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Il nuovo codice degli appalti in vigore dal 1 luglio

Il nuovo codice degli appalti, il testo unico che regola gli acquisti pubblici, è entrato in vigore dal 1 luglio. Non è una legge specifica per il settore sanitario, nonostante questo sia un settore di grande rilevanza strategica nell’ambito della spesa pubblica ed anche, più nello specifico, per la realizzazione degli obiettivi del PNRR.

Nella Gazzetta Ufficiale del 31 marzo scorso è stato pubblicato il decreto legislativo numero 36/2023, che contiene il nuovo Codice dei contratti pubblici.
Il nuovo testo unico sugli appalti nasce dall’esigenza di garantire il rispetto, da parte dello Stato italiano, del Piano di Ripresa e Resilienza (legge 108/2021), proprio per assicurare l’applicazione in Italia dei principi di derivazione comunitaria , tra le cui riforme abilitanti era appunto annoverata anche quella sui contratti pubblici.

Il nuovo corpus normativo, 229 articoli suddivisi in cinque libri idealmente separati tra loro, cui si aggiungono 38 allegati, risulta pubblicato ‘completo’, ovvero privo di rinvii e rimandi che invece caratterizzavano i primi due Codici degli appalti. Ciò consente oggi a chi lo legge di conoscere da subito tutte le possibili implicazioni di ogni singola scelta e decisione, nel pieno rispetto di quel principio di legalità inteso come preventiva conoscenza delle conseguenze legali di ogni comportamento.

Le versioni precedenti avevano seguito ben altra sorte: i decreti attuativi (Dpr n. 207/2010) furono pubblicati ben quattro anni dopo l’approvazione del DLgs 163/2006  e il successivo DLgs 50 del 2016 – che recepiva le Linee Guida ANAC, non ha mai ricevuto il conforto dei regolamenti attuativi.

La nuova legge si avvale inoltre di un periodo di “sospensiva”. Questo significa che non solo tutte le gare il cui bando è stato pubblicato dopo il 31 marzo 2023, ma anche quelle che sono state pubblicate  prima del 30 giugno, continueranno a essere regolamentate dal Codice precedente.
Soltanto le gare indette e pubblicate dopo il 1 luglio dovranno obbligatoriamente applicare il nuovo testo normativo.

Il DLgs n. 36 nasce dunque nel rispetto degli impegni che la stessa Italia si è assunta all’atto di presentazione del Pnrr, di cui una delle riforme abilitanti previste era proprio quella del Codice degli appalti, a cui si aggiunge poi la necessità d’adeguare l’attuale Codice alla giurisprudenza della Corte di Giustizia europea ed a quella della Corte Costituzionale, “nonché al fine d’evitare l’avvio di procedure d’infrazione da parte della Commissione europea e di giungere alla risoluzione delle procedure avviate” (Legge n. 78 del 21/6/2022 di delega del Parlamento al Governo per la redazione di un nuovo Codice dei contratti pubblici).

Grande attenzione alla enunciazione dei Principi generali che dovranno essere seguiti ed applicati in tutte le fasi del procedimento (dalla redazione, all’esperimento di gara, fino alla fase esecutiva del contratto). Si passa da 2 a ben 11 articoli per gettare le fondamenta della procedura. Particolare enfasi viene dato al “principio del Risultato”, vera e propria cartina al tornasole, nonché principio che racchiude in sé quello di legalità, di trasparenza e di tutela della concorrenza.

Con la digitalizzazione si archivia definitivamente la gara cartacea. Viene così previsto che tutti i procedimenti amministrativi connessi al ciclo di vita dei contratti pubblici siano svolti digitalmente (articolo 19, comma 3) e gestiti su piattaforme digitali (articolo 21, comma 2), giungendo infine a prevedere anche il possibile utilizzo, “per migliorare l’efficienza delle stazioni appaltanti”, dell’intelligenza artificiale (articolo 30, comma 1).

Anche tutte le comunicazioni relative alle gare, fino alla pubblicazione dei relativi esiti, avverranno d’ora in poi solo sulla Banca Dati nazionale dei contratti pubblici nonché utilizzando le piattaforme di approvvigionamento digitale (articolo 29), fermo restando, tuttavia, che quell’Ecosistema nazionale di approvvigionamenti digitali – come futuristicamente tratteggiato nell’articolo 22 – risulta a oggi una mera dichiarazione d’intenti.

Tre gli elementi di novità principali

Il criterio di aggiudicazione. Rimane la possibilità di aggiudicare al prezzo più basso i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato e tradizionalmente vengono ritenuti appartenere a questa categoria i farmaci.

Sotto questo aspetto, però, recentemente il Consiglio di Stato ha chiarito che non tutte le gare farmaci possono essere aggiudicate secondo il criterio del prezzo più basso, dal momento che ciò è possibile a condizione che il confronto tra le caratteristiche tecniche dei due (o più) farmaci siano oggettivamente confrontabili senza ricorrere ad alcun tipo di discrezionalità (Cons. Stato, V, n. 7000/2020). Ciò pone effettivamente le basi per l’obbligo di valutare le offerte con il criterio qualità-prezzo (offerta economicamente vantaggiosa).

Perciò spetta ora alle singole amministrazioni stabilire quanto pesa il prezzo e quanto la qualità. Abbattere il vincolo del 70/30 nel rapporto qualità- prezzo apre dunque la strada ad un’applicabilità anche nel settore farmaco. Anzi, il nuovo codice conferma allo stesso tempo (con incremento della soglia minima a 140.000 eu) l’obbligo di aggiudicare alla qualità-prezzo se la fornitura o il servizio abbiano notevole contenuto tecnologico o carattere innovativo.

La definizione di farmaco innovativo presenta caratteristiche peculiari, che si riferiscono a tre elementi basilari (determina AIFA n. 1535/2017): bisogno terapeutico, valore terapeutico aggiunto e robustezza delle prove scientifiche.

Il secondo aspetto sembra specificamente destinato a mutare gli scenari nelle gare per l’acquisto di dispositivi medici. Il nuovo codice, ponendo fine ad una diatriba giurisprudenziale piuttosto articolata e non sempre lineare nelle soluzioni proposte, consente senza condizioni al Responsabile Unico del Procedimento (RUP) di prendere parte alla commissione di valutazione tecnica delle offerte. Ciò, sia chiaro, anche nelle gare aggiudicate al prezzo più basso, perché comunque si deve verificare la conformità tecnica del prodotto offerto alle caratteristiche richieste.

Il terzo aspetto riguarda infine le procedure per accordo quadro. Già nell’ultima parte della vigenza del codice del 2016 si era fatta avanti una certa interpretazione della funzione di queste procedure, nell’ambito dell’acquisto di farmaci e dispositivi medici, non più esclusivamente finalizzata alla formazione di una graduatoria da utilizzare nello stretto e rigido ordine di classifica, ma che invece consentisse al medico la scelta, tra i prodotti utilmente classificati, di quello più idoneo sotto il piano tecnico-terapeutico alla cura del paziente. Va ricordato, ad esempio, che già il T.A.R. per la Lombardia affermò, con riferimento ai dispositivi medici, che nell’ambito di un accordo quadro per la fornitura di apparecchi medici, è possibile derogare all’ordine fra imprese come risultante dalla classifica finale di gara per rispettare la prescrizione del medico e garantire così la continuità dell’assistenza a pazienti già in cura.

L’ambito sanitario è carente

A fronte di tante novità viene però segnalata, da parte dei commentatori, la grave carenza di norme specifiche per il settore sanitario, come invece risulta per il settore dei Beni culturali, oppure per i contratti nel settore della Difesa, nonostante sia stato più volte ribadito dagli ultimi governi il valore “strategico” del settore, anche alla luce della drammatica esperienza di Covid-19.

Pur risultando disposta una “disciplina speciale” per i servizi sociali e per quelli alla persona (articoli 127-128), non è stato invece ritenuto necessario differenziare gli approvvigionamenti sanitari (farmaci e dispositivi medici) rispetto ad altre forniture, non volendo quindi riconoscere in capo ad essi alcuna specifica peculiarità, che invece risulta ben presente sia per i farmaci biosimilari (per esempio) sia per la rilevanza degli investimenti nelle tecnologie sanitarie (difficilmente riconosciuta e premiata in una gara “classica”).

Sono solo due gli specifici riferimenti al settore sanità: l’articolo 5, ultimo comma dell’Allegato I.2 prevede che “Per le forniture o i servizi connotati da particolari caratteristiche tecniche, quali dispositivi medici, dispositivi antincendio la stazione appaltante possa richiedere, oltre ai requisiti di esperienza di cui al comma 2, il possesso della laurea magistrale nonché di specifiche comprovate competenze”.

L’articolo 32, comma 2 dell’Allegato II.14, nell’individuare le forniture e i servizi di particolare importanza per le quali il Direttore dell’esecuzione del contratto (D.e.c.) non può essere la stessa persona che ha svolto l’incarico di Rup, annovera tra i servizi, anche quelli “sanitari e sociali”.
Francamente troppo poco, tenendo conto del peso economico e sociale del comparto.


Trendsanità ha pubblicato una interessante  LIVE giovedì 6 luglio dal titolo “Nuovo codice dei contratti pubblici: cosa cambia per il settore farmaceutico?” alla quale hanno partecipato l’Ing. Adriano Leli – Direttore Generale di IntercentER, il Dott. Fausto Bartolini- Direttore del Dipartimento Farmaceutico della USL 2 Umbria, Avv. Roberto Bonatti dello Studio Legale Russo-Valentini di Bologna.


D.Lgs n. 36 del 31 marzo 2023

BibLus-net – 43esimo Quaderno ANCI: le novità del Codice appalti – 29 giugno 2023

Aboutpharma – Risultato, fiducia, accesso: i tre princìpi che ispirano il nuovo codice appalti – 22 marzo 2023

Aboutpharma – Nuovo codice appalti: tante le novità rilevanti, ma la sanità non si tocca – 25 maggio 2023

Trendsanità – Gli appalti in sanità con il nuovo codice – 30 giugno 2023

 

 

 

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