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Il giudice competente nel contratto di agenzia

La differenza tra agente individuale e società di agenzia

Non sono rari i contratti di agenzia in cui viene previsto quale foro competente per l’eventuale causa il tribunale del luogo in cui ha sede l’azienda. Spesso la formula usata in contratto, non priva di una certa solennità, recita: “Per qualunque controversia derivante dal presente incarico si pattuisce espressamente l’esclusiva competenza del Foro di …….” .

Sul punto vogliamo ricordare  che nel caso di agente che opera in forma individuale si presume sempre la competenza del giudice del lavoro in quanto al rapporto di agenzia si applicano per espressa previsione del legislatore (art. 409 cpc) le norme processuali sul rito del lavoro. Precisamente l’art. 413 del codice di procedura civile prevede che competente per territorio per le controversie di agenzia sia il giudice nella cui circoscrizione si trova il domicilio dell’agente, del rappresentante di commercio e che siano nulle eventuali clausole derogative.

La disposizione vale anche nel caso in cui la clausola sia fatta sottoscrivere espressamente all’agente, come nel caso delle c.d. clausole vessatorie, in quanto si tratta di una nullità assoluta ed insanabile. Ovviamente tale tutela opera solo nei confronti degli agenti individuali e non anche per le società di agenzia, non essendo a quest’ultimi soggetti estensibili le tutele del lavoro subordinato.

È vero, che vi sono dei casi in cui a fronte della presenza di una compagine sociale non è riscontrabile l’esistenza di un’organizzazione imprenditoriale ed anzi l’attività risulta di fatto prestata in forma  prevalentemente personale da uno solo dei soci.

In questi casi, però, l’eventuale clausola derogativa della competenza è valida e la giurisprudenza concorda nel ritenere che poiché l’esistenza di una compagine sociale comporta una presunzione dell’insussistenza del carattere prevalentemente personale spetti eventualmente all’agente fornire prova contraria, al fine di vedersi applicare le norme sul rito del lavoro.

Pubblicato da Federagenti – 24 gennaio 2022


Nota:

Anche per l’ISF subordinato la sua abitazione, completa del materiale ivi utilizzato, fornito dal datore, deve ritenersi una dipendenza aziendale e pertanto il Tribunale territorialmente competente è quello della sua residenza.

Si ricorda che l’informatore scientifico del farmaco non può essere inquadrato come agente.

A tal proposito ricordiamo le sottostanti sentenze

Attività di informatore medico-scientifico: differisce dall’attività dell’agente?

L’attività del propagandista di medicinali (definito anche propagandista scientifico o informatore medico-scientifico), che può svolgersi sia nell’ambito del rapporto di lavoro autonomo che in quello del rapporto di lavoro subordinato, consiste nel persuadere la potenziale clientela dell’opportunità dell’acquisto, informandola del prodotto e delle sue caratteristiche, ma senza promuovere (se non in via del tutto marginale) la conclusione di contratti. Dall’anzidetta attività differisce quella dell’agente, il quale, nell’ambito di un’obbligazione non di mezzi ma di risultato, deve altresì pervenire alla promozione della conclusione dei contratti, essendo a questi direttamente connesso e commisurato il proprio compenso.

Cassazione civile sez. lav., 16/04/2021, n.10158

Inoltre l’ordinanza della Corte di Cassazione è in linea con la Sentenza della Sez. Lavoro della stessa Corte del 15 settembre 2014, n. 19394 in cui dichiarava che “anche se qualificato nero su bianco come contratto di agenzia, va invece ricondotto ai canoni del lavoro subordinato il rapporto di colui che – pur con un limitato margine di autonomia – svolga prevalentemente l’attività di informatore medico-scientifico piuttosto che quella di agente di commercio”.

Infine, per meglio comprendere la “ratio” di queste sentenze occorre riprendere la dichiarazione della Cassazione che diceva: “Il consumo dei farmaci non è regolato dal criterio del piacere, ma da quello dell’utilità, mediata dalla classe medica, sicché i medici sono destinatari di una specifica forma di pubblicità che mira non già a reclamizzare astrattamente il prodotto decantandone le virtù o la piacevolezza visiva della confezione, ma ad informarli della natura e delle utilità farmaceutiche del prodotto, in quali ipotesi risulti indicato, in quali no ed in quali sia addirittura nocivo (v. Cass. n. 25053 del 2006; v. anche v. Cass. n. 8844 del 2014; Cass. n. 2349 del 2013; Cass. n. 5494 del 2013)”

La stessa Fondazione Enasarco, il fondo pensionistico esclusivamente per agenti (Art. 1 Regolamento Enasarco), non accetta ISF in quanto non possono essere agenti di commercio, li accetta solo se scelgono facoltativamente e  volontariamente l’Enasarco come fondo pensione complementare

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Redazione Fedaisf

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