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Prezzo dei medicinali: una risposta al Direttore di AIFA. Con il feticcio della trasparenza si scaricano sul settore le difficotà di coperture di uno Stato con delirio di onnipotenza

Il mercato dei medicinali è fortemente regolamentato. Prima ancora che in alcune strategie specifiche di contenimento della spesa farmaceutica, quali sono il payback e il trattamento diverso di farmaci originali ed equivalenti, il controllo della spesa pubblica nel settore viene ottenuto attraverso la stessa modalità di individuazione del prezzo, che è fortemente regolato.

L’Opinione delle Libertà – 28 marzo 2019 – di Ist. Bruno Leoni

In un’intervista al Fatto Quotidiano del 12 marzo scorso, il direttore generale di Aifa Luca Li Bassi ha rilasciato alcune dichiarazioni in merito alle modalità con cui si formano i prezzi dei farmaci, invocando più trasparenza in nome di una “vera concorrenza”.

Le modalità con cui vengono determinati i prezzi dei farmaci sfuggono alla libera dinamica della domanda e dell’offerta e certamente non si può parlare di autentica concorrenza nel mercato farmaceutico, sostengono Paolo Belardinelli e Serena Sileoni, ma “risulta poco credibile un appello alla maggior concorrenza che oggi tenti di far passare il governo come vittima dei ricatti delle aziende farmaceutiche. I motivi che indeboliscono le dinamiche concorrenziali nel mercato farmaceutico sono opposti a quelli evocati dal direttore Li Bassi”.

Nel tentativo di porre un argine all’aumento della spesa farmaceutica, il mercato dei medicinali è fortemente regolamentato. Prima ancora che in alcune strategie specifiche di contenimento della spesa farmaceutica, quali sono il payback e il trattamento diverso di farmaci originali ed equivalenti, il controllo della spesa pubblica nel settore viene ottenuto attraverso la stessa modalità di individuazione del prezzo, che è fortemente regolato.

Quasi ovunque in Europa, il governo costituisce un monopsonio, che acquista, direttamente o indirettamente, la maggior parte delle specialità farmaceutiche e in questo modo gli acquirenti pubblici sono in grado di imporre prezzi spesso al di sotto dei valori “di mercato”. Resta quindi difficilmente comprensibile perché Li Bassi abbia voluto screditare inutilmente quel settore economico che, in fondo, è complice con il sistema sanitario nazionale della effettiva tutela della salute degli italiani e che peraltro garantisce prezzi inferiori a quelli europei.

“A meno di non voler pensare – afferma sostengono gli autori – che brandendo il feticcio della trasparenza abbia voluto adottare una ormai trita strategia per scaricare sul settore la responsabilità della difficoltà di dare copertura finanziaria ai servizi sanitari da parte di uno Stato in perenne crisi fiscale e delirio di onnipotenza”.

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Nondimeno, il payback non rappresenta l’unico strumento adottato per risparmiare risorse a discapito delle aziende farmaceutiche, in particolare di quelle che fanno innovazione.

Dal 2001, la rimborsabilità dei medicinali non più coperti da brevetto è legata al prezzo del generico avente la stessa composizione in principi attivi, forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di cessione, nonché lo stesso numero di unità posologiche e dosi unitarie uguali.

Introdotto dalla legge 405/2001, lo scopo di questo intervento era appunto il contenimento della spesa pubblica farmaceutica. Esso prevedeva che il farmacista, nel caso in cui il medico, all’atto della prescrizione, non avesse apposto l’indicazione di non sostituibilità, avrebbe informato l’assistito della presenza di farmaci equivalenti a un prezzo inferiore rispetto a quello del farmaco prescritto. Nell’ipotesi in cui il farmaco fosse stato dichiarato come non sostituibile dal medico o l’assistito non avesse accettato di acquistare l’equivalente dal prezzo inferiore, il maggior costo sarebbe stato a carico dell’assistito.

Con il decreto legge n. 95/2012 (decreto Balduzzi), convertito in legge n. 135/2012, sono state introdotte delle modifiche alla disciplina della prescrizione dei farmaci, prevedendo ulteriormente che il medico indichi nella ricetta la sola denominazione del principio attivo e che il farmacista sia tenuto, in ogni caso, a informare il paziente della presenza di farmaci generici a minor costo.

Il decreto Balduzzi, per la verità, più che arginare l’aumento della spesa pubblica (che già finanziava solo il prezzo dell’equivalente) ebbe come unico effetto reale la potenziale riduzione dell’autonomia del medico, oltre a quello di redistribuire le quote del mercato dei farmaci a favore degli equivalenti, orientando le scelte dei pazienti senza alcun risparmio per le casse dello Stato,

come abbiamo già rilevato dall’Istituto Bruno Leoni ai tempi della sua introduzione.

Consiglio di Stato: “il medico non può essere obbligato a indicare nella prescrizione esclusivamente il nome del principio attivo e quindi non può essere rimessa al farmacista la scelta concreta del farmaco da somministrare, non avendo questo ultimo né la competenza tecnica, né la conoscenza del quadro clinico dell’assistito”

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Redazione Fedaisf

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