Potrebbero prendere il sole in spiaggia senza fare niente con la certezza di ricevere lo stipendio a fine mese. Invece vogliono la scrivania perché pretendono di lavorare. E la vertenza davanti al giudice del lavoro intentata da sei impiegati della Pfizer Italia contro l’azienda farmaceutica che da nove mesi impedisce ai lavoratori di entrare in sede e svolgere le loro mansioni. «E un caso di mobbing che ha il sapore della ritorsione», sostengono gli avvocati dei sei impiegati, i legali Giovanni Marcellitti e Alberica De Lorenzo. «I nostri assistiti sono stati licenziati ma il giudice ha ordinato il reintegro. Pagarli senza farli lavorare sembra una vendetta».
Questo è l’ultima fase di una querelle giudiziaria che vede contrapposti dal 2008 la Pfizer e i sei dipendenti addetti ai servizi interni, allontanati sei anni fa con un licenziamento dichiarato nullo dalla corte d’appello di Roma lo scorso settembre. Una sentenza che ha imposto alla casa farmaceutica il reintegro dei lavoratori.
Secondo il dispositivo, oltre al pagamento degli stipendi non percepiti in questi anni, devono riavere indietro il badge, l’ufficio, la scrivania e il computer. Tuttavia il provvedimento del giudice è rimasto disatteso e ai sei impiegati non è stato permesso il ritorno: sono stipendiati ma non possono fare quello per cui sono pagati, cioè svolgere la manutenzione interna dei locali dell’azienda. I protagonisti di questa vicenda sono Giovanni Marsan, Francesco Capoccetta, Fabiano Mocenigo, Stefano Moretti, Paolo Ronci, Claudio Tegazio.
La Pzifer, però, decide di vendere il ramo dell’azienda alla Siram spa, cui spetta l’onere di assumere i sei dipendenti. I lavoratori impugnano la decisione. È allora che l’azienda prima li mette in mobilità e li licenzia. Lo scorso settembre vincono la causa in appello. Ma la Pfizer trova difficoltà a eseguire la decisione del giudice.
Giulio De Santis – 30 Giugno 2014 – Corriere della Sera Roma