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Sanofi. Licenziati da 84 a 75 con incentivi. Ma conviene?

Riceviamo e pubblichiamo


Su MilanoToday leggo la replica della società farmaceutica Sanofi Italia, riguardante la procedura di licenziamento collettivo da essa aperta in data 12 settembre, avviata nei confronti di 84 Informatori Scientifici del Farmaco. Tale numero è stato ridotto a 75 dopo il primo incontro con le rappresentanze dei lavoratori, con una rapidità tale da essere quasi sospetta (si sono tenuti abbondanti all’inizio, per far vedere che ci venivano incontro nelle nostre richieste ?…), senza nulla togliere alla capacità negoziale delle RSU.

Agevolare l’uscita di chi, entro un certo numero di mesi, potrà raggiungere l’età pensionabile, sarebbe sicuramente una proposta valida, se tale soluzione riuscisse a coprire la totalità della numerica di esuberi dichiarata. Purtroppo la realtà è un’altra, infatti veramente esiguo è il numero di colleghi che rientrerebbe in questa opzione.

Il secondo punto evidenziato da Sanofi Italia, altrettanto apparentemente valido,  è il criterio della volontarietà .

Terzo  punto, per favorire tale scelta, più correttamente definita di “non opposizione al licenziamento”, Sanofi dichiara di mettere a disposizione, appunto per dei volontari, una somma che si aggira intorno ai 200.000 euri lordi.

È una cifra sicuramente importante ma, nella realtà, appannaggio di pochi lavoratori intorno ai 60 anni di età.

Questi colleghi, di 58/60 anni, vedono comunque il loro traguardo pensionistico a 68 anni circa, secondo le regole ad oggi in vigore, e dovranno affrontare di conseguenza una decina d’anni di disoccupazione, perché nel nostro settore, dove anche i più giovani ragazzi, laureati da poco, entrano ormai solo con contratti precari e sottopagati, per un sessantenne non c’e posto da nessuna parte.

Dovranno affrontare dieci anni di disoccupazione, spesso con una famiglia a carico e spesso con un coniuge che a sua volta ha perso il proprio lavoro. Questi denari, che in senso assoluto possono sembrare addirittura eccessivi, depurati dalle tasse e con la prospettiva di non rientrare più nel mondo del lavoro, non riescono in alcun modo a convincere a rinunciare volontariamente al proprio lavoro.

Inoltre, se nel “ricco nord ovest” qualche possibilità di trovare un qualunque lavoretto che permetta di versare dei contributi sembra un po’ meno impossibile (a voler proprio essere ottimista), nel resto del paese è una chimera.

Ho accennato ai contributi: ognuno di noi può tranquillamente immaginare cosa significa non versare più i contributi per 10 anni. Da anziano non avrò diritto nemmeno ad una pensione dignitosa.

Nessuno ha detto cosa succederà se, stante quanto scritto sopra, non ci saranno 75 volontari.

In tutto questo è opportuno far rilevare che: Sanofi è un’azienda in eccellente condizione fisica, che ha registrato un aumento delle vendite nette (come da lei comunicato) a 9,39 mld euro nel terzo trimestre di quest’anno, che Sanofi Italia è talmente in buona salute e con prospettiva di crescita così certe da avere proceduto, nell’ultimo anno, a diverse nuove assunzioni proprio nel settore dell’informazione scientifica.

Ha assunto, nello stesso momento in cui pianificava 75 licenziamenti di lavoratori con le medesime mansioni.

Se il ricambio generazionale  (come se i 55enni fossero dei rimbambiti non in grado di stare dietro al cambiamento) è in realtà l’obiettivo di Sanofi allora, da azienda attenta, come essa stessa afferma, a valutazioni di carattere sociale, invece di scaricare donne e uomini, peraltro perfettamente in grado di lavorare e con un gran desiderio di continuare ad essere parte attiva della società, sulle spalle della collettivit , si faccia carico di un reale accompagnamento alla pensione, che comprenda una retribuzione anche decurtata in una certa percentuale e il pagamento dei contributi.

Le chiacchiere stanno a zero.

Francesca Boni

 

La replica dell’azienda

Sanofi Italia si difende e, in una nota, parla di necessità di avvio di “una procedura di mobilità nelle aree di business che promuovono e supportano i prodotti maturi e i prodotti dell’area Diabete e Cardiovascolare”. Due settori in cui l’ingresso dei biosimilari e l’abbassamento dei prezzi ha avuto un impatto maggiore.

“E’ in corso un dialogo costruttivo con le organizzazioni sindacali che ha già portato alla riduzione del numero di esuberi da 84 a 75”, afferma ancora Sanofi spiegando che, “per ridurre l’impatto sociale del piano, intende favorire l’uscita delle persone più vicine alla pensione, includere il criterio di volontarietà e supportare i colleghi coinvolti con una somma significativa che mediamente si attesta attorno ai 200 mila euro”.(da Milano Today – 9 novembre 2018)

I licenziati saranno dfisdtribuiti in modo omogeneo sul territorio italiano, ad eccezione dell’Emilia-Romagna dove il numero di ISF licenziati sarà superiore a causa delle norme e regole regionali e locali che ne impedisce il lavoro.

Notizie correlate: Sanofi: 84 licenziamenti. Presidio il 12 novembre davanti a Assolombarda a Milano e al Ministero della Salute a Roma

Redazione Fedaisf

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