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Con i tagli alla sanita’ chiudono le riviste indipendenti

Liquidata una delle 5 pubblicazioni italiane del network Isdb

"Con la corretta informazione assicurata da 5 riviste indipendenti si potrebbero risparmiare sui farmaci alcuni miliardi di euro, a parità di efficacia del trattamento di cura, ma in tempi di spending review si fa prima a chiudere le riviste". Lo denuncia Maurizio Bonati dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, direttore della pubblicazione ‘Ricerca & Pratica’,

insieme agli altri direttori delle riviste scientifiche italiane appartenenti all’Isdb, l’International Society of Drug Bulletin fondata nel 1986 per un’informazione ‘critica’ sui medicinali. Una di queste pubblicazioni, ‘Dialogo sui farmaci’, sta infatti già cadendo sotto la scure dei tagli. La società Dialogo sui farmaci Srl è stata messa in liquidazione da Ulss 20 e azienda ospedaliera di Verona, e il 31 dicembre 2012, dopo 22 anni di attività, cesserà di produrre la rivista bimensile, il Prontuario commentato semestrale, il corso di formazione a distanza.

"Queste riviste – spiegano i direttori – sono indipendenti dall’industria farmaceutica, non hanno inserti pubblicitari, coprono le spese di produzione con la sottoscrizione di abbonamenti di singoli lettori o delle aziende sanitarie che abbonano i propri medici o di associazioni per i propri soci. Il budget annuo complessivo di queste riviste è di poche centinaia di migliaia di euro: un’inezia per uno strumento di informazione e formazione per medici di famiglia, pediatri, farmacisti e quanti operano in sanità in una regione", che proprio per la sua natura indipendente può prendere posizioni a volte ‘scomode’.

Qualche esempio delle tesi sostenute: "In tempi di spending review, se tutte le statine costassero come la simvastatina si risparmierebbero ogni anno 500 milioni di euro. Se gli Ace-inbitori costassero come il ramipril si risparmierebbero altri 100 milioni di euro. Se i sartani costassero come gli Ace-inibitori si ridurrebbe la spesa farmaceutica di 800 milioni di euro. Se il bevacizumab intravitreale fosse il farmaco di scelta e non fosse stato cancellato dalla lista della legge 648/96 si pagherebbero oltre 300 milioni di euro in meno".

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