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Rapporto GIMBE sul SSN. La pandemia ha ulteriormente indebolito il SSN con effetti a medio-lungo termine

Le analisi indipendenti della Fondazione GIMBE nell’ambito della campagna #SalviamoSSN hanno documentato, sin dal marzo 2013, la grave crisi di sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). In particolare, nel giugno 2019 il 4° Rapporto GIMBE aveva identificato “patologie” e “fattori ambientali” che ne compromettevano lo “stato di salute”: imponente definanziamento pubblico, “incompiuta” dei nuovi LEA, sprechi e inefficienze, espansione incontrollata del “secondo pilastro”, inadeguata governance Stato-Regioni, irrealistiche aspettative di cittadini e pazienti.

In questo contesto, la pandemia COVID-19 se da un lato ha confermato le fragilità del SSN, dall’altro ha consolidato nelle persone la consapevolezza che un sistema sanitario pubblico, equo e universalistico è un pilastro della nostra democrazia. Purtroppo, se nei momenti più bui della pandemia tutte le forze politiche convergevano sulla necessità di potenziare il SSN, con la fine dell’emergenza la sanità è “rientrata nei ranghi” ed è stata per lo più relegata ai margini del dibattito politico, come documentato dal recente monitoraggio indipendente GIMBE dei programmi elettorali.

A 3 anni di distanza, il 5° Rapporto GIMBE rivaluta l’impatto delle “patologie” pregresse e analizza i rischi di quelle emergenti, alla luce di due incontestabili certezze. Innanzitutto la pandemia – oltre a non aver mollato la presa – ha ulteriormente indebolito il SSN con effetti a medio-lungo termine: ritardi nell’erogazione di prestazioni ordinarie con impatto sulle liste di attesa, emergenza di nuovi bisogni di salute, depauperamento e demotivazione del capitale umano. In secondo luogo, lo stato di salute del SSN dovrà inevitabilmente fare i conti con un ulteriore “fattore ambientale” di portata globale, ovvero la crisi energetica ed economica.

A fronte di queste criticità, tuttavia, il Rapporto abbraccia una visione ottimistica puntando i riflettori sull’irripetibile occasione di svolta per il SSN: oggi infatti le sfide della transizione digitale e dell’approccio One Health incrociano la fine della stagione dei tagli e, soprattutto, le grandi opportunità offerte dal PNRR. Il Rapporto analizza dunque le criticità che possono ostacolare riforme e progetti del PNRR al fine di predisporre le adeguate contromisure per centrare i due obiettivi chiave: ridurre le diseguaglianze regionali e ottenere il massimo ritorno di salute dalle risorse investite. Obiettivi che richiedono a tutti gli stakeholder della sanità di essere attori protagonisti, e non spettatori passivi, di azioni mirate a consolidare la consapevolezza del valore sociale del SSN, che deve tornare al centro dall’agenda politica sin dalla Legge di Bilancio 2023.

Ecco perché nella visione propositiva del Rapporto, il suo “cuore pulsante” è rappresentato dal piano di rilancio del Servizio Sanitario Nazionale che propone coraggiose riforme e azioni indispensabili a garantire il diritto costituzionale alla tutela della salute a tutte le persone. Un diritto fondamentale che, silenziosamente, si sta trasformando in un privilegio per pochi, lasciando indietro le persone più fragili e svantaggiate.

Perché se la Costituzione tutela la SALUTE DI TUTTI, la SANITÀ deve essere PER TUTTI.

Fonte: Gimbe. Salviamo SSN

5° Rapporto Gimbe sul SSN

Il Rapporto fa una analisi dettagliata, puntuale e impietosa sullo stato dei fatti del SSN dopo la pandemia. Indichiamo i titoli di questa “normalizzazione”: Definanziamento pubblico, Ampliamento del “paniere” dei nuovi LEA, Sprechi e inefficienze, Espansione incontrollata del secondo pilastro (privati e assicurazioni)Governance Stato-Regioni, Informazione della popolazione e infine la pandemia, non ancora conclusa.

Gimbe sintetizza quattro punti che in campo sanitario il nuovo Governo dovrà affrontare: “l’approccio One Health, il finanziamento pubblico, l’aggiornamento, l’esigibilità e il monitoraggio dei LEA, la governance Stato-Regioni”.

Riportiamo uno stralcio del Rapporto rimandando la lettura integrale al link sopra indicato.

Se inizialmente tutte le forze politiche convergevano sulla necessità di rilanciare il SSN che sembrava finalmente tornato al centro dell’agenda politica, con la fine dell’emergenza la sanità è “rientrata nei ranghi”. E di fatto, le criticità rilevate sono ben lontane dall’essere risolte, non solo per l’impatto dell’emergenza sanitaria che ha prima paralizzato e poi fortemente rallentato la gestione ordinaria della sanità pubblica. In dettaglio:

  • Definanziamento pubblico. Formalmente la stagione dei tagli alla sanità può ritenersi conclusa: negli anni 2020-2022 il FSN è cresciuto di € 11,2 miliardi, rispetto agli € 8,2 miliardi del decennio 2010-2019. Tuttavia, le risorse sono state interamente assorbite dalla pandemia e nel 2022 diverse Regioni rischiano di chiudere con i conti in rosso. Peraltro, se le ingenti risorse pubbliche non sono state sufficienti a rafforzare in maniera strutturale il SSN, nel medio periodo non si intravede alcun programma di rilancio degli investimenti. Infatti, nel DEF 2022 a fronte di una prevista crescita media annua del PIL nominale del 3,8% nel triennio 2023-2025, la spesa sanitaria si riduce mediamente dello 0,6% per anno e nel 2025 il rapporto spesa sanitaria/PIL precipita al 6,2%, al di sotto dei livelli pre-pandemia. E la Nota di aggiornamento al DEF (NaDEF) lo riduce ulteriormente al 6,1%.
  • Ampliamento del “paniere” dei nuovi LEA. Nonostante le risorse assegnate dalla Legge di Bilancio 2022, ad oggi il cosiddetto “Decreto Tariffe” non è ancora stato pubblicato. Di conseguenza, a quasi sei anni dall’aggiornamento dei LEA, le prestazioni relative alla protesica e alla specialistica ambulatoriale sono esigibili solo nelle Regioni non in Piano di rientro che le finanziano con fondi propri, introducendo un ulteriore elemento di iniquità nel diritto alla tutela della salute.
  • Sprechi e inefficienze. Non è mai stato avviato un piano nazionale per ridurre sprechi e inefficienze.
  • Espansione incontrollata del secondo pilastro. Il ciclo di audizioni parlamentari avviato nel gennaio 2019 e finalizzato alla riforma della normativa frammentata e incompleta relativa alla sanità integrativa, che negli anni ha favorito l’utilizzo strumentale della defiscalizzazione dei fondi sanitari integrativi a favore di assicurazioni e sanità privata, si è arenato dopo pochi mesi.
  • Governance Stato-Regioni. L’unica novità degna di nota è l’introduzione da gennaio 2020 del Nuovo Sistema di Garanzia, che ha mandato in soffitta la “griglia LEA”, quale strumento per monitorare l’adempimento delle Regioni ai LEA. Nel contempo però nell’agenda politica è ricomparso il completamento delle istanze di regionalismo differenziato, la cui attuazione non potrà che esasperare le diseguaglianze regionali ed ampliare il divario tra Nord e Sud del Paese.
  • Informazione della popolazione. Negli anni in cui la pandemia ha monopolizzato l’informazione il quadro è sensibilmente peggiorato per la diffusione di teorie negazioniste e posizioni no-vax che hanno contribuito a deteriorare il rapporto di fiducia tra sanità e cittadini.

Dal canto suo la pandemia non ha affatto mollato la presa e inizia a far vedere i suoi effetti a medio-lungo termine, identificandosi non solo come “patologia acuta recidivante”, ma anche come un’altra malattia cronica che peggiora lo stato di salute del SSN. Innanzitutto, si accumula sempre più ritardo nell’erogazione di prestazioni chirurgiche, ambulatoriali e di screening non ancora recuperate dalle Regioni nonostante quasi € 1 miliardo di investimenti dedicati e la definizione di un Piano Nazionale per il recupero delle liste di attesa. In secondo luogo, il progressivo impatto del long-COVID ha richiesto l’apertura di centri dedicati in tutto il Paese con uno sforzo organizzativo e di personale specialistico sempre maggiore. Ancora, l’impatto sulla salute mentale, fortemente sotto-diagnosticato in particolare nelle fasce più giovani, fatica a trovare adeguate risposte assistenziali

indebolito il capitale umano del SSN: accanto al numero già molto elevato di pensionamenti di medici ospedalieri e medici di famiglia, il burnout, i licenziamenti volontari e la fuga verso il privato lasciano sempre più scoperti settori chiave della nostra sanità, uno per tutti i Pronto Soccorso. In altri termini, gli effetti “non acuti” della pandemia costituiscono oggi un’ulteriore determinante che indebolisce il SSN, sia in termini di ritardo nelle prestazioni ordinarie, sia per l’emergenza di nuovi bisogni di salute, sia soprattutto per il depauperamento quantitativo e la demotivazione di professionisti e operatori sanitari. E nonostante l’azzeramento dell’imbuto formativo grazie ai consistenti investimenti in borse di studio per le scuole di specializzazione e contratti di formazione specifica in medicina generale, la “questione personale” – ben lontana dall’essere risolta – è entrata nella fase più critica.

La previsione tendenziale di crescita del PIL per il 2022 è scesa dal 4,7% al 2,9% e quella per il 2023 dal 2,8% al 2,3%.

Nel triennio 2023-2025, il DEF 2022 prevede complessivamente una riduzione della spesa sanitaria ad un tasso medio annuo dello 0,6%, a fronte di una stima di crescita del PIL nominale media del 3,8% nello stesso arco temporale. Conseguentemente, il rapporto tra spesa sanitaria PIL decresce progressivamente, attestandosi nel 2025 al 6,2%.

In termini finanziari la spesa sanitaria diminuirebbe dai € 130.734 milioni stimati per il 2023 a € 128.872 milioni nel 2024 per poi risalire lievemente a € 129.518 milioni nel 2025. Per il 2022, invece, a fronte di una crescita del PIL nominale del 6%, il DEF 2022 stima una spesa sanitaria di € 131.710 milioni che corrisponde ad una crescita del 3% rispetto ai € 127.834 milioni del 2021.

Nel periodo 2023-2025, a fronte di una stima di crescita media del PIL nominale del 3,8% la spesa sanitaria si riduce mediamente dello 0,6% per anno e nel 2025 il rapporto spesa sanitaria/PIL precipita al 6,2%, inferiore ai livelli pre-pandemia (6,4% nel DEF 2019 per l’anno 2022).

Seguendo l’evoluzione degli eventi degli ultimi anni, la Fondazione GIMBE ha elaborato il Piano di Rilancio del SSN articolato in 14 punti:

  • LA SALUTE IN TUTTE LE POLITICHE. Mettere la salute al centro di tutte le decisioni politiche non solo sanitarie, ma anche ambientali, industriali, sociali, economiche e fiscali (health in all).
  • APPROCCIO ONE HEALTH. Attuare un approccio integrato alla gestione della salute, perché la salute dell’uomo, degli animali, delle piante e dell’ambiente, ecosistemi inclusi, sono strettamente interdipendenti.
  • GOVERNANCE STATO-REGIONI. Rafforzare le capacità di indirizzo e verifica dello Stato sulle Regioni, nel rispetto delle loro autonomie, per ridurre diseguaglianze, iniquità e sprechi.
  • FINANZIAMENTO PUBBLICO. Rilanciare il finanziamento pubblico per la sanità in maniera consistente e stabile, al fine di allinearlo alla media dei paesi europei.
  • LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA. Garantire l’uniforme esigibilità dei LEA in tutto il territorio nazionale, il loro aggiornamento continuo e rigoroso monitoraggio, al fine di ridurre le diseguaglianze e rendere rapidamente accessibili le innovazioni.
  • PROGRAMMAZIONE, ORGANIZZAZIONE E INTEGRAZIONE DEI SERVIZI SANITARI E SOCIO-SANITARI. Programmare l’offerta di servizi sanitari in relazione ai bisogni di salute della popolazione e renderla disponibile tramite reti integrate che condividono percorsi assistenziali, tecnologie e risorse umane, al fine di superare la dicotomia ospedale-territorio e quella tra assistenza sanitaria e sociale.
  • PERSONALE SANITARIO. Rilanciare le politiche sul capitale umano in sanità: investire sul personale sanitario, programmare adeguatamente il fabbisogno di medici, specialisti e altri professionisti sanitari, riformare i processi di formazione e valutazione delle competenze, al fine di valorizzare e motivare la colonna portante del SSN.
  • SPRECHI E INEFFICIENZE. Ridurre gli sprechi e le inefficienze che si annidano a livello politico, organizzativo e professionale, al fine di reinvestire le risorse recuperate in servizi essenziali e vere innovazioni, aumentando il value della spesa sanitaria.
  • RAPPORTO PUBBLICO-PRIVATO. Disciplinare l’integrazione pubblico-privato secondo i reali bisogni di salute della popolazione e regolamentare la libera professione per evitare diseguaglianze e iniquità di accesso.
  • SANITÀ INTEGRATIVA. Avviare un riordino legislativo della sanità integrativa al fine di arginare fenomeni di privatizzazione, aumento delle diseguaglianze, derive  consumistiche ed erosione di risorse pubbliche.
  • TICKET E DETRAZIONI FISCALI. Rimodulare ticket e detrazioni fiscali per le spese sanitarie, secondo princìpi di equità sociale e prove di efficacia di farmaci e prestazioni, al fine di evitare sprechi di denaro pubblico e ridurre il consumismo sanitario.
  • TRANSIZIONE DIGITALE. Diffondere la cultura digitale e promuovere le competenz tecniche tra professionisti sanitari e cittadini, al fine di massimizzare le potenzialità delle tecnologi digitali e di migliorare accessibilità ed efficienza in sanità e minimizzare le  diseguaglianze
  • INFORMAZIONE AI CITTADINI. Potenziare l’informazione istituzionale basata sulle migliori evidenze scientifiche, al fine di promuovere sani stili di vita, ridurre il consumismo sanitario, aumentare l’alfabetizzazione sanitaria della popolazione, contrastare le fake news e favorire decisioni informate sulla salute.
  • RICERCA SANITARIA. Destinare alla ricerca clinica indipendente e alla ricerca sui servizi sanitari un importo pari ad almeno il 2% del fabbisogno sanitario nazionale standard, al fine di produrre evidenze scientifiche per informare scelte e investimenti del SSN.

 

Redazione Fedaisf

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