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Farmaci equivalenti. Li chiede solo 1 donna su 4. Ma su consiglio del farmacista si convincono 2 su 5

Un’indagine di Onda su 300 farmacisti ha analizzato il rapporto tra le donne – veri “decisori” per tutta la famiglia in tema di salute – e farmaci ‘no brand’. La loro diffusione è ancora scarsa, nonostante la crisi e il bisogno di risparmiare. Per il 70% dei farmacisti è colpa della poca informazione.

16 OTT – Non c’è ‘spending review’ che tenga. Le donne italiane non vanno in crisi di fronte alla spesa sanitaria e prediligono ancora il farmaco di marca a un equivalente, di pari efficacia anche a fronte di un costo inferiore. Nel merito, quando va in farmacia, chiede spontaneamente un equivalente 1 donna su 4. Su consiglio del farmacista la scelta sull’equivalente sale a 2 donne su 5. Comunque poche. Inoltre si sostituiscono più gli antinfiammatori e gli antidolorifici, meno le terapie per malattie cardiache o gravi.

È quanto emerge da un’indagine su 300 farmacisti italiani promossa dall’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna (Onda) al fine di conoscere quale sia la loro interpretazione sul comportamento delle donne – veri “decisori” per tutta la famiglia in tema di salute – nei confronti dei farmaci equivalenti.

L’indagine rileva che poco più della metà pone domande al farmacista, specie sull’effettiva equivalenza, prima di decidere. Una su tre lo fa prima di scegliere il farmaco tradizionale, e due su cinque passano all’equivalente solo su proposta del farmacista che imputa (al 70%) il timore verso questi prodotti a una scarsa e mirata informazione. Dunque è l’informazione, secondo il 64% del campione dei farmacisti, la principale barriera all’accettazione e all’utilizzo degli equivalenti.

E così le donne temono la minor efficacia (96%), credono che i due farmaci non esattamente uguali (14%), percepiscono di non sentirsi curate allo stesso modo (12%) o affermano di avere avuto o sentito esperienze negative (26%).

Sempre secondo il 92% dei farmacisti, le donne chiedono una più adeguata azione di rassicurazione da parte del medico di famiglia o delle figure sanitarie che, non assumendo una posizione chiara (né pro né contro), non favoriscono nella donna la conoscenza e la percezione di sicurezza garantita dalla cura, sia dal punto di vista razionale che emotivo. Sempre secondo oltre la metà dei farmacisti intervistati, anche il recente decreto 135/2012, che impone la citazione del principio attivo, non cambierà nulla nel

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