
Stai lavorando gratis, tutte queste Partite Iva non sono più a norma: rischi di perdere i tuoi soldi guadagnati
Stai davvero lavorando in regola? Ecco cosa sta succedendo alle Partite Iva in Italia, adesso cambia tutto.
Negli ultimi anni, sempre più persone hanno scelto di aprire una Partita Iva, attratte dalla libertà di gestire il proprio lavoro in autonomia. Ma sei sicuro di essere davvero un lavoratore autonomo? O forse stai lavorando come un dipendente senza le tutele di un vero contratto?
Molti professionisti si trovano in una situazione ambigua: lavorano per un solo cliente, seguono orari fissi, ricevono compensi regolari e non hanno la libertà di decidere come e quando svolgere le proprie attività. Insomma, hanno una Partita Iva, ma di fatto sono dipendenti a tutti gli effetti.
Il problema? Non hanno ferie, malattia, contributi pagati e nessuna sicurezza per il futuro.
Questa pratica, chiamata falsa Partita Iva, è più comune di quanto si pensi. Spesso le aziende impongono questa soluzione ai lavoratori per risparmiare sui costi, evitando di assumere regolarmente. E chi accetta, magari per necessità, si trova in una posizione fragile, senza garanzie e con il rischio di perdere i propri guadagni da un momento all’altro. Ma vediamo quali sono i reali rischi che corrono le Partite Iva.
Falsa partita iva: cosa si rischia davvero?
Per legge, un lavoratore autonomo dovrebbe avere il controllo su tempi, modi e luoghi di svolgimento della sua attività. Se invece sei obbligato a rispettare direttive rigide e lavori quasi esclusivamente per un solo cliente, potresti trovarti in una situazione irregolare, con tutte le conseguenze che ne derivano.
Se la tua Partita Iva viene considerata falsa, le conseguenze possono essere pesanti. Da un lato, il datore di lavoro rischia sanzioni e potrebbe essere obbligato ad assumerti con un contratto regolare. Dall’altro, tu potresti perdere i tuoi compensi se la tua posizione venisse giudicata non conforme alla legge.
Ecco perché potresti perdere i tuoi soldi guadagnati
Secondo Brocardi, solo nel 2024 l’Agenzia delle Entrate ha individuato e chiuso più di 6.000 false Partite Iva. Questo significa che migliaia di lavoratori si sono ritrovati improvvisamente senza reddito, senza tutele e con il rischio di non recuperare i soldi già guadagnati.
Se hai una Partita Iva, è fondamentale capire se il tuo rapporto di lavoro è davvero autonomo. Se dipendi da un solo committente e segui regole precise su orari, modalità e organizzazione, potresti essere in una situazione a rischio. In questo caso, informarti e chiedere aiuto a un esperto può fare la differenza tra perdere tutto o tutelare il tuo lavoro.
Nota.
Con il Jobs Act, il Governo ha introdotto una revisione della normativa sul lavoro, rafforzando le tutele per i lavoratori e ridefinendo i parametri per individuare le false Partite IVA. In particolare, sono state apportate modifiche alle misure esistenti per contrastare il lavoro irregolare, tra cui la disciplina relativa alla presunzione di subordinazione.
Una delle caratteristiche che contraddistinguono il lavoro con partita Iva è l’assoluta autonomia operativa ed organizzativa. Il lavoratore autonomo, infatti, decide in totale e completa libertà i tempi, modi e mezzi per espletare la propria prestazione. Non è, in alcun modo, sottoposto al potere direttivo od organizzativo del committente.
La Legge n. 92/2012 ha introdotto la presunzione di lavoro dipendente in base alla quale, in presenza di determinati requisiti, le prestazioni svolte da un titolare di partita IVA, in assenza di prova contraria, sono considerate rapporti di lavoro dipendente.
Normalmente, tali prestazioni possono essere definite come “esclusivamente personali, continuative, ripetitive e organizzate dal committente rispetto al luogo e all’orario di lavoro”.
La conseguenza consiste nella riqualificazione del rapporto come lavoro dipendente. Di conseguenza il committente rischia di veder convertire il rapporto in essere in lavoro dipendente a tempo indeterminato.
Secondo l’art. 69-bis del D.Lgs. n. 276/2003 si configura una presunzione di subordinazione quando ricorrono almeno due delle seguenti condizioni:
- la durata della collaborazione con lo stesso committente è superiore ad otto mesi in 2 anni (c.d. criterio temporale);
- il fatturato del lavoratore autonomo, in due esercizi consecutivi, deriva per l’80% dai compensi ottenuti dallo stesso committente (c.d. criterio del fatturato);
- il lavoratore autonomo presta il lavoro in un posto fisso stabilito dallo stesso committente (c.d. criterio organizzativo).
Se gli organi ispettivi contestano un contratto di collaborazione riscontrando un rapporto di lavoro dipendente, in assenza di prova contraria, si configura un illecito amministrativo, fiscale e contributivo per cui il soggetto committente è passibile di sanzioni e il lavoratore autonomo viene considerato un lavoratore dipendente a tempo indeterminato.
Il rischio è quello di essere sfruttato da un committente disonesto che in questo modo ottiene tutti i benefici di un dipendente, senza dover pagare tutti i costi legati all’avere un lavoratore subordinato e senza darti le giuste tutele, come il pagamento dei contributi, il diritto alla disoccupazione o al congedo per malattia o maternità.
Se sei una falsa Partita IVA in caso di accertamenti da parte delle autorità, è previsto che il tuo committente sia obbligato a:
- assumerti a tempo indeterminato
- pagarti gli arretrati dall’inizio della vostra collaborazione, ovvero:
- stipendio
- contributi
- tasse da versare per conto tuo
- pagare delle sanzioni
Tuttavia, dal 1 gennaio 2016 lo stesso Jobs Act ha introdotto la possibilità di estinguere l’illecito amministrativo, contributivo e fiscale per quei datori di lavoro che assumono con un regolare contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato i lavoratori autonomi titolari di partita IVA che hanno svolto presso di essi collaborazioni che possono configurarsi come presunzione di subordinazione. È richiesto però che il datore di lavoro non cessi il rapporto prima dei dodici mesi ad eccezione dei casi di licenziamento per giusta causa.
La normativa riconosce la possibilità per il committente di provare che la collaborazione instaurata con il lavoratore autonomo non rientra nella fattispecie delle false partita IVA e che quindi non si configura alcun tipo di illecito.
Il Ministero del Lavoro non ha chiarito se la prova contraria possa essere fornita anche dal titolare di Partita IVA. In ogni caso occorre dimostrare l’inesistenza degli elementi della continuità e di subordinazione.
L’ISF inoltre non può essere un Agente di Commercio. l’ISF oggetto di un giudizio della Suprema Corte non è agente di commercio e, in mancanza di uno specifico progetto o programma di lavoro o fase di esso non è nemmeno un co.co.co., ma in realtà è una falsa Partita IVA e deve essere considerato un lavoratore subordinato a tempo indeterminato a CCNL dei chimici.
L’avv. Pileggi, a commento dell’Ordinanza della Sez. Lavoro della Corte di Cassazione (n. 10158 del 16 aprile 2021) in cui si affermava che l’ISF non è un venditore, ha dichiarato che “il contratto di agenzia stipulato con un ISF è un contratto simulato e non ha effetto tra le parti. Ha effetto invece il contratto dissimulato, cioè il contratto che l’azienda farmaceutica ha occultato (spesso e volentieri proprio per eludere le tutele del lavoro subordinato), che è certamente un contratto di lavoro”.
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