione, però, questo pensionamento anticipato è finanziato sia dall’azienda che dal fondo interprofessionale a cui aderisce.

Oltre alla possibilità di andare in pensione 7 anni prima, col contratto di espansione è anche possibile che l’azienda richieda una riduzione oraria (cassa integrazione) sino al 100%.

Le imprese potranno stipulare i contratti di espansione, previo accordo con i sindacati, se avvieranno una modifica strutturale dei processi finalizzati al progresso e allo sviluppo tecnologico, che abbia come obiettivo il rinnovamento dell’azienda

Il contratto di espansione dovrà essere firmato al ministero del Lavoro, e indicare il numero di contratti a tempo indeterminato o di apprendistato professionalizzante attivati per compensare i prepensionamenti.

La misura dovrebbe diventare operativa entro il 30 giugno, perché entro questa data è prevista la conversione in legge del decreto Crescita.

In pensione sette anni prima quindi, grazie a un maxi fondo pubblico, ma solo per le grandi aziende che imboccano la via della trasformazione tecnologica. È quanto prevede un emendamento al decreto crescita presentato dai relatori Raphael Raduzzi (M5S) e Giulio Centemero (Lega) nelle commissioni Bilancio e Finanze della Camera.  In via sperimentale per il 2019 e il 2020, con una spesa rispettivamente di 40 e 30 milioni di euro, le grandi imprese con un organico superiore alle mille unità potranno realizzare dei pre pensionamenti con scivoli di 7 anni.

L’emendamento fissa il perimetro di applicazione della misura. “Nell’ambito dei processi di reindustrializzazione e riorganizzazione”, si spiega, le imprese che avviano uno “strutturale” sviluppo tecnologico dell’attività potranno stipulare “un contratto di espansione con il ministero del lavoro e le associazioni sindacali” con la previsione di nuove assunzioni. Per i lavoratori che invece si trovano “a non più di 84 mesi” dalla pensione “il datore di lavoro riconosce per tutto il periodo e fino al raggiungimento del diritto” una indennità mensile “liquidabile in unica soluzione commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro così come determinato dall’Inps”. [fonte “La legge per tutti“]

Notizie correlate: Decreto crescita Gazzetta Ufficiale

Approvato il Decreto Crescita: introdotto il contratto di espansione. Scivolo di cinque anni per i lavoratori di aziende con almeno 1.000 dipendenti


Atto Camera 1807

Proposta emendativa 26.026. nelle Commissioni riunite V-VI in sede referente riferita al C. 1807 pubblicata nel Bollettino delle Giunte e Commissioni del 03.06.2019 Decreto Legge 34/2019

Dopo l’articolo 26, inserire il seguente:

Art. 26-bis.

(Sostegno alle imprese nei processi di sviluppo tecnologico).

  1. Il titolo III del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, è sostituito dal seguente:

«Titolo III

Contratto di espansione

Art. 41.

(Contratto di espansione)

  1. In via sperimentale per gli anni 2019 e 2020, entro il limite complessivo di spesa di 40 milioni di euro per l’anno 2019 e di 30 milioni di euro per l’anno 2020, nell’ambito dei processi di reindustrializzazione e riorganizzazione delle imprese con un organico superiore a 1.000 unità lavorative che comportano, in tutto o in parte, una strutturale modifica dei processi aziendali finalizzati al progresso e allo sviluppo tecnologico dell’attività, nonché la conseguente esigenza di modificare le competenze professionali in organico mediante un loro più razionale impiego e, in ogni caso, prevedendo l’assunzione di nuove professionalità, l’impresa può avviare una procedura di consultazione, secondo le modalità e i termini di cui all’articolo 24, finalizzata a stipulare in sede governativa un contratto di espansione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o con le loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero con la rappresentanza sindacale unitaria.

  2. Il contratto di cui al comma 1 è di natura gestionale e deve contenere:

   a) il numero dei lavoratori da assumere e l’indicazione dei relativi profili professionali compatibili con i piani di reindustrializzazione o riorganizzazione;

   b) la programmazione temporale delle assunzioni;

   c) l’indicazione della durata a tempo indeterminato dei contratti di lavoro, compreso il contratto di apprendistato professionalizzante di cui all’articolo 44 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. In deroga alle disposizioni di legge e di contratto collettivo e fermi restando gli obblighi di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in relazione ai contratti di apprendistato professionalizzante avviati ai sensi del presente articolo, gli obblighi formativi si intendono interamente assolti qualora il datore di lavoro abbia impartito o fatto impartire esclusivamente l’insegnamento necessario per il conseguimento della competenza tecnica professionale e specialistica, il quale può essere completamente svolto utilizzando l’opera del lavoratore in azienda mediante la sola applicazione pratica;

   d) relativamente alle professionalità in organico, la riduzione complessiva media dell’orario di lavoro e il numero dei lavoratori interessati, nonché il numero dei lavoratori che possono accedere al trattamento previsto dal comma 5.

  3. In deroga agli articoli 4 e 22, l’intervento straordinario di integrazione salariale può essere richiesto per un periodo non superiore a 18 mesi anche non continuativi.

  4. Ai fini della stipula del contratto di espansione, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali verifica il progetto di formazione e di riqualificazione nonché il numero delle assunzioni.

  5. Per i lavoratori che si trovino a non più di 84 mesi dal conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia o anticipata, nell’ambito di procedure di non opposizione, il datore di lavoro riconosce per tutto il periodo e fino al raggiungimento del primo diritto a pensione, a fronte della risoluzione del rapporto di lavoro, un’indennità mensile, liquidabile anche in unica soluzione, commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, così come determinato dall’INPS. Qualora il primo diritto a pensione è quello previsto per la pensione anticipata, il datore di lavoro versa anche i contributi previdenziali utili al conseguimento del diritto con esclusione del periodo già coperto dalla contribuzione figurativa a seguito della risoluzione del rapporto di lavoro.

  6. La prestazione di cui al comma 5 del presente articolo può essere riconosciuta anche per il tramite dei fondi di solidarietà bilaterali di cui all’articolo 26, già costituiti o in corso di costituzione, senza l’obbligo di apportare modifiche ai relativi atti istitutivi.

  7. Per i lavoratori che non si trovano nella condizione di beneficiare della prestazione prevista dal comma 5 è consentita una riduzione oraria cui si applicano le disposizioni previste dagli articoli 3 e 6. La riduzione media oraria non può essere superiore al 30 per cento dell’orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati al contratto di espansione. Per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell’orario di lavoro può essere concordata, ove necessario, fino al 100 per cento nell’arco dell’intero periodo per il quale il contratto di espansione è stipulato.

  8. L’impresa è tenuta a presentare un progetto di formazione e di riqualificazione che può intendersi assolto anche qualora il datore di lavoro abbia impartito o fatto impartire l’insegnamento necessario per il conseguimento di una diversa competenza tecnica professionale, rispetto a quella in cui è adibito il lavoratore, utilizzando l’opera del lavoratore in azienda anche mediante la sola applicazione pratica. Ai lavoratori di cui al presente comma si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste dall’articolo 24-bis. Il progetto che è parte integrante del contratto di espansione descrive i contenuti formativi e le modalità attuative, il numero complessivo dei lavoratori interessati, il numero delle ore di formazione, le competenze tecniche professionali iniziali e finali, è distinto per categorie e garantisce le previsioni stabilite dall’articolo 1, comma 1, lettera f), del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali n. 94033 del 13 gennaio 2016.

  9. Gli accordi stipulati ai sensi del comma 5 e l’elenco dei lavoratori che accettano l’indennità, ai fini della loro efficacia, devono essere depositati secondo le modalità stabilite dal decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 25 marzo 2016, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 120 del 24 maggio 2016. Per i lavoratori di cui al primo periodo, le leggi e gli altri atti aventi forza di legge non possono in ogni caso modificare i requisiti per conseguire il diritto al trattamento pensionistico vigenti al momento dell’adesione alle procedure previste dal comma 5.

  10. Il contratto di espansione è compatibile con l’utilizzo di altri strumenti previsti dal presente decreto legislativo, compreso quanto disposto dall’articolo 7 del decreto del Sottosegretario di Stato al lavoro, alla salute e alle politiche sociali 10 luglio 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 178 del 3 agosto 2009, come modificato dal decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 10 ottobre 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 214 dell’11 novembre 2014.

  11. Le risorse economiche di cui al comma 1 eventualmente non utilizzate in ciascun anno restano disponibili per gli anni successivi».

  2. Il comma 6 dell’articolo 26 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, è sostituito dal seguente:

  «6. Gli oneri di amministrazione di ciascun fondo di cui al comma 1 sono determinati secondo i criteri definiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, tenendo conto che la gestione dei fondi rientra prevalentemente nelle finalità pubbliche perseguite dall’INPS. Gli oneri di cui al presente comma hanno effetto a decorrere dal 1o gennaio 2020».

  3. I contratti di solidarietà espansiva sottoscritti ai sensi dell’articolo 41 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore del presente articolo e le relative agevolazioni continuano ad applicarsi fino al termine dei periodi considerati

I Relatori 

In Commissione: RADUZZI Raphael, per la Commissione V Bilancio e Tesoro, CENTEMERO Giulio, per la Commissione VI Finanze.



 

 


Pensione Quota 41, chi può ricorrervi?

Che cos’è la pensione Quota 41, quali sono i requisiti per accedervi e quali categorie di lavoratori possono richiederla.

Banco Lavoro – Robero Rais – 16/04/2019

Tra i vari “canali” utilizzabili dai lavoratori per poter andare in pensione, vi è anche la possibilità di ricorrere a Quota 41, la misura che in alcune ipotesi permette di anticipare ulteriormente la data in cui finire la propria attività lavorativa. Come intuibile, infatti, il lavoratore che ricorre a Quota 41 può andare in pensione indipendentemente dalla sua età anagrafica, a patto che consegua 41 anni di età contributiva. Ne deriva che, in termini potenziali, chi ha avviato la propria attività lavorativa a 18 anni, potrebbe ambire ad andare in pensione a “soli” 59 anni. Ma chi può beneficiare di questa eventualità, che l’esecutivo vorrebbe peraltro estendere a tutti i lavoratori nel corso dei prossimi anni?

Quota 41: i requisiti

Per poter comprendere pienamente chi siano i lavoratori che possono realmente andare in pensione con Quota 41, giova innanzitutto rammentare quali siano i requisiti che bisognerebbe soddisfare:

  • età contributiva: come anticipato, è necessario che il lavoratore abbia maturato almeno 41 anni di contributi validi ai fini pensionistici;
  • lavoro precoce: il lavoratore deve essere “precoce”, nel senso che deve aver maturato almeno 12 mesi di contributi prima di aver compiuto i 19 anni di età anagrafica;
  • appartenere a una delle classi di maggiore tutela che l’iniziativa di legge ha voluto prevedere, e che il governo vorrebbe ora estendere a più categorie, fino a – potenzialmente – includere tutti i lavoratori.

Pensione con Quota 41: quali sono i profili di tutela

Per poter schematizzare in maniera sintetica e più semplice il panorama delle varie ipotesi, le abbiamo riportate nei 5 punti del seguente elenco:

  • disoccupati: lavoratori dipendenti che oggi non sono occupati a causa di licenziamento, dimissioni per giusta causa, risoluzione consensuale, che non abbiano percepito la Naspi per almeno tre mesi;
  • caregiver: lavoratori dipendenti o lavoratori autonomi che da almeno sei mesi di tempo stanno assistendo il coniuge o un parente di primo grado, convivente, affetto da handicap, o un parente o affine entro il secondo grado di parentela, ammesso che conviva e se i genitori o il coniuge della persona affetta da handicap abbia compiuto il 70mo anno di età, o siano essi stessi invalidi o deceduti;
  • invalidi: lavoratori dipendenti o lavoratori autonomi che abbiano un grado di invalidità (ovvero, di abbassamento delle proprie potenzialità lavorative) almeno pari al 74%;
  • gravosi: ci si riferisce in questo caso alle 15 categorie di professioni che la l. 205/2017 elenca. Dunque, non basta essere un lavoratore che svolge un’attività gravosa per poter accedere alla pensione in Quota 41, perché il lavoratore deve aver rispettato anche gli altri due requisiti del precedente paragrafo. Inoltre, i lavoratori che svolgono attività gravose devono aver effettivamente condotto tale professione per almeno sei anni, in via continuativa, negli ultimi sette anni, o per almeno sette anni negli ultimi dieci anni;
  • usuranti o notturni: si tratta in questo ultimo caso di lavoratori che svolgono attività usuranti come definite dall’art. 2 del d.m. 19 maggio 1999 del Ministero del Lavoro (si pensi a chi lavora in cava o in miniera), o che sono notturni, ovvero lavorano per almeno 6 notti, per almeno 64 giorni lavorativi, o coloro che prestano lavoro per almeno 3 ore tra le 24 e le 5 del mattino nell’intero anno lavorativo. Rientrano in questo ultimo punto anche i lavoratori che sono inseriti all’interno di una catena di montaggio, o i conducenti di veicoli con capienza pari ad almeno 9 posti, utilizzati per il trasporto pubblico collettivo.

Per poter comprendere chi possa andare effettivamente in pensione con Quota 41, è dunque utile cercare di capire quali siano i profili di tutela che il legislatore ha evidentemente ritenuto essere meritevoli di questa opportunità di anticipo del trattamento pensionistico.

Redazione Fedaisf

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