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Finita l’emergenza il lavoro da remoto sarà possibile solo previo accordo firmato con i singoli lavoratori

Il lavoro agile «semplificato» per il settore privato, scade il 15 ottobre. Salvo prolungamenti dello stato di emergenza, infatti, la possibilità delle aziende di collocare i lavoratori in smart working in modo unilaterale e senza gli accordi individuali previsti dalla legge 81/2017, finisce con lo stato di emergenza legato all’epidemia di Covid-19. Le nuove attivazioni dello smart working nel settore privato dovranno seguire le regole ordinarie, cioè prevedere un accordo firmato dai singoli lavoratori che fissi le modalità di esecuzione della prestazione fuori dai locali aziendali e di esercizio del potere direttivo del datore, gli strumenti da usare, i tempi di riposo e le misure per assicurare il diritto alla disconnessione. (estratto Il sole 24ORE).

Lo smart working ha caratteristiche tipiche del lavoro autonomo: flessibilità nell’organizzazione, autonomia d’orario. Il dipendente però mantiene gli stessi diritti, doveri e stipendio del lavoro subordinato ed è assoggettato al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro. I lavoratori sono maggiormente responsabilizzati e orientati ad una prestazione il cui obiettivo diventa determinante, come nel lavoro autonomo. Le aziende devono affidarsi al senso di auto-responsabilizzazione dei dipendenti.

Lo smart working però dematerializza il lavoro che può tradursi in una mancanza di confronto con la realtà, con la mancanza di coesione e confronti con colleghi e interlocutori.

Durante l’emergenza sanitaria c’era una deroga alla regola sul lavoro da remoto che permetteva alle aziende una applicazione unilaterale. Dal 15 ottobre, salvo imprevisti, con la fine dell’emergenza lo smart working è possibile solo previo accordo individuale fra azienda e lavoratore con il quale si possono stabilire modalità di esecuzione della prestazione lavorativa in base alle necessità delle parti e all’effettivo contesto tecnico-organizzativo aziendale (Art. 18Art. 19 L. 81/17) [fonte Il Sole 24ORE “Il Potenziale dello smart working passa dagli accordi individuali” di salvatore Trifirò, pag. 18 – 1 sett. 2020 – riassunto]

Il lavoro dell’informatore scientifico è sicuramente quello meno adatto allo smart working. Basterebbe pensare al numero di imprese farmaceutiche e parafarmaceutiche (a Farmindustria ne aderiscono almeno 200, quelle di Assogenerici 50, di integratori almeno altre 200) e di dispositivi, senza contare i dermocosmetici, i latti per neonati, parafarmaci in genere, ecc.. Ci sarebbero almeno 600 persone a bersagliare ogni singolo medico. Un lavoro da telemarketing, alla stregua di gestori di telefonia, gas, ecc.. Un fastidioso ed insopportabile bombardamento. Inconcepibile per un farmaco.

Il lavoro dell’informatore scientifico è quello che permette di conoscere soluzioni terapeutiche ad un problema patologico che altrimenti non si conoscerebbero. Ed è una funzione essenziale, perché qualsiasi tipo di prodotto (farmaceutico compreso) non funziona da solo. Non è sufficiente cioè che siano messi in commercio perché uno li conosca. Ma se anche per caso o per un colpo di fortuna si venisse a sapere che esiste il tal prodotto o il tal farmaco che effettivamente risolve meglio o in modo innovativo un problema terapeutico, senza l’aiuto di un informatore verrebbe ignorato.

Solo la presenza dell’informatore potrà chiarire i veri problemi del medico e offrire una possibile soluzione. Solo la presenza di un informatore darà le conoscenze razionali per una scelta terapeutica consapevole più utile per il paziente. Infine solo la presenza di un informatore vincerà l’inerzia e la pigrizia mentale perché si avranno chiare nuove soluzioni che amplieranno le scelte più vantaggiose per i pazienti.

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Nota.

Il potere di controllo del datore di lavoro richiama l’art. 4 della legge 300/70 che riportiamo

Art. 4 (Impianti  audiovisivi  e  altri  strumenti  di
          controllo). - 1.  Gli  impianti  audiovisivi  e  gli  altri
          strumenti  dai  quali  derivi  anche  la  possibilita'   di
          controllo a distanza dell'attivita' dei lavoratori  possono
          essere impiegati esclusivamente per esigenze  organizzative
          e produttive, per la sicurezza del lavoro e per  la  tutela
          del patrimonio aziendale e possono essere installati previo
          accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale
          unitaria o dalle  rappresentanze  sindacali  aziendali.  In
          alternativa, nel caso  di  imprese  con  unita'  produttive
          ubicate in diverse province della stessa regione ovvero  in
          piu' regioni, tale  accordo  puo'  essere  stipulato  dalle
          associazioni      sindacali      comparativamente      piu'
          rappresentative  sul  piano  nazionale.  In   mancanza   di
          accordo, gli impianti e  gli  strumenti  di  cui  al  primo
          periodo possono  essere  installati  previa  autorizzazione
          delle  sede  territoriale  dell'Ispettorato  nazionale  del
          lavoro o, in alternativa, nel caso di  imprese  con  unita'
          produttive dislocate negli ambiti  di  competenza  di  piu'
          sedi territoriali,  della  sede  centrale  dell'Ispettorato
          nazionale del lavoro.  I  provvedimenti  di  cui  al  terzo
          periodo sono definitivi. 
              2. La disposizione di cui al comma  1  non  si  applica
          agli strumenti utilizzati dal  lavoratore  per  rendere  la
          prestazione lavorativa e agli  strumenti  di  registrazione
          degli accessi e delle presenze. 
              3. Le informazioni raccolte ai sensi dei commi  1  e  2
          sono utilizzabili a tutti i fini connessi  al  rapporto  di
          lavoro a condizione che sia  data  al  lavoratore  adeguata
          informazione delle modalita' d'uso  degli  strumenti  e  di
          effettuazione  dei  controlli  e  nel  rispetto  di  quanto
          disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.».

 

Redazione Fedaisf

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