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Revoca Aic per non conformità studi di bioequivalenza

Il fatto

Un’azienda farmaceutica, nel 2008, otteneva dall’Aifa l’autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale. Nella documentazione presentata per dimostrare la sussistenza del requisito della bioequivalenza con il farmaco di riferimento, erano stati prodotti studi effettuati presso un centro di ricerca che, a seguito di accertamenti, venivano ritenuti non condotti in conformità alle Linee guida delle norme di buona pratica clinica. In conseguenza, l’Aifa – con provvedimento del 2009 – disponeva la revoca dell’autorizzazione all’immissione in commercio ai sensi dell’art. 141 c. 3 D.lgs. n. 219/2006. L’azienda ha presentato opposizione al provvedimento sostenendo, tra l’altro, che altri studi di bioequivalenza erano comunque stati favorevolmente condotti. L’Aifa, con determinazione del 2011, ha rigettato l’opposizione osservando, sulla base del parere espresso dall’apposita Commissione tecnico scientifica, l’impossibilità di rivalutare il dossier a suo tempo presentato sulla base di studi non compresi nel dossieroriginale e pertanto ritenuti insuscettibili di essere presi in considerazione in sostituzione dello studio inizialmente presentato. L’interessato ha proposto ricorso al Tar competente che lo ha respinto con sentenza appellata dinanzi al Consiglio di Stato.

Profili giuridici

Con riferimento alla disciplina come temporalmente vigente in relazione ai fatti di causa, il Consiglio di Stato, tra gli altri aspetti, ha osservato che per il rilascio dell’autorizzazione all’immissione in commercio [Aic] di un farmaco, da parte dell’Aifa, autorità regolatoria, occorre, ai sensi dell’art. 8 del D.Lgs. n. 219 del 2006, la presentazione di un dossier contenente tutti gli elementi ritenuti necessari (denominazione del medicinale, la sua composizione qualitativa e quantitativa, la descrizione del metodo di fabbricazione, le sue indicazioni terapeutiche e le controindicazioni e reazioni sperimentali, i risultati delle prove farmaceutiche, chimico-fisiche, biologiche o microbiologiche etc.). Per i medicinali generici tale disposizione si integra con quella dettata dall’art. 10, comma 1, dello stesso D.Lgs. n. 219 del 2006, secondo cui il richiedente non è tenuto a fornire i risultati delle prove precliniche e delle sperimentazioni cliniche se può dimostrare che il farmaco è un medicinale generico di un medicinale di riferimento che è autorizzato o è stato autorizzato, a norma del precedente articolo 6, da almeno otto anni in Italia o in altro Stato comunitario. Il richiedente è peraltro tenuto a dimostrare, nel suo dossier, la bioequivalenza con il medicinale di riferimento dimostrata da studi appropriati di biodisponibilità. L’art. 141 del D.Lgs. n. 219 del 2006, ha evidenziato ancora il Collegio, riconosce poi all’Aifa, nell’esercizio delle sue funzioni di vigilanza, il potere di revocare un’autorizzazione già rilasciata non solo quando il medicinale risulta nocivo o non permette di ottenere l’effetto terapeutico per il quale è stato autorizzato o non ha la composizione qualitativa e quantitativa dichiarata (comma 2) ma anche quando (comma 3) “si riscontra che le informazioni presenti nel fascicolo a norma dell’articolo 8 o degli articoli 10, 11, 12, 13 e 14 sono errate o non sono state modificate a norma dell’articolo 33, o quando non sono stati eseguiti i controlli sul prodotto finito, o sui componenti e sui prodotti intermedi della produzione, in base ai metodi adottati per l’AIC, nonché nei casi in cui le sperimentazioni presentate a supporto della richiesta di AIC siano state condotte senza rispettare i principi e le linee guida delle norme di buona pratica clinica fissati dalla normativa comunitaria“.

Gli studi presenti nel dossier non potevano essere sostituiti con studi svolti altrove per farmaci analoghi con lo stesso principio attivo: tali studi non erano stati inseriti nel dossier riguardante il farmaco prodotto dall’appellante ai fini delle valutazioni necessarie per il rilascio dell’autorizzazione richiesta né erano stati richiamati. Peraltro tali studi, eventualmente utili ai fini del rilascio di una nuova autorizzazione, non potevano nemmeno consentire una rivalutazione postuma della questione alterandosi altrimenti le rigorose regole dettate in materia, anche ai fini della tutela della salute, per il rilascio dell’autorizzazione all’immissione in commercio di farmaci (anche generici).

Esito del giudizio

Il Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso proposto.

[Avv. Rodolfo Pacifico – www.dirittosanitario.net]

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