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Intervista al Ministro Livia Turco

Il Dpef, la Finanziaria, il Patto sulla spesa: per la Sanità è tempo di manovre. Con la Ue che ci sollecita misure « significative » e Padoa Schioppa che parla di riforme « strutturali » . Ministro Turco, è tempo di tagli…
Intanto preciserei: s’è parlato tanto di ticket e di tagli in queste settimane, ma con la manovra di venerdì non è successo niente.
Lo stato sociale non è stato toccato. Anzi, abbiamo rifinanziato il Fondo per le politiche sociali. La bussola del centro sinistra sono e restano la difesa e l’innovazione dello stato sociale. Uno stato sociale rinnovato, certo, ma per essere più inclusivo e per misurarsi con i nuovi bisogni di salute.

Però è chiaro che la vera partita sarà la Finanziaria 2007. E a quel capolinea si decideranno le misure «strutturali».
Certamente. Però, sia chiar gli interventi strutturali in Sanità sono già iniziati. Da parte di quelle Regioni che in questi anni hanno saputo tenere insieme rigore finanziario, qualità dei servizi e sforzo di innovazione. Ma anche di quelle che hanno avviato una drastica riconversione del proprio sistema per riuscire a coniugare efficienza, efficacia ed equità. Un cambio di marcia difficile certo, ma che va avanti. E questa è già una manovra strutturale.
Senza dimenticare un’altra riforma strutturale che questo Governo ha confermat le addizionali fiscali nelle Regioni con disavanzi. Voglio dire: la Sanità ha già dato molto al risanamento e al rigore dei conti pubblici.
Cosa proponete e cosa chiedete alle Regioni col Patto?
Proponiamo un Servizio sanitario nazioanle equo e unitario, capace di superare quella lunga lista d’attesa di centinaia di migliaia di persone che emigrano verso il Nord in cerca di cure.

D’accordo, ma è anche questione di finanziamenti.
Pensiamo a un meccanismo di finanziamento fondato su regole certe e condivise, che faccia uscire il Ssn da quella retorica rappresentazione secondo cui siamo in perenne emergenza. Va creato un meccanismo di finanziamento con basi solide. Ed è possibile farlo. Certo, sarà un impegno molto forte. Ma tutte le Regioni lo vogliono affrontare. Solo così si può cambiare. A partire da una valutazione condivisa del fabbisogno. E sarà bene che ciascuno scopra tutte le sue carte. Se non c’è condivisione del fabbisogno, non può esserci alcun dialogo.

Lo dice alle Regioni o anche al suo Governo?
Lo dico a tutti. Affermo un principio. Mi sembra difficile fare un Patto senza certezza di regole, trasparenza, condivisione di forti responsabilità. È un aspetto essenziale. Il Patto, poi, sarà gestibile solo attuando meccanismi virtuosi e facendosi carico delle diversità regionali. Penso a meccanismi virtuosi: che premino chi lo meriti e accompagnino che più è indietro.

Per il Ssn c’è un’altra urgenza: gli investimenti.
Certamente. Sarà infatti fondamentale mettere in moto una nuova politica degli investimenti.
Penso a una norma programmatica per rilanciare il famoso “articolo 20” della Finanziaria 1988.
Ma penso anche ad altri capitoli di spesa da indagare. Come i Fondi strutturali europei, per finalizzarli a investimenti anche sociali e sanitari: ne ho parlato già col sottosegretario allo Sviluppo, Filippo Bubbico, e approfondiremo la questione. Così come ci sono le risorse specifiche dell’Inail.
Serve una politica di razionalizzazione delle risorse e una ricognizione dell’esistente. Nell’ambito degli accordi di programma delle Regioni, penso alla partecipazione del mondo delle imprese.

Anche cogestire gli ospedali?
Certamente no. Le imprese private vanno coinvolte nella programmazione, saranno partner importanti del Patto. La Sanità come investimento, dice anc

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