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Così le Regioni boicottano il farmaco contro l’epatite C. “Pronte solo 50mila dosi”

Alcune non hanno neanche comunicato dove somministrarlo.

Paolo Russo – 13 gennaio 2015 – LA STAMPA

Federico GELLI PDIl super farmaco contro l’epatite C resta una chimera per larga parte dei 50 mila pazienti in condizioni gravi, che un mese fa avevano brindato all’inserimento del Sofosbuvir nell’elenco dei medicinali rimborsati dallo Stato. A denunciarlo sono un’interrogazione parlamentare del deputato Pd Federico Gelli e l’associazione dei malati Epac. Il presidente, Ivan Gardini, sta monitorando la situazione e, al momento, la pillola che promette di eradicare il virus in sole 12 settimane sarebbe somministrato a carico del Servizio Sanitario pubblico solo in Veneto, Lazio e Lombardia.

Altrove chi vuole curarsi deve accendere un mutuo, perché comprare in farmacia le scatolette necessarie per completare un ciclo terapeutico costa la bellezza di 70 mila euro.

( … continua)

 

La corsa al farmaco che sconfigge l’epatite C: “Pronte solo 50mila dosi”

ROMA – C’è un farmaco in grado di cancellare una malattia un tempo quasi imbattibile, c’è un numero ampio ma chiuso di persone alle quali verrà dato gratuitamente e una quantità ancora più grande di malati che chiedono informazioni, chiamano le associazioni e i centri epatologici per sapere se e quando toccherà anche a loro. Insomma, è iniziata la corsa alla cura. Il sofosbuvir (nome commerciale Sovaldi) è un medicinale costosissimo e rivoluzionario, perché in grado di far guarire da una patologia diffusissima come l’epatite C. In Italia è finalmente entrato nel prontuario nel dicembre scorso, 11 mesi dopo l’approvazione europea. Grazie a una trattativa estenuante l’Aifa (Agenzia del farmaco) sostiene di aver strappato un prezzo favorevole che per non danneggiare il produttore, la Gilead Sciences, non viene reso noto. Nel contratto sarebbe previsto l’acquisto di ben 50 mila dosi in due anni. Serviranno a chi fa parte di una delle sei categorie di pazienti gravi (per esempio quelli con cirrosi) individuate da Aifa. I problemi pratici adesso sono due: mettere effettivamente in cura queste persone nei centri delle varie Regioni, alcune delle quali ancora molto indietro, e spiegare ai malati che non rischiano la vita che devono aspettare.

A meno che non vogliano spendere di tasca propria 70 mila euro, il costo del farmaco per il privato cittadino. Non è ben chiaro in quanti abbiano l’epatite C in Italia. Le persone con la malattia diagnosticata sarebbero almeno tra le 4 e le 500 mila, di cui 70-80 mila in condizioni serie o gravi. Il sistema concordato per il pagamento sarebbe questo: la casa farmaceutica metterà a disposizione ogni trattamento da 12 settimane per 50 mila euro e poi, via via che aumenterà il numero di dosi acquistate dalle Regioni, restituirà una parte sempre più consistente del denaro. Sono previste tre o quattro fasce di sconto, l’ultima permetterà di pagare il Sovaldi poche migliaia di euro. Quando saranno state acquistate tutte le 50mila dosi, la media del costo per un paziente si aggirerà tra i 20 e i 30mila euro. Potrebbe così bastare a pagare Gilead il miliardo di euro in due anni messo nella legge di Stabilità dal ministro della Salute Lorenzin e preso dal fondo sanitario nazionale. L’arrivo del sofosbuvir in Italia è una grande conquista ma ci sono ancora scogli da superare. Alcune Regioni sono indietro. “Lazio e Lombardia sono partite con la somministrazione ma altre realtà devono ancora individuare i centri epatologici che seguiranno i pazienti.

C’è addirittura qualcuno che ha ridotto il numero di queste strutture. Se per fine gennaio non saranno partite tutte per bene ci arrabbieremo “. A parlare è Ivan Gardini, il presidente di EpaC, che con i suo 10mila iscritti è l’associazione di malati più grande. Riguardo al modo in cui vengono selezionati i primi pazienti non ha niente da ridire: “Aifa ha individuato i più gravi. Ma c’è comunque una corsa al farmaco, ci contattano persone che vogliono sapere se rientrano nelle categorie che avranno il Sovaldi. E qualcuno ci ha chiesto informazioni su eventuali azioni giudiziarie da intraprendere per avere il medicinale. Noi diciamo che per ora tocca a chi sta peggio ma più avanti bisogna aprire a tutti. Non ci dimentichiamo che tra sei mesi arriveranno nuovi farmaci simili al sofosbuvir e molto efficaci. A quel punto, grazie alla concorrena, la cura dovrà essere data a chiunque, non solo a 50 mila malati: devono togliere le limitazioni di accesso.

14/01/15 – notiziario italiano

Aceti (Tdm): sofosbuvir è Lea, Governo intervenga su Regioni inadempienti

Che ci siano rallentamenti da parte delle Regioni nell’accesso alla terapia è confermato dalle segnalazioni che ci arrivano e per questo ci aspettiamo un intervento dal Governo rispetto alle regioni inadempienti. Ci rendiamo conto delle difficoltà economiche delle amministrazioni e per questo ci auguriamo che sia immediatamente disponibile il fondo previsto nella legge di Stabilità. A fare il punto sulla situazione dell’accesso al sofosbuvir, dopo le proteste riportate dalla stampa nazionale, è Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva. «Ci risultano segnalazioni pervenute ad alcune sezioni locali dei tribunali del malato» spiega. «Esiste quindi una difficoltà ad accedere concretamente al farmaco con una situazione che sembra replicare quanto successo due anni fa circa, con la precedente terapia (Boceprevir e telaprevir), in cui si è verificato da parte delle regioni un rallentamento all’accesso per i pazienti aventi diritto a causa delle tempistiche nell’individuazione dei centri prescrittori, che in alcuni casi hanno richiesto anche sei mesi. E il problema è che, ultimata questa fase, ci sono poi tutti gli adempimenti burocratici che si scontrano anche con la questione delle risorse che mancano». Una situazione quindi «su cui chiediamo fin da ora l’attenzione del Governo perché si faccia garante dell’accesso alla terapia per i pazienti che ne hanno diritto e intervenga nel caso di Regioni inadempienti. Ci aspettiamo in sostanza un’azione sussidiaria da parte del Governo, come prevede la Costituzione, perché non va dimenticato che tale farmaco rientra nei Lea». Detto questo, «abbiamo chiaro le problematiche economiche delle Regioni legate tanto al prezzo ingente del farmaco quanto alla norma della Stabilità che ha imposto ulteriori contributi alla finanza pubblica generale di quattro miliardi. Il problema delle risorse c’è. Ma è anche per questo che per facilitare le Regioni a garantire l’accesso alla terapia ci aspettiamo che la norma sul fondo per i farmaci innovativi contenuta nella Stabilità, che dovrebbe mettere sul piatto un miliardo di euro in due anni, sia concretamente attivabile e non rimanga una previsione solamente su carta». Una misura questa che «riteniamo un segnale importante nel garantire l’accesso ai farmaci innovativi, ma verso la quale non possiamo non rilevare una serie di questioni aperte che ci auguriamo, nel caso dovessero avere ricadute su un immediato utilizzo del fondo, vengano risolte al più presto». Tra queste, «osserviamo che si tratta di un fondo che va a sommarsi a uno già esistente destinato agli innovativi (per altro con la speranza che per il sofosbuvir siano state ultimate tutte le pratiche per godere di tale diritto), senza contare il fatto che ancora oggi manca una definizione di quali farmaci possano dirsi innovativi e quali no. E poi non bisogna dimenticare che i soldi sono stati presi entro il fondo sanitario nazionale e in particolare da fondi destinati a obiettivi di piano nazionale, con il rischio che vengano sottratti ad altre aree assistenziali». È chiaro che in questo contesto, «per quanto ci riguarda, ci siamo attivati per essere presenti al massimo grado come osservatori e per la tutela dei pazienti, mettendo in campo tutte le azioni necessarie a supporto».

Francesca Giani- Giovedì, 15 Gennaio 2015 – Doctor33

 

 

 

 

Redazione Fedaisf

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