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L’IMPUNITA’ INVITA A DELITTI PEGGIORI ovvero PERCHÉ FARMINDUSTRIA NON PRENDERÀ POSIZIONI SUL FILM “IL VENDITORE DI MEDICINE”

Tutte le Aziende, in capo a tutte Farmindustria, si sono dotate di un Codice Etico Certificato per proteggersi dalle sanzioni per il mancato rispetto della Legge 231/01.

Tutti i dipendenti, soprattutto gli ISF, sono stati formati e hanno apposto una firma per testimoniare la conoscenza del Codice Etico e della Legge 231.

Fatto questo Farmindustria e Aziende affiliate non devono fare null’altro, consapevoli del fatto che in forza di detto Codice Etico qualsiasi azione illegale commessa da un proprio dipendente ricadrà sullo stesso.

Nel Codice si esprime con forza il concetto (lo riporto con parole personali):” …..qualora uno stakeholder o un dipendente avessero il semplice sospetto che l’azione che si sta intraprendendo possa violare la legge o arrecare danno all’Azienda per violazione della stessa …..etc., ha l’obbligo di segnalarlo al Garante per il Codice Etico o all’Ufficio Legale dell’Azienda…..”

Il concetto è molto semplice, chi non segnala o quantomeno non chiede chiarimenti su un’azione che sta intraprendendo che non reputa del tutto specchiata (banale esempio, ordini in farmacia) automaticamente libera l’Azienda da qualsiasi responsabilità assumendosela personalmente.

Qualcuno mi spieghi perché Farmindustria dovrebbe prendere posizioni su un film che denuncia fatti per i quali non può essere accusata di essere mandante.

Tenete bene in mente quanto segue

L’attività di Informatore Scientifico ha rango e tutela quanto allo status professionale di chi la esercita, e non può essere equiparata ad un’attività meramente “esecutiva” rispetto ad ordini “superiori”, in quanto l’ISF è, a tutti gli effetti, titolare di un potere-dovere che non discende dall’Azienda Farmaceutica da cui dipende, ma direttamente dal suo “status”  che il Datore di lavoro deve rispettare. L’ISF non può violare la Legge

Antonio Giammei


 

CODICE DEONTOLOGICO FARMINDUSTRIA (estratto)

1.5 –  Nello svolgimento della propria attività le aziende non devono danneggiare l’immagine delle aziende concorrenti e dei loro prodotti.

Le aziende, che dovranno emanare specifiche direttive comportamentali interne per i propri collaboratori, sono altresì responsabili sul piano etico professionale del comportamento di questi ultimi nello svolgimento della loro attività.

2.1. – L’azienda è responsabile dell’ informazione e delle azioni promozionali svolte sui propri prodotti e su quelli di cui detiene la concessione di vendita, anche se ciò è stato predisposto e/o svolto da terzi (consulenti, agenti, agenzie, etc).

2.5 L’informatore scientifico del farmaco non deve esercitare professioni sanitarie o parasanitarie, o comunque aventi attinenza con l’utilizzazione del farmaco, anche se non remunerate, né alcun’altra attività continuativa che comporti il rapporto di lavoro subordinato.

2.13 Nel quadro dell’attività di informazione e presentazione dei medicinali svolta presso medici o farmacisti è vietato concedere, offrire o promettere premi, vantaggi pecuniari o in natura. Il materiale promozionale riguardante i farmaci ed il loro uso, sponsorizzato da un’industria farmaceutica, dovrà avere valore percepito trascurabile, essere non fungibile e comunque collegabile all’attività espletata dal medico e dal farmacista. Su tale materiale dovrà inoltre essere riportata chiaramente l’indicazione dell’azienda o del prodotto dell’azienda che sponsorizza.

E’ comunque vietata l’offerta di incentivi di tipo economico finalizzati a compensare il tempo sottratto dagli operatori sanitari alla loro normale attività professionale e dedicato alla partecipazione a manifestazioni congressuali.

Dovrà essere inoltre garantito che tutto il materiale promozionale destinato ai medici ed ai farmacisti venga acquistato direttamente dall’azienda a livello centrale.

 

Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231

“Disciplina della responsabilita’ amministrativa delle persone giuridiche, delle societa’ e delle associazioni anche prive di personalita’ giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300”

pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 140 del 19 giugno 2001

Art. 1.

Soggetti

1. Il presente decreto legislativo disciplina la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato.

2. Le disposizioni in esso previste si applicano agli enti forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica.

3. Non si applicano allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri enti pubblici non economici nonché agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.

Art. 5.

Responsabilità dell’ente

1. L’ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio:
a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;
b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).

2. L’ente non risponde se le persone indicate nel comma 1 hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi.

Art. 6.

Soggetti in posizione apicale e modelli di organizzazione dell’ente

1. Se il reato è stato commesso dalle persone indicate nell’articolo 5, comma 1, lettera a), l’ente non risponde se prova che:
a) l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
b) il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento e’ stato affidato a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;
c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;
d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di cui alla lettera b).

2. In relazione all’estensione dei poteri delegati e al rischio di commissione dei reati, i modelli di cui alla lettera a), del comma 1, devono rispondere alle seguenti esigenze:
a) individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati;
b) prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire;
c) individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati;
d) prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli;
e) introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.

3. I modelli di organizzazione e di gestione possono essere adottati, garantendo le esigenze di cui al comma 2, sulla base di codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative degli enti, comunicati al Ministero della giustizia che, di concerto con i Ministeri competenti, può formulare, entro trenta giorni, osservazioni sulla idoneità dei modelli a prevenire i reati.

4. Negli enti di piccole dimensioni i compiti indicati nella lettera b), del comma 1, possono essere svolti direttamente dall’organo dirigente.

5. E’ comunque disposta la confisca del profitto che l’ente ha tratto dal reato, anche nella forma per equivalente.

Art. 7.

Soggetti sottoposti all’altrui direzione e modelli di organizzazione dell’ente

1. Nel caso previsto dall’articolo 5, comma 1, lettera b), l’ente e’ responsabile se la commissione del reato e’ stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza.

2. In ogni caso, è esclusa l’inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza se l’ente, prima della commissione del reato, ha adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.

3. Il modello prevede, in relazione alla natura e alla dimensione dell’organizzazione nonché al tipo di attività svolta, misure idonee a garantire lo svolgimento dell’attività nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio.

4. L’efficace attuazione del modello richiede:
a) una verifica periodica e l’eventuale modifica dello stesso quando sono scoperte significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell’organizzazione o nell’attività;
b) un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.

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