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Esami in farmacia? Allora noi medici venderemo pillole.

 

«Esami e controlli medici in farmacia? E chi paga? La Regione o il cittadino?». L’idea della farmacia “supermarket  della salute e del benessere” non piace ai medici di medicina generale che criticano di rimando il decreto 153 che attribuisce alle farmacie pubbliche e convenzionate con il Servizio sanitario nazionale – previo accordo con le Regioni – di erogare servizi assistenziali di primo e di secondo livello.

«Il decreto», argomenta il segretario provinciale e regionale Fimmg del Veneto, Lorenzo Adami, «confonde i modi e le modalità di erogazione dei livelli assistenziali.  Applica una logica inappropriata che, se troverà sponda al tavolo regionale, inevitabilmente sarà oggetto della nostra presa di posizione. Siamo disponibili, come medici di medicina generale, a confrontarci sulla migliore gestione dell’assistenza sul territorio, consapevoli che la conflittualità fra servizi all’interno del Servizio sanitario gioca solo a sfavore dell’assistito, ma non possiamo sposare la logica del “tutti che possono fare tutto”. Altrimenti chiederò a livello regionale che i medici di famiglia possano vendere i farmaci che prescrivono.  D’altra parte già distribuiamo vaccini antinfluenzali e vitamina D che andiamo a prendere ai distretti, perché non potremmo ampliare l’offerta?».

Lanciata la provocazione, il Dr. Adami entra nel merito della questione. «Non capisco il senso dell’operazione e mi pongo – e pongo – alcune domande. Se la farmacia è destinata a diventare un centro di assistenza, chi si farà carico dei maggiori oneri? Il farmacista attingendo dal suo margine economico? Se così fosse, ci sarebbe inevitabilmente un aumento dei costi. Il cittadino? Oppure la Regione? Ma se la Regione ha i fondi necessari, perché non fornisce a noi medici, anziché ai farmacisti che in fin dei conti gestiscono un negozio, gli infermieri professionali che richiediamo da anni per poter erogare un miglior servizio ai cittadini?»

«Il potenziamento della sanità sul territorio», conclude Adami, «deve necessariamente passare attraverso la medicina generale. È sul medico di famiglia che si deve far perno per ogni potenziamento del territorio, investendo nella medicina di gruppo, sulle reti e sulle unità di medicina generale».

P.Col.  – L’Arena di Verona – 11/12/2009

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