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Perché chi si oppone ai vaccini non può essere convinto del contrario.

Studio americano. Le campagne di informazione possono risultare inefficaci e persino controproducenti perché falliscono nei confronti delle minoranze riluttanti

di Anna Meldolesi – 27 novembre 2014 – CORRIERE DELLA SERA  /  PEDIATRIA

AAP JournalIl nemico numero uno dei vaccini è il loro stesso successo: finché terranno a bada le malattie infettive, infatti, potremo concederci il lusso di dimenticare quanto siano pericolosi i germi e sottovalutare l’importanza dell’immunizzazione. Il nemico numero due è la psicologia delle credenze.

La psicologia delle credenze

Chi è fortemente convinto di qualcosa, come la pericolosità della vaccinazione, tende a mettere in atto delle strategie cognitive il cui scopo è confermare le proprie convinzioni, anche a dispetto delle evidenze. Per questo le campagne di informazione possono risultare inefficaci e persino controproducenti: convincono solo chi è già predisposto a ricevere il messaggio, mentre falliscono nei confronti delle minoranze riluttanti. Ci sono persone che si fidano poco della “medicina scientifica”, magari sospettano condizionamenti e conflitti di interessi, o hanno sentito qualche storia preoccupante e si sono spaventate.

Studio su un gruppo di genitori

Qual è il modo migliore per parlarci? Degli studiosi americani hanno testato un campione di 1759 genitori. Li hanno divisi in quattro gruppi, a ognuno dei quali è stato indirizzato un messaggio diverso, e poi hanno misurato come era cambiata la loro propensione a vaccinare i figli. La prima strategia è stata informarli che la scienza ha smentito l’ipotesi di un nesso causale tra vaccinazione ed autismo. Questa bufala è uno dei cavalli di battaglia dei gruppi anti-vaccini ed è tornata di attualità in questi giorni per la sentenza di un tribunale italiano, contro cui il Ministero della salute ha deciso di presentare ricorso. Quando ricevono le informazioni corrette, le persone tendono ad abbandonare la falsa credenza, questo però non significa che diventino automaticamente più favorevoli alla vaccinazione. Molti infatti si limitano a cambiare le ragioni della contrarietà, spostando l’attenzione dall’autismo ad altri rischi (veri o presunti) dell’immunizzazione.

La seconda strategia consisteva nell’informare i genitori della pericolosità delle malattie contro cui è prevista la vaccinazione, ma questo messaggio non ha migliorato la fiducia nei confronti dei vaccini. Là dove i numeri della scienza non arrivano, può arrivare il racconto di una madre che ha visto il figlio ammalarsi di una malattia prevenibile? Niente affatto, la strategia narrativa semmai ha spinto i riluttanti del terzo gruppo a enfatizzare gli effetti collaterali dei vaccini. L’ultima carta è stata mostrare delle fotografie di bambini non vaccinati che si sono ammalati: è vero che un’immagine vale più di mille parole? Non sempre, purtroppo. I più ostili infatti hanno reagito convincendosi ancor di più del legame tra vaccini e autismo.

Bisognerebbe testare anche le campagne di informazione

Il bilancio, scoraggiante, di questo studio pubblicato su “Pediatrics” è che nessuna delle strategie ha funzionato. Correggere le informazioni sbagliate non solo non ammorbidisce le resistenze, le può rafforzare. Per questo le campagne di informazione andrebbero testate, proprio come si fa per l’efficacia dei farmaci. Il sospetto è che l’approccio top-down debba essere sostituito da un contatto diretto, interattivo, umano con una figura di cui i genitori si fidano e che possa tarare il proprio messaggio sulle persone che si trova davanti. Il primo passo, insomma, dovrebbe essere quello di informare meglio medici di base e pediatri, non solo sull’ottimo rapporto rischi-benefici dei vaccini, ma anche sui tranelli psicologici della riluttanza a vaccinarsi.

Notizia correlata: Effective Messages in Vaccine Promotion: A Randomized Trial (Pediatrics)

Ma siamo sicuri che sia meglio farsi curare da un magistrato?

27 novembre 2014 – Libero Quotidiano Salute

Si torna a parlare di presunta associazione fra vaccinazioni e autismo. Ad accendere i riflettori sul tema è la sentenza del Tribunale del Lavoro di Milano che stabilisce che il Ministero della Salute dovrà versare un vitalizio a un bambino di nove anni, affetto da autismo, in quanto riconosciuto un nesso causale fra la malattia e una vaccinazione fatta nel 2006. Così recita la sentenza: “’acclarata la sussistenza del nesso causale tra tale vaccinazione e la malattia”. Secondo la perizia del medico legaleAlberto Tornatore nominato dal Tribunale: “E’ probabile che il disturbo autistico del piccolo sia stato concausato sulla base di un polimorfismo che lo ha reso suscettibile alla tossicità di uno o più ingredienti (o inquinanti) dal vaccino Infrarix Hexa Sk”. La diagnosi di autismo era arrivata nel 2010. L’anno seguente la famiglia presentò al Ministero della Salute una domanda di indennizzo che fu respinta. In seguito alla sentenza, formulata in questi giorni, la famiglia riceverà un assegno bimestrale il cui importo sarà calcolato a partire da una base di 1.683 euro, più un indennizzo una tantum. Il Ministero della Salute ribadisce che i vaccini non sono correlati ai disturbi dello spettro autistico e rende noto, attraverso un comunicato stampa “di aver proposto, per il tramite dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato, tempestivamente appello avverso la predetta sentenza dinanzi alla Corte di appello di Milano”.

Una storia ‘vecchia’. In realtà, nei casi precedenti relativi a una presunta associazione vaccini-autismo, sul banco degli imputati era stato messo il vaccino trivalente, il cosiddetto MMR (Morbillo, Parotite, Rosalia) chiamato in causa nel 1998 da uno studio pubblicato su Lancet a firma diAndrew Wakefield. Nel 2010 Andrew Wakefield fu radiato dal Medical Register, l’albo dei medici del Regno Unito, per frode scientifica: aveva falsificato i dati dei suoi lavori forse condizionato dal suo legame con l’avvocato Richard Barr che voleva intentare una causa contro chi distribuiva il vaccino. Nei suoi fallaci tentativi Andrew Wakefield voleva dimostrare che il vaccino trivalente provoca un danno all’intestino dal quale deriva il mal assorbimento di alcuni componenti essenziali per lo sviluppo corretto del sistema nervoso. Tale danno non è mai stato provato scientificamente. A finire sotto accusa questa volta è il vaccino esavalente, InfrarixHexa Sk, prodotto dalla GlaxoSmithKline indicato per la vaccinazione primaria e di richiamo (booster) dei bambini contro difterite, tetano, pertosse, epatite B, poliomielite e malattia causata da Haemophilus influenzae tipo b.

Cosa dice la sentenza. Vediamo le motivazioni della sentenza. Nella relazione presentatadal medico legale si fa riferimento a un documento riservato della GSK, l’azienda che produce il vaccino, relativo agli effetti collaterali del suddetto prodotto. Effetti che, secondo l’esperto, sarebbero emersi nel corso delle sperimentazioni cliniche che precedono l’autorizzazione e quindi l’immissione in commercio del prodotto o successivamente. In particolare, l’attenzione del perito è rivolta a “cinque casi di autismo segnalati durante i trial, ma rimasti unlisted, ossia omessi dall’elenco degli effetti avversi sottoposto alle autorità sanitarie per l’autorizzazione al commercio”. Dalla sentenza si evince che tali effetti collaterali sarebbero imputabili alla presenza nel vaccino, dimostrata dall’autorità sanitaria australiana, di un disinfettante a base di mercurio attualmente bandito a causa della potenziale neuro-tossicità.

La voce dell’OMS e dell’AIFa. L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFa), organo che si occupa di monitorare la sicurezza dei farmaci prima che entrino in commercio e nelle fasi di utilizzo degli stessi, prende le distanze e fa sapere tramite un suo portavoce che ad oggi non risultano cambiamenti nel profilo beneficio/rischio per il vaccino esavalente prodotto dalla GlaxoSmithKline. Anche l’OMS entra nel dibattito. Lo fa attraverso le parole di Paolo Bonanni, uno dei massimi esperti in materia di vaccini nonché membro della task force che a livello europeo si occupa di queste tematiche, che ritiene la sentenza infondata dal punto di vista scientifico. “Si tratta di una malattia le cui cause sono in parte sconosciute. Studi recenti rivelano che sarebbe legato a delle alterazioni della corteccia cerebrale precedenti alla nascita” commenta l’esperto. Una delle immediate conseguenze della sentenza è un aumentato allarmismo al quale conseguirà una diminuzione dei bambini vaccinati. In realtà un calo è già stato ampiamente percepito. Basti pensare che nel 2013 le coperture medie nazionali per quasi tutte le vaccinazioni hanno registrato un’importante flessione, raggiungendo il livello più basso negli ultimi 10 anni. (CHIARA FINOTTI)

Redazione Fedaisf

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