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Sentenza Corte Europea. La pubblicità sui medicinali è subordinata a condizioni, restrizioni e divieti allo scopo di assicurare la tutela della sanità pubblica

La promozione pubblicitaria di medicinali sulla base del prezzo è contraria al diritto Ue

SENTENZA DELLA CORTE EUROPEA (Grande Sezione) 22 dicembre 2022 nella causa C‑530/20

Comunicato Stampa della Corte di Giustizia Europea n. 216/22 del 22 dicembre 2022

La Corte di Giustizia Europea ha pubblicato un’importante sentenza che riguarda la pubblicità sui medicinali.

L’occasione è stata la contestazione della società lettone SIA «EUROAPTIEKA» che esercita un’attività farmaceutica in Lettonia. Nel 2016, l’Ispettorato della sanità pubblica lettone le ha vietato di diffondere una pubblicità relativa ad una vendita promozionale di medicinali, sul fondamento di una disposizione nazionale che vieta la pubblicità dei medicinali basata sui prezzi, su offerte promozionali o su vendite combinate di medicinali e di altri prodotti.

La Corte Europea ha sentenziato che la legislazione lettone che vieta la pubblicità dei medicinali basata sui prezzi, su offerte promozionali o su vendite combinate di medicinali e di altri prodotti è compatibile con il diritto dell’Unione. Simili contenuti pubblicitari favoriscono l’uso irrazionale dei medicinali e devono essere vietati dagli Stati membri.

La nozione di «pubblicità dei medicinali»

La Corte Europea richiama quanto disposto dalla Direttiva 2001/83CE, attuata in Italia dal D.Lgs. 219/06, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano. Lo scopo principale delle norme relative alla produzione, alla distribuzione e all’uso di medicinali deve essere quello di assicurare la tutela della sanità pubblica.

Il titolo VIII di tale direttiva, intitolato «Pubblicità» e il titolo VIII bis della stessa, intitolato «Informazione e pubblicità» definisce che si deve intendere per “pubblicità dei medicinali” qualsiasi azione d’informazione, di ricerca della clientela o di incitamento, intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali; essa comprende in particolare la pubblicità dei medicinali presso il pubblico. 

L’articolo 87 della direttiva 2001/83 prevede in particolare quanto segue: «tutti gli elementi della pubblicità di un medicinale devono essere conformi alle informazioni che figurano nel riassunto delle caratteristiche del prodotto. La pubblicità di un medicinale deve favorire l’uso razionale del medicinale, presentandolo in modo obiettivo e senza esagerarne le proprietà e non può essere ingannevole»

L’articolo 88 della direttiva in questione, ai paragrafi da 1 a 3 così dispone: Gli Stati membri vietano la pubblicità presso il pubblico di medicinali che possono essere forniti soltanto dietro presentazione di ricetta medica, ai sensi del titolo VI.

L’articolo 86, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 definisce la nozione di «pubblicità dei medicinali» come «qualsiasi azione d’informazione, di ricerca della clientela o di incitamento, intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali». Tale nozione dev’essere considerata una nozione autonoma del diritto dell’Unione, che deve essere interpretata in modo uniforme nel territorio di quest’ultima, tenendo conto non soltanto della lettera della disposizione stessa, ma anche del contesto in cui essa si inserisce e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui fa parte.

Negli articoli da 86 a 88 di tale direttiva, occorre sottolineare che tali disposizioni stabiliscono le norme generali e fondamentali in materia di pubblicità dei medicinali (v., in tal senso, sentenza del 5 maggio 2011, Novo Nordisk, C‑249/09, EU:C:2011:272, punti 22, 24 e 25). Ne consegue che, come sostanzialmente rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 44 delle sue conclusioni del 9 dicembre 2021, dette disposizioni sono applicabili a qualsiasi azione intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali.

Dall’articolo 89 di detta direttiva non può pertanto dedursi che la nozione di «pubblicità dei medicinali», ai sensi dell’articolo 86, paragrafo 1, della medesima direttiva, dev’essere intesa nel senso che essa comprende unicamente la pubblicità di un determinato medicinale e non in senso lato indeterminato.

Le finalità perseguite dalla direttiva 2001/83 risulta che essa ha come obiettivo essenziale quello di assicurare la tutela della sanità pubblica. È per tali ragioni che, da un lato, l’articolo 87, paragrafo 1, e l’articolo 88, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2001/83 vietano, senza eccezioni, rispettivamente qualsiasi pubblicità di un medicinale per cui non sia stata rilasciata un’autorizzazione all’immissione in commercio conforme al diritto dell’Unione e qualsiasi pubblicità presso il pubblico dei medicinali che possono essere forniti soltanto dietro presentazione di ricetta medica e, dall’altro, l’articolo 88, paragrafo 3, di tale direttiva consente agli Stati membri di vietare sul loro territorio la pubblicità presso il pubblico dei medicinali rimborsabili.

Orbene, l’obiettivo essenziale di assicurare la tutela della sanità pubblica sarebbe in larga parte compromesso se l’articolo 86, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 fosse interpretato nel senso che un’azione di informazione, di ricerca della clientela o di incitamento, intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali senza fare riferimento a un determinato medicinale non rientri nella nozione di «pubblicità dei medicinali», ai sensi di tale disposizione, e non sia, pertanto, soggetta ai divieti, alle condizioni e alle restrizioni previste da tale direttiva in materia di pubblicità.

Se la pubblicità di medicinali indeterminati fosse esclusa dall’ambito di applicazione della direttiva 2001/83, i divieti, le condizioni e le restrizioni che essa prevede in materia di pubblicità a causa dei rischi che possono derivare da un uso eccessivo e sconsiderato di medicinali sarebbero in larga parte privati del loro effetto utile e l‘obiettivo essenziale di assicurare la tutela della sanità pubblica perseguito da tale direttiva sarebbe ampiamente compromesso

Dalla direttiva 2001/83 risulta che la finalità del messaggio costituisce la caratteristica essenziale della nozione di «pubblicità dei medicinali» ai sensi di tale disposizione, e l’elemento determinante per distinguere la pubblicità dalla mera informazione. Laddove il messaggio sia inteso a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali, si tratta di pubblicità ai sensi di tale direttiva. Al contrario, un’indicazione meramente informativa senza intenti promozionali.

Si deve ritenere che, impedendo la diffusione di elementi di pubblicità che incoraggino l’uso irrazionale ed eccessivo dei medicinali non soggetti a prescrizione medica e non rimborsabili rispondano all’obiettivo essenziale di assicurare la tutela della sanità pubblica. Gli Stati membri devono vietare, al fine di evitare il sorgere di rischi per la sanità pubblica, qualsiasi contenuto pubblicitario che sia tale da favorire l’uso irrazionale dei medicinali.

Per concludere, è vero che la Direttiva Europea, attuata in Italia dall’art. 113 del D.Lgs. 219/06, intende per «pubblicità dei medicinali» qualsiasi azione d’informazione, di ricerca della clientela o di esortazione, intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali. Ma è intesa in senso lato su tutti i farmaci e non specifica. “La direttiva 2001/831 che armonizza le disposizioni sulla pubblicità dei medicinali, la subordina a condizioni, restrizioni e divieti allo scopo di assicurare la tutela della sanità pubblica“.

In Italia la pubblicità presso gli operatori sanitari è regolamentata dall’art. 119 e seguenti del D.Lgs.219/06. Si specifica che l’informazione scientifica (non pubblicità) presso gli operatori sanitari deve essere realizzata nel rispetto dei criteri e delle linee guida adottate dall’AIFA, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sentite le associazioni dell’industria farmaceutica. E l’art. 122  definisce i Requisiti e attività degli informatori scientifici in cui si afferma che l’informazione sui medicinali può essere fornita al medico e al farmacista dagli informatori scientifici e non da altri.

E che non debba essere pubblicità normalmente intesa ma informazione scientifica è ribadito dallo stesso art. 122, comma 6, che pone gli informatori scientifici del farmaco alle dipendenze di in servizio scientifico la cui funzione è descritta dall’art. 126 in cui si afferma che rientra nei suoi compito la verifica che gli informatori scientifici alle proprie dipendenze sono in possesso di una formazione adeguata e rispettino gli obblighi imposti dal presente decreto 219/06. Inoltre si afferma che “Il Servizio scientifico deve essere indipendente dal Servizio marketing dell’impresa farmaceutica“.

 

Nota: Per pubblicità, come la definisce la Treccani, nel nostro caso è “divulgazione, diffusione tra il pubblico (nel nostro caso operatori sanitari). In particolare, l’insieme di tutti i mezzi e modi usati allo scopo di segnalare l’esistenza e far conoscere le caratteristiche di prodotti, servizi, prestazioni di vario genere

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Redazione Fedaisf

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