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Parafarmacie e stranieri, da Prato un caso scuola

 I farmacisti toscani sono all’erta dopo l’apertura della prima parafarmacia "cinese". A preoccupare, però più che la concorrenza, sembrerebbe essere il mancato rispetto delle regole. La stampa locale l’ha definita la prima parafarmacia «cinese» della Toscana. Non poteva che aprire a Prato, la città con la più forte presenza di immigrati dal paese asiatico, ma l’aggettivo non è del tutto appropriato: la titolarità del punto vendita, infatti, farebbe capo a un gruppo di soci tra i quali anche un farmacista italiano. Non è comunque per motivi di "passaporto" che la parafarmacia è salita agli onori della cronaca. Il fatto è che poco tempo dopo la sua inaugurazione, all’Asl della città toscana sono giunte alcune segnalazioni di presunte irregolarità, mittenti i titolari di farmacia della zona. Per cominciare c’è chi ha attirato l’attenzione sui volantini della parafarmacia, nei quali si pubblicizzerebbero in lingua cinese medicinali di uso ginecologico che l’esercizio non può commerciare. Altri invece hanno fatto notare che il farmacista italiano, obbligato per legge ad assicurare la propria presenza durante l’intero orario di apertura, si farebbe vedere al banco molto raramente. «A noi non è arrivata alcuna segnalazione» commenta il presidente dell’Ordine dei farmacisti di Prato, Mario Tercinod «ma sappiamo delle denunce. L’Asl ha chiesto ai Nas un sopralluogo nella parafarmacia, che è stato effettuato nei giorni scorsi. Che cosa abbiano trovato, per ora non è dato sapere». Intanto i titolari di farmacia della Toscana rimangono alla finestra con qualche ansia. Secondo alcuni giornali, in Regione sarebbero già state presentate da immigrati orientali più di una decina di domande per l’apertura di parafarmacie. Paura dello straniero? A giudicare dal caso di Prato, preoccupa il rispetto delle regole.

Farmacista33 – 16 settembre 2010 – Anno 6, Numero 155

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