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farmaci da banco al supermarket

Aspirina Esselunga, sciroppino per la tosse Coop, a costi più o meno stracciati? Non è questo lo scenario che si prospetta per le misure approvate una settimana fa dal Consiglio dei ministri che stanno riempiendo le piazze di tassisti in rivolta, ma hanno anche mandato su tutte le furie i farmacisti. Si tratterà, qualora la manovra entri in vigore per decreto, solo della vendita di una manciata di farmaci da banco (dall’ inglese over the counter, sopra il banco, letteralmente) nei supermercati sotto il controllo e l’ occhio vigile del farmacista.
Alzata di scudi di una categoria in camice bianco che si sente improvvisamente minacciata (viene, tra l’ altro, superato il principio ereditario per i titolari di farmacia) e depauperata – è innegabile – di una fonte di guadagno, circa il 10% del loro fatturato. Una maggiore offerta stimola all’ acquisto, contrattaccano i farmacisti. Se, poi, quest’ acquisto avviene a prezzi particolarmente vantaggiosi (si calcola che nella grande distribuzione si possa arrivare ad un calo del 30% e oltre), il rischio è che gli italiani facciano scorte di medicinali da banco e li buttino giù al primo malessere, esattamente come fanno gli americani, che possono acquistare farmaci ovunque e a dosi da cavallo.
Ma nei Paesi europei che hanno aperto la strada a questa liberalizzazione della vendita, pur in maniera molto limitata, come la Gran Bretagna una decina di anni fa e, di seguito, l’ Olanda e la Danimarca, questo sfrenato consumismo non è comparso. «Nel Regno Unito i farmaci da banco sono divisi in due categorie: una ristretta a pochissimi prodotti che è possibile acquistare anche nelle drogherie, dal benzinaio e nei supermercati, l’ altra, più ampia, di medicinali che possono essere venduti anche in catene di empori che prevedono la sezione farmaceutica, ma sempre sotto il controllo del farmacista. Si tratta di antinfiammatori, analgesici, antiacidi, antiulcera, antistaminici – precisa Livio Garattini, direttore del Centro di economia sanitaria (Cesav) dell’ Istituto M. Negri di Ranica, nei dintorni di Bergamo – . Tutto disciplinato e regolamentato, perciò: niente mercato selvaggio. Ho l’ impressione che in Italia si tenda e si voglia continuare ad identificare la farmacia con il farmacista. Mentre sono, ovviamente due cose diverse. Quello che la manovra del ministro Bersani va ad intaccare è l’ esclusività del luogo dove può operare il farmacista. Anzi, ritengo che questi nuovi punti vendita del supermercato possano rappresentare un’ ottima occasione di occupazione per i giovani laureati. E non dimentichiamo l’ indiscutibile abbassamento dei prezzi: perché gli italiani devono continuare a pagare questi medicinali più degli inglesi o degli olandesi?».
Alle farmacie oggi molti rimproverano di essere diventate dei grandi empori dove, sulla scia della credibilità dei farmaci, si vende di tutto, dai cosmetici alle scarpe. «È questo uno dei motivi che mi vede favorevole alla manovra del governo – commenta GianPaolo Velo, professore di farmacologia all’ Università di Verona e direttore del centro di riferimento dell’ Organizzazione mondiale della sanità per l’ informazione e la comunicazione sull’ uso corretto dei farmaci – . Il farmacista deve tornare a fare il suo lavor spiegare gli effetti di quel medicinale, consigliarlo o non consigliarlo. Cosa spesso necessaria: l’ uso razionale di una pillola in molti casi è non prenderla affatto. Non esageriamo, poi: gli italiani non hanno una gran passione per l’ automedicazione; prevale ancora l’ idea che la cura vada prescritta, o almeno, consigliata dal medico». Affermazio

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