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Il nodo irrisolto del Decretone Balduzzi

 di Nerina Dirindin18.09.2012

Promuovere lo sviluppo del paese mediante un più elevato livello di tutela della salute: è l’impegnativo obiettivo del decreto del ministro della Salute. Di fatto, si concretizza in una manutenzione straordinaria dell’organizzazione sanitaria. Per la prima volta, però, si tenta di intervenire sui comportamenti delle persone e degli operatori sanitari e non solo sul funzionamento dei servizi. Nonostante le buone intenzioni, tuttavia, resta ancora da affrontare il conflitto fra razionalizzazione della spesa sanitaria e impatto sul mondo della produzione.

Il decreto 158/2012 (cosiddetto decretone Balduzzi) appena pubblicato in Gazzetta ufficiale porta il titolo “Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del paese mediante un più elevato livello di tutela della salute”. Una affermazione impegnativa, che sembra aprire la finestra verso orizzonti nuovi, ma che di fatto si concretizza in una manutenzione straordinaria, a macchia di leopardo, dell’organizzazione sanitaria; e che appare al contempo innovativa e insufficiente: innovativa perché tenta di intervenire sui comportamenti delle persone e degli operatori sanitari (e non solo sul funzionamento dei servizi), insufficiente perché (ri)afferma principi e (ri)annuncia provvedimenti già ampiamente presenti nella normativa.

UN POT POURRI PER AIUTARE LA SANITÀ PUBBLICA

Il decretone interviene su una pluralità di argomenti, attraverso un insieme di misure ognuna delle quali è destinata a sollevare entusiasmi o polemiche. Non si tratta di una riforma organica (di cui peraltro non si sente il bisogno) ma di un pot pourri di interventi che, negli ambiti più disparati, tenta di aiutare le aziende sanitarie nell’applicazione di norme per lo più già esistenti alle quali si apportano modifiche che non modificano l’impianto generale.
Gli obiettivi dichiarati sono più d’uno: sostenere il sistema sanitario in momento di grandi difficoltà a causa delle continue contrazioni delle risorse finanziarie; affrontare nuovi (e vecchi) bisogni di tutela della salute, alcuni ancora trascurati (le cronicità) altri emergenti (le ludopatie); (ri)affermare l’esigenza di scelte aziendali/regionali indipendenti dalla politica (in occasione della nomina dei direttori generali e dei primari); (re)impegnare il sistema a un aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (impegno già più volte preso, ma mai rispettato); accelerare i processi volti a decongestionare gli ospedali (come previsto da decenni, ma ora la crisi li rende urge

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