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LA NUOVA INDUSTRIA DELLA SALUTE

La qualità degli addetti è la caratteristica distintiva delle aziende, con nove assunzioni su dieci tra laureati e diplomati e con la formazione continua che è 2,5 volte quella del totale dell’economia L’Italia, in confronto a Francia, Spagna e Germania, ha una maggiore quota di popolazione con più di 65 anni, ma una spesa pubblica per medicinali minore: i prezzi sono più bassi della media europea

L’industria farmaceutica rappresenta uno dei più importanti settori manifatturieri del nostro Paese, fonte di occupazione molto qualificata, di elevati investimenti in ricerca, di internazionalizzazione produttiva. Nel 2007 – secondo gli ultimi dati ufficiali disponibili – la produzione in valore realizzata in Italia è stata pari a 22,571 miliardi di euro. La farmaceutica si conferma al primo posto per intensità di Ricerca e Sviluppo, con valori di circa 10 volte la media dell’industria. L’export determina il 53% del valore della produzione. Gli addetti sono circa 72.000, ai quali vanno aggiunti gli oltre 6.000 del settore R&S. La qualità degli addetti è caratteristica distintiva del settore, con il 90% delle assunzioni tra laureati e diplomati, ruoli importanti per le donne (che sono ad esempio il 53% degli addetti alla Ricerca) e i giovani, oltre che una propensione alla formazione continua che è 2,5 volte quella del totale dell’economia. Per avere un’idea esatta del peso economico del comparto, occorre peraltro considerare anche le dimensioni dell’indotto farmaceutico, che fattura oltre 11 miliardi di euro, occupa 61.000 addetti e determina valore aggiunto per 3,5 miliardi di euro. Si tratta delle attività a monte della produzione di farmaci: tecnologie, materiali, sistemi e servizi per il processo e il confezionamento dei prodotti farmaceutici e parafarmaceutici. L’Osservatorio Pharmintech, alla cui azione collaborano tutte le più autorevoli sigle associative della filiera farmaceutica, ha delineato un insieme a elevata internazionalizzazione produttiva, in cui spiccano la presenza di imprese a capitale estero e un robusto tessuto di piccole aziende ad altissima tecnologia, tutte con spiccata propensione all’export, con presenza in crescita sui mercati mondiali grazie all’elevata innovazione di prodotto e all’attenzione ai costi di produzione. Rientrano nella classificazione i macchinari e gli impianti industriali per il processo e il confezionamento dei farmaci, i materiali e gli imballaggi in vetro, plastica, carta, cartone e poliaccoppiati vari da cui derivano fiale, flaconi, boccette, vasetti, scatole, fogli e libretti illustrativi, blister, bollini farmaceutici ed etichette autoadesive. All’interno dell’indotto farmaceutico sono classificabili anche specifiche attività di servizio come i servizi di ricerca sia scientifica che clinica, quelli di automazione industriale, di manutenzione, full service industriale di contoterzismo farmaceutico, nonché i servizi di attività regolatoria finalizzati al rispetto dei rigorosi standard qualitativi imposti da enti quali la Emea europea o la statunitense Fda. L’industria farmaceutica e il suo indetto devono peraltro fare i conti con una situazione di mercato in cui non mancano le criticità. L’Italia in confronto agli altri Paesi europei ha la maggiore quota di popolazione con più di 65 anni, ma la spesa pubblica per medicinali in farmacia è minore in valore assoluto rispetto a Francia (20.361 milioni), Germania (25.592) e Regno Unito (15.051). Secondo le stime di Farmindustria, in rapporto al Pil la spesa è minore di Francia, Germania e Spagna (rispettivamente 0,75% in Italia, 1,09% in Francia, 1,06% in Germania e 1,05% in Spagna) e superiore rispetto al solo Regno Unito, dove però l’Iva sui farmaci è 0%, in confronto al 10% in Italia (calcolato al netto dell’Iva il valore è dunque

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