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Fimmg. No a medico dipendente dello Stato

Evoluzione Medicina Generale e PNRR

Evoluzione Medicina Generale e PNRR.

Silvestro Scotti: «Bene che il dibattito esca dai tavoli tecnici regionali.

Solo una visione derivante da un confronto allargato a tutte le esperienze può portare la soluzione»

«Discutere, approfondire, capire, guardare le cose da diversi punti di vista. È sempre questo il modo migliore di affrontare una questione, soprattutto se si tratta di una vicenda che ha un impatto enorme sulla salute dei cittadini». Silvestro Scotti, segretario generale FIMMG, commenta con favore l’ampliamento della discussione sull’opportunità o meno di portare alla dipendenza la medicina generale, discussione che dai tavoli strettamente tecnici degli ambiti regionali ha catturato l’attenzione dei più autorevoli Think Tank.

Ne è un esempio lampante il nuovo studio sul «Medico di medicina generale nei nuovi servizi socio-sanitari territoriali» realizzato da Mercer (società di consulenza nell’ambito delle risorse umane e degli investimenti) con il coordinamento dell’ex ministro del Welfare Maurizio Sacconi.

«È legittimo che ciascuno abbia una propria opinione – sottolinea Scotti – ma, se si vuole cambiare in meglio un sistema, il vero valore aggiunto consiste proprio nel valutare le conseguenze di ogni possibile azione sotto diversi profili, a cominciare da quelli socioeconomici e assistenziali. Nessuna soluzione calata dall’alto può funzionare, la parola chiave è “rivedere” non stravolgere».

Considerazioni, quelle del segretario generale FIMMG, che sono in linea con quanto emerge dallo studio Mercer, che considera «dannosa» la via della dipendenza della medicina generale dal Servizio sanitario «sia per i pazienti, che perderebbero il rapporto di fiducia con il proprio medico, ma anche per il Ssn che pagherebbe un conto troppo salato per mantenere una reale distribuzione della offerta di prossimità i cui costi, rispetto all’attuale, ricadrebbero sul pubblico (studi medici, mobilità, personale, infrastruttura informatica e costi energetici etc.), non dimenticando i costi derivanti nel tempo per l’equilibrio dell’ENPAM, l’ente previdenziale dei camici bianchi, che andrebbe in default».

Lo studio, in estrema sintesi, suggerisce di prevedere forme di obbligo ad associarsi in modo che questi studi con più medici, personale e tecnologie garantiscano servizi e una reperibilità 12 ore al giorno e siano in grado di lavorare in collaborazione con le future case di comunità previste dal PNRR che, associate agli attuali distretti, devono diventare i veri «hub» delle cure sul territorio. Una visione che evidentemente si avvicina e avvalora quella da sempre proposta da FIMMG, desiderosa di essere protagonista di un’evoluzione della medicina generale che possa rispondere alle esigenze dei cittadini e ai bisogni di cura dettati dall’aumentare delle cronicità.

“Diventa irrimandabile a questo punto, in questo Paese, la discussione sul professionalismo intellettuale tipico dell’area medica, per principi costituzionali soggetto sussidiario dello stato nelle funzioni specifiche dell’essere medico, a prescindere dai ruoli giuridico contrattuali. Anche perché – conclude Scotti – si vuol far passare il concetto che solo il dipendentismo sia un modello di efficacia e di efficienza per i professionisti medici e che rappresenti l’unica soluzione per migliorare l’offerta del territorio, ma crediamo che l’obiettivo sia invece mettere in discussione l’efficacia dei principi di autonomia e dei profili professionali deontologici definiti dalla Costituzione.

Guai a pensare che un modello contrattuale subordinato sia la soluzione, cercando di influenzare il cittadino/paziente sul territorio che solo da quello derivi il suo diritto, piuttosto che informarlo che da quel modello deriva solo il diritto di qualcuno, sopra i medici e sopra i cittadini, di decidere cosa va fatto, in barba alla legittima scienza e coscienza del medico.

Riprendendo le parole di Mattarella, non vorremmo che nella sanità territoriale si affermassero, con alcuni modelli proposti, dei modelli “autocratici che tentano ingannevolmente di apparire, a occhi superficiali, più efficienti di quelli democratici, le cui decisioni, basate sul libero consenso e sul coinvolgimento sociale, sono, invece, ben più solide ed efficaci”. Siamo disponibili al confronto anche pubblico su come rendere evidenti, come lo sono già alla grande maggioranza dei nostri pazienti e come confermano tutti i sondaggi ogni volta proposti sul nostro servizio, le parole chiave dignità professionale, responsabilità e ruolo nell’interesse del nostro Paese, dei nostri pazienti e dei nostri rappresentati».

il Comunicato stampa in pdf

Lo Studio Mercer 


Cosa prevede il PNRR

La Casa della Comunità (ex Casa della Salute) sarà una struttura fisica in cui opererà un team multidisciplinare di medici di medicina generale, pediatri di libera scelta,  in équipe, in collaborazione con gli  infermieri di famiglia, gli specialisti ambulatoriali e gli altri professionisti sanitari quali logopedisti, fisioterapisti, dietologi, tecnici della riabilitazione e altri. La presenza degli assistenti sociali nelle Case della Comunità rafforzerà il ruolo dei servizi sociali territoriali nonché una loro maggiore integrazione con la componente sanitaria assistenziale.

La figura chiave nella Casa della Comunità  sarà l’infermiere di famiglia, figura già introdotta dal Decreto Legge n. 34/2020 che, grazie alle sue conoscenze e competenze specialistiche nel settore delle cure primarie e della sanità pubblica, diventa il professionista responsabile dei processi infermieristici in famiglia e Comunità. All’interno della Casa della Comunità vi saranno 5 unità di personale amministrativo, 10 medici di medicina generale e 8 infermieri. Nel complesso in Italia serviranno 6.440 amministrativi e 10.091 infermieri in più. Queste figure professionali saranno implementate quando le Case della Comunità saranno diventate operative a pieno titolo, e quindi nel 2027 per cui il PNRR non prevede risorse per il loro finanziamento  dato che il suo effetto si esaurisce nel 2026. Dovrà essere il luogo privilegiato del lavoro associato dei Medici di medicina generale.

Assistenza territoriale. Potenziare le cure a casa e arrivare ad assistere il 10% degli over 65, circa 808 mila persone. Attivazione di 602 Centrali Operative Territoriali (COT), una in ogni distretto, con la funzione di coordinare i servizi domiciliari con gli altri servizi sanitari. Finanziamento da 1 miliardo di progetti di telemedicina proposti dalle Regioni sulla base delle priorità e delle linee guida definite dal Ministero della Salute

Ospedali di Comunità. Costruzione di 381 ospedali della Comunità, una struttura sanitaria della rete territoriale a ricovero breve e destinata a pazienti che necessitano di interventi sanitari a media/bassa intensità clinica e per degenze di breve durata. Tale struttura, di norma dotata di 20 posti letto (fino ad un massimo di 40 posti letto) e a gestione prevalentemente infermieristica. Nell’ospedale di comunità vi sarà un medico per 4-5 ore al giorno 6 giorni su 7 e vi saranno 9 infermieri e 6 Oss a tempo pieno.

PNRR (missione 6 salute pag. 222)

 

Redazione Fedaisf

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