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Antibiotici. Claritromicina killer?

Uno studio danese pubblicato sul British Medical Journal, lancia l’allarme: l’impiego di questo antibiotico sarebbe associato ad un aumento del 76% di mortalità cardiaca. Sono necessarie ulteriori conferme ma nel frattempo l’invito è alla prudenza.

22 AGO – Secondo uno studio di coorte, appena pubblicato su British Medical Journal, l’impiego claritromicina, unica tra tutti i macrolidi, sarebbe associato ad un aumento del 76% della mortalità cardiaca. E’ un allarme di non poco rilievo, considerato che sono quantificabili in milioni le prescrizioni annuali di questo antibiotico in tutto il mondo. Gli autori dello studio invitano loro stessi ad utilizzare con prudenza i risultati del loro studio, nel guidare le decisioni cliniche, in attesa di ulteriori conferme, ma intanto lanciano l’allarme.
Il rischio di mortalità cardiaca sempre associato al fatto che alcuni antibiotici della classe dei macrolidi interferiscono con i canali rettificanti del potassio ritardati; questo provoca un accumulo di ioni potassio all’interno dei cardiomiociti, che a sua volta induce un ritardo della ripolarizzazione cardiaca. Il risultato di tutto ciò sull’ECG, è il prolungamento dell’intervallo QT, una condizione che espone al rischio di aritmie fatali, quali la torsade de pointes. Partendo da queste considerazioni, gli autori dello studio sono andati a valutare il rischio di mortalità cardiaca associato alla somministrazione di due macrolidi, claritromicina e roxitromicina, paragonandolo a quello della penicillina V. Utilizzando dei database danesi, sono stati individuati oltre 5 milioni di trattamenti somministrati ad una popolazione di pazienti adulti tra il 1997 e il 2011 (160.297 trattamenti a base di claritromicina, 588.988 con la  roxitromicina e 4.355.309 con la penicillina V). Da quest’analisi sono state escluse le persone in condizioni già molto compromesse di base.
Nel periodo preso in esame si sono verificati 285 decessi per cause cardiache; 18 casi in pazienti in trattamento con claritromicina, 32 casi in soggetti trattati con la roxitromicina. Dopo aver effettuato gli opportuni aggiustamenti statistici, il rischio di mortalità cardiovascolare per la claritromicina è risultato superiore del 76%rispetto alla penicillina. Tale rischio risultava inoltre presente solo in corso di trattamento e non dopo la sua sospensione.
In termini assoluti, il rischio di mortalità è stato quantificato dagli autori come 37 decessi per cause cardiache ogni milione di trattamenti con la claritromicina; un rischio certamente non di enorme entità che va tuttavia rapportato – ammoniscono gli autori – al diffuso impiego che si fa di questo antibiotico. In questa prospettiva, dunque il numero di morti evitabili potrebbe non essere trascurabile. E per questo, gli autori auspicano una pronta conferma di questo dato, attraverso ulteriori analisi condotte su altre popolazioni.

Maria Rita Montebelli

22 agosto 2014 – quotidiano sanità.it

Redazione Fedaisf

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