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Epidemia degli oppioidi in USA diventa una serie TV di Netflix. La tragica vicenda della Purdue Pharma denunciata da una “sales rep”

Perché la “sales rep” Shannon Schaeffer è andato contro Purdue Pharma in “Painkiller”?

Recentemente Netflix ha mandato in onda Painkiller, una miniserie in sei puntate che racconta la vicenda della Purdue Pharma che ha dato origine alla cosiddetta “epidemia degli oppioidi” negli Stati Uniti. Non abbiamo visto la miniserie per cui ci asteniamo da qualsiasi valutazione estetica o di critica cinematografica e ci riferiamo a qualche stralcio della stampa che ne ha parlato. Ne valutiamo però la vicenda che può insegnare qualcosa anche all’Italia, anche se in America questo tipo di realtà è completamente diversa dalla nostra e può essere del tutto fuorviante se applicato letteralmente alla nostra realtà.

L’unica figura positiva che emerge è quella di Shannon Schaeffer, una “Pharmaceutical Sales Representative” o più semplicemente “sales reps”, rappresentante di vendita farmaceutica. Il sales rep in America ha una valenza molto più commerciale di un informatore scientifico italiano basata su marketing aggressivi senza trascurare aspetti seduttivi impiegando per questi ruoli personale femminile di “bell’aspetto”, come esplicitamente detto di Shannon nella serie televisiva. Queste interazioni sono in teoria regolate secondo i limiti stabiliti dal Code on Interactions with Health Care Professionals, creato dalla Pharmaceutical Research and Manufacturers of America (PhRMA). Questo codice è entrato in vigore nel 2002 e da allora è stato aggiornato per aiutare a definire le interazioni etiche tra gli operatori sanitari e le aziende farmaceutiche.

La sales rep Shannon Schaeffer, dicevamo, è l’unica figura positiva perché ad un certo punto, nonostante il lavaggio del cervello aziendale, si rende conto del danno che può provocare il farmaco da lei “propagandato”. La crisi di coscienza ed il rimorso la spingono a denunciare l’azienda.

In Italia la figura dell’informatore scientifico del farmaco è regolata dal D.Lgs. 219/06 che ne vieta la dipendenza dal marketing aziendale e lo pone alle dipendenze di un’apposito “servizio scientifico” indipendente. La legge in molti casi è disattesa lasciando ampi spazi all’invadenza del marketing che, nonostante le regole, conta sul fatto che mancano i controlli. È per questo che occorre un Ordine Professionale degli informatori scientifici del farmaco. Il fine ultimo dell’Ordine è la salute e la garanzia dei diritti, costituzionalmente protetti, dei cittadini, da attuarsi tramite la garanzia del corretto esercizio della Professione

la Miniserie

Painkiller racconta la storia della Purdue Pharma, dell’Oxycontin e delle conseguenze terribili che ha provocato.

Il racconto è necessariamente corale, perché tiene insieme varie sottotrame: una per le dinamiche interne della casa farmaceutica; una relativa a una giovane ragazza assoldata come venditrice; un’altra ancora dedicata a un padre di famiglia che, a seguito di un incidente sul lavoro, finisce nel gorgo della dipendenza, e via dicendo.

Sackler, capo della Purdue, che ha ereditato, non conosce praticamente nulla di medicina, ma ha un grande senso del marketing e tanta voglia di fare soldi. Sicuramente, la presentazione non è concepita per attirargli la
simpatia del pubblico. Siccome l’interprete è Matthew Broderick, diversi spettatori potranno avere il piacere di vedere vari livelli di invecchiamento del simpaticissimo ragazzo di film come War Games e Una Pazza Giornata di Vacanza, ma questa è un’altra storia.

La storia è quella della dipendenza da oppiodi che divenne una vera e propria emergenza negli Stati Uniti degli anni Novanta. Un’emergenza sanitaria che pareva generalizzata e di difficile definizione, ma che aveva dei responsabili molto precisi, ovvero la Purdue Pharma di Richard Sackler, che aveva prodotto un nuovo farmaco antidolorifico molto potente (l’OxyContin) nascondendone la pericolosità in termini di capacità di indurre dipendenza.

Le aggressive e spietate campagne di marketing della Purdue, che mandava i suoi “rappresentanti di vendita” porta a porta a convincere i medici di base a prescrivere l’OxyContin in quantità sempre più elevate, portò moltissimi, inconsapevoli pazienti a sviluppare una dipendenza da antidolorifici che ha causato centinaia di migliaia di morti e distrutto innumerevoli famiglie.

Una storia vera in cui i “cattivi” sono facilmente identificabili (e appartenenti a una speciale razza di cattivi molto odiati, cioè personaggi avidi, senza scrupoli e senza empatia) da diventare un boccone ghiottissimo per chi volesse raccontare una storia meritevole di essere ascoltata, ma anche capace di scatenare forti emozioni.

Nella vita contano solo due tipi di uomini, i creativi e i venditori e questi ultimi sono i più importanti di tutti”. È in questa frase insignificante tipica del marketing per motivare i venditori che si racchiude l’intera essenza di Painkiller, la nuova miniserie Netflix che cerca di spiegare la natura insaziabile dell’essere umano raccontandola attraverso la storia della crisi degli oppioidi negli Stati Uniti.

Painkiller, miniserie in sei episodi di Netflix, punta su una storia orribilmente vera e drammatica. Rilasciata sulla piattaforma in piena estate… senza però il giusto calore e colpevolmente in ritardo. In ritardo perché si basa sull’epidemia degli oppioidi scoppiata negli Stati Uniti alla fine degli anni novanta e ancora in corso. In ritardo inoltre perché esce dopo due anni da Dopesick-Dichiarazione di dipendenza, serie Hulu del 2021 disponibile su Disney+. Che ha raccontato la vicenda in maniera più convincente e approfondita.

È balzata comunque al primo posto delle serie più viste al momento ed ha ricevuto anche alcune critiche positive. Ma probabilmente è più per l’effetto del tema trattato. E considerando l’argomento di cui parla, questo rende la cosa ancora più triste e censurabile.

Painkiller vede come protagonista Matthew Broderick interpretare Richard Sackler (nella foto quello reale), che entra nella famiglia Sackler diventando Chairman e Presidente di Purdue Pharma, spingendo l’importante cambio medicinale tra MS Contin e OxyContin. Parliamo di un personaggio realmente esistente decisamente molto controverso, accusato di bancarotta e di molte altre pene, tra le figure più controverse della cronaca statunitense.

Anche se i personaggi e gli eventi sono romanzati, la base della storia rimane vera. Il bilancio delle vittime a causa di overdose di droga è salito a 17000 nel 2017 ma è un conto in continuo aggiornamento: si parla ad oggi di più di 100.000 morti e alcuni dicono che arrivino al milione.  La parte triste era che le aziende farmaceutiche stavano realizzando un profitto enorme.

West Duchovny, figlia di David di “x-files”, interpreta Shannon Schaeffer che lavora per Purdue Pharma come rappresentante di vendita che è entrata a far parte nell’azienda subito dopo il college. Il compito di Shannon era di persuadere i medici ad aumentare le dosi di Oxycontin trascurando il pericolo di dipendenza.

Shannon vive in costante negazione della realtà attraverso i vari episodi della serie. La sua coscienza è contro quel tipo di lavoro e il dilemma comincia a farsi strada e ad angosciarla. Anche se è in grado di fare una grossa quantità di denaro, l’angoscia si trasforma in rimorso quando giunge alla consapevolezza che con quel denaro era in gioco la vita della gente.

Nella seconda metà della serie, Shannon capisce la raccapricciante realtà di Purdue Pharma, e la sua morale reagisce all’ingiustizia. La forte personalità di Shannon è visibile mentre combatte il demone dell’avidità nella sua testa.

In udienza Purdue Parma ha ammesso di aver ostacolato l’agenzia federale antidroga  nel contrastare la diffusione della dipendenza da oppioidi, di non aver impedito che i suoi farmaci venissero dirottati verso il mercato nero e di aver fornito informazioni fuorvianti alle agenzie di controllo. Ha inoltre ammesso di avere indotto i medici alla prescrizione di antidolorifici e di aver inviato loro informazioni su pazienti a cui poterli prescrivere.

Le ammissioni formali di colpevolezza da parte dell’azienda – che in seguito a questa vicenda ha dichiarato bancarotta – rientrano nell’accordo raggiunto con il Dipartimento di Giustizia il quale prevede anche una sanzione di 8 miliardi di dollari e 225 milioni da corrispondere direttamente al governo federale. I membri della famiglia proprietaria – che in base all’accordo non riceveranno accuse penali – subiranno confische per 2 miliardi di dollari.

A patteggiare è stata anche la società di consulenza McKinsey (573 milioni di dollari) che aveva suggerito alla casa farmaceutica una strategia di marketing particolarmente aggressiva per la vendita del farmaco.

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La critica:

Dopesick e Painkiller pare – è un sospetto che formuliamo sperando di essere smentiti – un’intelligente operazione di lavaggio della coscienza: ci si occupa della piccola e colpevolissima Purdue, giustamente. Al contempo si potrà evitare, presto o tardi, di doversi occupare di altri scandali globali del mondo della sanità. Detto questo, di queste due miniserie non si può dire che bene: sono ben fatte, ben scritte e ben interpretate. Viene anche ben descritta la funzione degli informatori farmaceutici, il modo in cui vengono manipolati gli articoli scientifici con abstract che ne modificano il significato o lo amplificano e del come, insomma, la “scienza” possa essere utilizzata male, malissimo, omettendo informazioni di fondamentale importanza e facendo sì che la dipendenza di molte migliaia di persone crei, a un certo punto, la domanda di un mercato parallelo. Che qualcosa di simile sia poi avvenuto di nuovo, e non soltanto nel campo degli antidolorifici e che le pratiche malate tra le farmaceutiche siano estremamente diffuse, è ben più che un sospetto. (Fonte la nuova bq)

 

Redazione Fedaisf

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