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Troppi rischi, il Lazio ha deciso: niente farmaci equivalenti per i trapiantati

Il rischio di rigetto potrebbe innalzarsi, a causa della sostituzione dei farmaci immunosoppressori cosiddetti "griffati" (sperimentati) con dei farmaci generici teoricamente equivalenti. La battaglia vinta di Acti Roma.

 

ROMA – La spending review colpisce anche chi ha subito un trapianto d’organo: oggi il rischio di rigetto potrebbe innalzarsi, a causa della sostituzione dei farmaci immunosoppressori cosiddetti "griffati" (ampiamente sperimentati e clinicamente testati sul paziente) con dei farmaci generici teoricamente equivalenti, ma i cui effetti non sono completamente prevedibili. A denunciare la situazione, che in questo momento angoscia chi ha subito un trapianto, è Tonino Badaracchi, trapiantato di cuore nel 2002, che in questi mesi ha condotto una tenace battaglia, come presidente di Acti (Associazione cardiotrapiantati italiani) di Roma, ottenendo un importante risultato, proprio pochi giorni fa: "Con un provvedimento regionale del 13 settembre, l’allarme sembra rientrato: i vecchi trapiantati torneranno ad avere i loro farmaci, mentre ai nuovi trapiantati potrà essere somministrato anche il generico i cui effetti saranno regolarmente controllati nei frequenti controlli a cui si è sottoposti immediatamente dopo l’intervento".

A livello nazionale, però, la questione non è risolta e Tonino ce la descrive in tutta la sua gravità: "I farmaci immunosoppressivi – spiega – ci vengono forniti direttamente dalle Asl e non in farmacia. Ora, in molte Asl di tutta Italia stanno iniziando a mancare i farmaci tradizionali, sostituiti dai generici. E’ per noi una vera imposizione, che comporta per noi seri rischi. Stava accadendo così anche a Roma, specialmente nella Asl RomaB, dove i pazienti erano costretti a prendere gli equivalenti. C’è voluta una lunga battaglia – spiega – per riuscire a ottenere questo importante risultato. Su mia sollecitaizone, il professor Casciani, uno dei massimi esperti di trapianti in Italia e in Europa, a scrivere alla regione, descrivendo i rischi che questo provvedimento comportava. E la Regione ha finalmente reagito".

Nella sua lettera, il professor Casciani spiega infatti che "per la sicurezza del paziente trapiantato è stato suggerito dal punto di vista internazionale che il medico dell’ospedale di riferimento prescriva al paziente trapiantato sempre lo stesso farmaco antirigetto generico, che ha studiato sul trapiantato. Visto il pericolo di rigetto, sui vecchi trapianti si può continuare la terapia con farmaci antirigetto ‘griffati’, per i nuovi trapiantati si può iniziare l’uso dei farmaci antirigetto generici, dopo un attento studio farmacocinetico e farmacodinamico per non correre il rischio di un rigetto, che nel caso del trapianto di fegato e di cuore spesso significa la morte del paziente. Da 46 anni conosco questi malati e posso assicurare che hanno un equilibrio biologico molto delicato e instabile, quindi il cambio di un farmaco antirigetto non studiato sotto il punto di vista precedentemente esplicato significa mettere a rischio non solo il trapianto ma la stessa vita del trapiantato. Per una nazione civile e tecnologicamente avanzata – conclude Casciani – ogn

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